Pensionati e separati, ecco i nuovi poveri
Sant’Egidio raccoglie curriculum per cercare lavoro, già pronti 300 profili LA TROVI subito, via Vallechiara, una viuzza stretta che sale da Largo Zecca: per la coda. Si forma tutti i giorni a mezzogiorno, inizia già a metà della strada. Anche oggi, che piove forte e la gente prova a ripararsi sotto i cornicioni, o sotto un tunnel a pochi metri dall’ingresso del centro Genti di Pace della Comunità di Sant’Egidio, al civico 29. Qui, al riparo, qualcuno ha improvvisato un picnic: si mangia il panino, in fretta. E si fanno due chiacchiere, perché ormai si conoscono tutti. Le statistiche li chiamano “nuovi poveri”, ma non c’è niente di nuovo nelle facce delle persone che i volontari ormai chiamano per nome. «La crisi è diventata qualcosa di stabile -spiega Doriano Saracino della Comunità di Sant’Egidio- il dato impressionante è proprio questo: se prima la gente veniva occasionalmente a prendere il pacco con generi alimentari o vestiti, adesso c’è una forte continuità. Nel 2012 abbiamo distribuito più di 17mila pacchi alimentari, il 70 per cento in più del 2008. Oltre 2500 persone si sono rivolte ai nostri centri. Mille sono nuovi arrivati». La “novità” è che uno su cinque di quelli che non ce la fanno è il cosiddetto insospettabile: «Pensionati, o genitori separati – raccontano i volontari – gente che in strada ci è finita non, come accadeva anni fa, per problemi di alcol o dipendenze. Ma perché ha perso il lavoro». Il lavoro, appunto. Di questo si parla sempre, mentre si aspetta il panino. Tanto che da un mese i volontari di Sant’Egidio si sono messi a raccogliere i curricula. «Ne abbiamo già più di trecento – racconta Roberta Griffone – tanto che abbiamo pensato di iniziare a mappare le competenze. Per far incontrare domanda e offerta». La coda, intanto, si allunga. Sono più di 55 mila, i pasti freddi che solo nel 2012 sono stati distribuiti da Sant’Egidio: 180 persone al giorno. Un numero che fa impressione, e che dal 2008 è quadruplicato. «Tra coloro che si rivolgono ai Centri Genti di Pace – spiega Donano Saracino presentando la nuova guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi a Genova” – 1’86,3 per cento sono stranieri, ma ben il 13,7 per cento italiani. Soprattutto donne: il 74,1 per cento tra gli immigrati, il 57,1 tra gli italiani. Sempre più famiglie vengono qui per dare da mangiare ai bambini, e questo ci fa male». Come Giovanna, una pensionata che vive in centro storico con il marito: ha due figli, tutti e due separati con figli. Uno vive a Napoli, l’altro a Genova e per arrivare a fine mese scarica le cassette della frutta al mercato. Giovanna viene qui a Vallechiara ogni giorno. Prende i panini, e li porta ai nipoti. E poi c’è chi, da un giorno all’altro, non ha nemmeno più una casa. «Sono un migliaio, le persone che vivono per strada a Genova – precisa Saracino – trecento sono rom rumeni, 310 sono ospitati nei vari centri di accoglienza gestiti dalle associazioni come Auxilium, San Marcellino, Massoero. E quasi 150 vivono in sistemazioni di fortuna: baracche, ruderi. O in macchina». Come Franco: che nella vita di prima faceva il cuoco. Il dopo è arrivato senza preavviso: niente lavoro, niente soldi per l’affitto. Franco oggi dorme in un furgoncino, la moglie e i figli sono in un istituto di suore. Si incontrano per strada, “io e mia moglie facciamo finta che tutto vada bene. E io mi sento un microbo”. A mezzogiorno, Franco si mette in coda. Anche se piove, e se i panini sono ” così pesanti – dice – perché si portano dietro una storia che vorrei dimenticare”.
Erica Manna
Fonte : Repubblica.it