Un primo passo per il trasferimento competenze da Trib Minori a Ordinario
Finalmente avanza l’attesa riforma del diritto di famiglia: al Senato un primo passo verso il trasferimento delle competenze al tribunale ordinario Il Senato ha approvato un emendamento (Poretti, Perduca) che prevede che se vengono segnalati maltrattamenti mentre è in corso una causa di separazione o divorzio la questione sia esaminata dallo stesso giudice del tribunale ordinario, anziché dal tribunale per i minorenni, come avviene adesso:
«Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa l’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316. In tale ipotesi e per tutta la durata del processo, la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle norme richiamate, spetta al giudice ordinario». Altra discussione ha riguardato il diritto all’eguaglianza tra figli naturali e figli legittimi. Emendamenti e ordini del giorno al ddl Modifiche al codice civile in materia di potesta’ genitoriale: – sulla responsabilita’ genitoriale e per la modifica dell’art. 155 c.c. sull’affido condiviso; – per i diritti dei figli naturali e la loro uguaglianza con i figli legittimi. Emendamenti sulla responsabilita’ genitoriale e la modifica dell’articolo 155 c.c. sull’affido condiviso Per quanto riguarda il titolo del disegno di legge, avere raggiunto il termine “responsabilità” risponde all’esigenza di adeguare la nostra normativa alle indicazioni della convenzione Bruxelles II (2003), che segnala l’esigenza di abbandonare il termine “potestà” per definire il rapporto tra genitori e figli,sostituendolo con quello di responsabilità genitoriale. È evidente, infatti, che mentre il primo sottolinea i diritti degli adulti, il secondo mette in evidenza i loro doveri nei confronti della prole. E’, anzi, da notare che l’emendamento interviene nel modo più sobrio possibile, evitando di sostituire un termine con l’altro (come sarebbe stato più rigoroso fare), ma limitandosi ad affiancare il secondo al primo, con l’intenzione di restare più aderenti possibile alla formulazione originaria. L’adeguamento, d’altra parte, trova la sua prima ed immediata applicazione con il successivo emendamento al testo, che sottolinea la nuova ottica nella relazione tra figli e genitori, assicurando ai primi il mantenimento di una doppia protezione anche dopo la rottura del legame di coppia. Si tratta, dunque, per quest’emendamento come per i successivi, della volontà di far entrare i figli nati da coppie non coniugate all’interno di un sistema di tutele non virtuale, non nominalistico, ma rigorosamente formulato allo scopo di offrire effettive e concrete garanzie. È questo il motivo, ad esempio, per il quale il termine “cura” è stato separato dagli altri tre, di cui all’articolo 30 della costituzione. L’assegnazione di compiti di cura a ciascun genitore, infatti, è esattamente la modalità che realizza il cambiamento rispetto al passato, in cui un genitore poteva liberare se stesso da ogni incombenza, accontentandosi di dare del denaro all’altro affinché quest’ultimo provvedesse ad ogni necessità dei figli. L’ultimo emendamento, infine, approfitta dell’occasione di mettere mano al diritto di famiglia per correggere una evidente e grave stortura dell’attuale formulazione. Il riferimento all’interesse morale e materiale della prole, infatti, ha senso ed è indispensabile proprio quando la norma, riferendosi genericamente ad “altre decisioni” lascia il giudice privo di un criterio che le ispiri. Come è ben noto, non è la prescrizione diretta (come l’affidamento condiviso, definito da specifiche norme di una legge ad hoc) ad avere bisogno di una guida per l’applicazione, ma ciò che residua, che non è esplicitamente normato e che fa riferimento soltanto a principi di carattere del tutto generale. Ordine del Giorno per i diritti dei figli naturali Il Senato, premesso che: il disegno di legge in discussione intende rivedere e aggiornare il codice civile in materia di equiparazione dei diritti dei figli legittimi e naturali, in particolare sulle competenze dei tribunali e sull’attuale discriminazione tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio. La riforma del diritto di famiglia del 1975, modificando l’art. 261 del codice civile, ha sancito il principio dell’eguaglianza dei diritti tra figli legittimi e figli naturali, con legge 8 febbraio 2006, n. 54 si riteneva che si fosse risolto gran parte delle questioni teoriche e pratiche che lambiscono la famiglia con un sistema di regolamentazione della competenza giurisdizionale che attirasse, davanti al tribunale ordinario, ogni problema attinente i figli minori: legittimi e naturali. Tuttavia numerose differenze permangono nel nostro ordinamento, in particolare nella materia ereditaria. L’art. 537, terzo comma, cod. civ., prevede infatti un anacronistico ed ingiustificato meccanismo dal quale puo’ derivare l’esclusione dei figli naturali dall’eredita’ e la traduzione del loro diritto in un equivalente economico, senza assunzione della qualita’ di erede. L’art. 565 c.c., a sua volta, non riconosce un rapporto di parentela tra fratelli naturali. Questa norma e’ stata oggetto di dichiarazioni di incostituzionalita’ , ma la Corte Costituzionale, nell’affermare il principio, l’ha modificata solo in parte, sostenendo che compete al legislatore una riforma integrale di essa. Gia’ nella sentenza del 1979 si legge: “..appare contrastante con il principio di eguaglianza e di pari dignita’ sociale un regime successorio che escluda che i fratelli (o le sorelle) naturali possano succedere ai propri fratelli (o sorelle) naturali”. Cio’ nonostante, il legislatore non e’ intervenuto. Ancora oggi, i parenti c.d. legittimi, fino al sesto grado, prevalgono, nella successione, sui fratelli naturali. L’eguaglianza e la pari dignita’ sociale restano ancora un miraggio. La penalizzazione per i figli naturali, che le differenze legislative determinano, ed il timore che questi possano essere discriminati costituisce un fattore di condizionamento, idoneo ad influenzare i nubendi in generale e le coppie di fatto in particolare a scegliere il matrimonio, che dovrebbe invece costituire, per l’alto profilo degli impegni che con esso si assumono, una decisione assolutamente libera. Le coppie, infatti, se possono decidere di volere per se’ un regime di minor tutela, molto piu’ difficilmente accettano che i propri figli siano discriminati. Impegna il Governo ad affermare l’uguaglianza dei diritti dei figli e quindi a rivedere gli articoli del codice civile simbolo della discriminazione tra figli legittimi e naturali. [Fonte: crescere-insieme.org – senato.it]