Marino Maglietta- Divorzio congiunto: ascolto del minore escluso a priori
Premessi i consueti dati generali e lasciata in bianco la parte sui contenuti degli accordi, appare di particolare interesse il ragionamento che il tribunale propone per escludere l’ascolto dei figli minori:
“Il Tribunale, valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse della prole e ravvisato che le clausole relative ai figli non sono in contrasto con gli interessi degli stessi, stima sussistenti i presupposti di legge per l’accoglimento delle concordi istanze. L’ascolto della prole deve valutarsi manifestamente superfluo (art. 337-octies cod. civ.), alla luce degli esiti dell’udienza di comparizione delle parti e tenuto conto dei contenuti dell’accordo“.
Divorzio congiunto: ascolto del minore superfluo?
Sviluppando ed esplicitando il ragionamento della Corte, in sostanza si afferma che il giudice deve verificare che gli accordi non siano lesivi dell’interesse del minore, ma che, una volta superato questo controllo si può senz’altro fare a meno di audire il minore. Solo che, proprio il ricordato art. 337-octies c.c. si esprime diversamente e chiede che si effettuino due verifiche, e non una sola: “Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo“. In altre parole, una volta superato l’esame della prima criticità resta la seconda, che deve essere superata con argomenti non coincidenti con i primi e da essi indipendenti, altrimenti il legislatore non avrebbe fatto riferimento a due distinti aspetti, ma a uno solo. Manca, quindi, nella formulazione suggerita una qualsiasi traccia che permetta di affermare una manifesta inutilità.
Va riconosciuto, in effetti, che un esempio plausibile di giustificazione della rinuncia all’ascolto perché evidentemente superfluo non c’è perché è virtualmente impossibile trovarlo.
Basti pensare che si chiede al giudice di ritenere irrilevante ciò che il figlio potrebbe dirgli prima ancora di avere appreso di cosa si tratti; ossia di possedere doti divinatorie. Quindi sotto questo profilo il tribunale di Pavia va assolto. Anche perché è fuorviante la fattispecie stessa in cui il legislatore inquadra la decisione del giudice, ovvero l’accordo dei genitori. L’origine del problema, dunque, va più correttamente cercata a monte, ovvero nella formulazione dell’articolo. Ricerca destinata ad un facile successo. Si tratta, infatti, di una modifica del testo di legge introdotta dal D.lgs 154/2013, destinato a disciplinare l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima e con il quale invece, in totale assenza di delega, si è voluto pesantemente modificare, improvvisando, le regole dell’affidamento (v. R. Russo, “L’illegittimità formale, l’illegittimità sostanziale e l’inadeguatezza strutturale del decreto legislativo n. 154 del 2013“, in Giustiziacivile.com, 16 novembre 2016).
Per meglio comprendere se la filosofia di quell’intervento sia o meno condivisibile e a quale distanza si collochi dagli orientamenti di altri vicini paesi – anch’essi firmatari delle medesime convenzioni internazionali che riconoscono ai figli minori il diritto all’ascolto senza dare spazio a poteri discrezionali – si può rammentare il primo comma dell’art. 229-2 del codice civile francese: “Les époux ne peuvent consentir mutuellement à leur divorce par acte sous signature privée contresigné par avocats lorsque: 1° Le mineur, informé par ses parents de son droit à être entendu par le juge dans les conditions prévues à l’article 388-1, demande son audition par le juge».
Ovvero, l’ascolto del minore (si noti bene, a prescindere dalla sua età, basta che sia capace di discernimento) ove da lui richiesto, è condizione di procedibilità per il divorzio dei suoi genitori. E ciò all’interno di una procedura consensuale del tipo della negoziazione assistita. Una ragione di più per avvertire l’urgenza di una correzione delle discutibili scelte del 2013.
Fac-simile divorzio congiunto Tribunale di Pavia