Durata del matrimonio e diritto all’assegno
La finalità dell’assegno di mantenimento è quella di consentire la conservazione – in favore del coniuge che non ha adeguati redditi – dello stesso tenore di vita che godeva durante il matrimonio (articolo 156 c.c.). Il diritto al mantenimento sorge a seguito di separazione personale in favore del coniuge a cui non sia addebitabile la fine dell’affectio coniugalis e ove egli non fruisca di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio.
In un primo tempo, la giurisprudenza di legittimità negava il diritto all’assegno allorquando la durata del matrimonio era stata brevissima, sul presupposto che, evidentemente, non vi era mai nata quell’affezione matrimoniale determinante ai fini del riconoscimento dell’assistenza. L’evoluzione successiva ha visto un mutamento di rotta, giungendosi a valutare la breve durata del rapporto di coniugio non più quale presupposto per il riconoscimento dell’assegno, quanto piuttosto ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno (Cass. Civ. n.25618/2007 e, in senso conforme, 2721/2009). In una recentissima pronuncia, gli ermellini hanno confermato il trend giurisprudenziale positivo, e nuovamente specificato in un analogo caso avente ad oggetto l’assegno divorzile che “l’attribuzione dell’assegno di divorzio è indefettibilmente subordinata alla specifica circostanza di fatto della mancanza di mezzi adeguati o dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, essendo gli altri criteri (condizioni dei coniugi; ragioni della decisione; contributo personale ed economico di ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio nel periodo matrimoniale; reddito di entrambi; durata del rapporto di coniugio) destinati ad operare solo se l’accertamento della predetta (ed unica) circostanza attributiva risulti di segno positivo. In particolare, rispetto alla durata del matrimonio , la stessa sentenza di questa Corte citata dal ricorrente ha precisato che l’assegno di divorzio, ai sensi dell’articolo 5 legge n. 898 del 1970, ha la finalità di tutelare il coniuge economicamente più debole, ancorché il matrimonio abbia avuto breve durata e la comunione materiale e spirituale non si sia potuta costituire senza sua colpa, influendo tali elementi unicamente sulla misura dell’assegno; esula invece dalla ratio della norma il riconoscimento di un tale assegno ove il rapporto matrimoniale risulti, per volontà e colpa del richiedente l’assegno, solo formalmente istituito e non abbia dato luogo alla formazione di alcuna comunione materiale e spirituale fra i coniugi, sfociando dopo breve tempo in una domanda di divorzio” (Cass. Civ. n. 7295/13) Ne consegue che la legittima richiesta di assegno di mantenimento anche qualora il matrimonio sia stato breve, essendo la durata un presupposto che incide solamente sul quantum e non sulla fondatezza dell’an (del diritto). Il giudice, dunque, riconosciuto il diritto all’assegno può valutare la brevità come presupposto per la riduzione degli emolumenti. Fonte:angolodellafamiglia.blogspot.it