Collocamento paritario del figlio: il Tribunale di Catanzaro “anticipa” il DDL Pillon
Interessante disamina trovata sul web sul tema della sentenza emessa dal ribunale, Catanzaro, sez. I civile, decreto 28/02/2019
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Trib. Lecce, 16 maggio 2017, n. 2000 Trib. La Spezia, ord. 14 marzo 2007 Trib. Roma, 12 maggio 1987 |
Difformi | Cass., 12 settembre 2018, n. 22219 Cass., ord. 14 dicembre 2017, n. 30126 |
La motivazione della decisione in commento si segnala per le significative assonanze con le previsioni contenute nel disegno di legge d’iniziativa sen. Pillon et al., comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica in data 1° agosto 2018, recante Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità (atto Senato n. S 735/2018). L’opzione per l’affidamento condiviso del minore, con collocamento paritario (o suddivisione paritetica dei tempi di permanenza) presso entrambi i genitori impone – anche nella prospettiva de iure condendo – una riflessione sulla gerarchia degli interessi coinvolti (su tutti quello, preminente, del minore) e sugli strumenti per ricercare un giusto bilanciamento degli stessi.
Analisi del caso
Nell’ambito della crisi di una coppia genitoriale non coniugata, è insorto un contrasto in ordine alle modalità di collocamento e mantenimento del figlio di sei anni. Infatti, mentre i genitori hanno, sin da subito, concordato sull’affidamento condiviso e l’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, la madre ha chiesto che il minore fosse collocato presso di lei, salva la previsione di periodi di visita presso il padre, senza pernottamento, due giorni alla settimana e, con modalità alternata, nei fine settimana e in occasione delle festività; il tutto con riserva di concordare il collocamento del minore nei periodi estivi. Oltre a ciò, la ricorrente ha invocato l’assegnazione a sé medesima dell’immobile – di proprietà del compagno – adibito a casa familiare, oltre alla corresponsione, da parte del padre del bambino, di un assegno per il mantenimento indiretto del figlio dell’importo di euro 350 mensili (con compartecipazione, nella misura del 50%, alle spese straordinarie e scolastiche).
Il padre, di contro, ha chiesto al Tribunale di disporre il collocamento alternato o paritario del minore, con mantenimento diretto a carico di ciascun genitore, per il tempo di permanenza del figlio presso il medesimo e, conseguentemente, di rigettare tanto la domanda di assegnazione dell’immobile adibito a casa familiare, quanto quella di attribuzione dell’assegno di mantenimento.
Il Collegio, premesso di condividere l’opzione per l’affidamento condiviso, ha dedicato ampio spazio – in una motivazione dal significativo apparato bibliografico – a una rassegna di carte dei diritti (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con l. n. 176/1991; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e ora richiamata espressamente dall’art. 6 TUE), testi di cosiddetta soft law (cfr. la Risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2079/2015; nonché i protocolli e le linee guida dei Tribunali di Perugia, Salerno e Brindisi), disegni di legge (v. il già richiamato DDL S 735/2018), massime giurisprudenziali (segnatamente, della Corte europea dei diritti dell’uomo) e studi scientifici (per lo più di area anglosassone), tutti concordi, a parere del Tribunale, nell’individuare come preferibile – ove concretamente attuabile – il collocamento paritario del minore (shared o joint custody).
La soluzione
Sulla base degli elementi così raccolti, i giudici catanzaresi sono giunti ad affermare il seguente principio di diritto: in tema di affidamento condiviso del figlio nella crisi della coppia genitoriale, la soluzione della suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore non è sempre da preferire; tuttavia, essa è preferibile laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto (quali l’età del minore, gli impegni lavorativi di ciascuno dei genitori, la disponibilità di un’abitazione dignitosa per la crescita dei figli, ecc.).
Dunque, nel caso di specie, essendo risultati entrambi i genitori in grado di provvedere autonomamente al mantenimento diretto, all’istruzione, alla cura e alla dignitosa collocazione del figlio, il Tribunale – pur invitando i genitori a perseguire migliori e concordate soluzioni – ha in effetti optato per il collocamento paritario (ancorché non perfettamente equivalente nei tempi di permanenza), secondo lo schema qua riprodotto:
settimana | Lun. | Mart. | Merc. | Giov. | Ven. | Sab. | Dom. |
1 | Madre | Madre | Padre | Padre | Madre | Padre | Padre |
2 | Madre | Madre | Padre | Padre | Padre | Madre | Madre |
3 | Madre | Madre | Padre | Padre | Madre | Padre | Padre |
4 | Madre | Madre | Padre | Padre | Padre | Madre | Madre |
In aggiunta, i giudici hanno stabilito che i genitori debbano, nel giorno di propria pertinenza, prelevare il figlio da scuola e ivi riaccompagnarlo, nel giorno di pertinenza dell’altro genitore, così da garantire un eguale numero di pernottamenti presso il padre e presso la madre. Quanto alle festività riconosciute dal calendario nazionale, è stato previsto che il minore le trascorra – secondo il metodo dell’alternanza (a cominciare dalla madre) – con ciascuno dei genitori, i quali saranno altresì chiamati a concordare, entro il 30 maggio di ogni anno, quale dei due trascorrerà con il figlio 15 giorni di vacanze estive nel mese di luglio e quale, conseguentemente, terrà con sé il bambino per ulteriori 15 giorni di vacanze estive, nel mese di agosto.
In conseguenza del disposto collocamento paritario e dell’accertata idoneità di ciascun genitore a soddisfare direttamente le esigenze di vita del minore, il Tribunale ha, infine, respinto sia la domanda di assegnazione della casa familiare (rimasta nella disponibilità del padre proprietario), sia quella di attribuzione, in favore della madre, di un assegno per il mantenimento indiretto del figlio.
Il collocamento dei figli nella crisi della coppia: prassi giurisprudenziale e principi ispiratori del DDL S 735/2018
Come segnalato in apertura, ciò che colpisce della motivazione offerta nella decisione in commento è la significativa assonanza rispetto ai principi del DDL S 735/2018, il quale dovrebbe, nelle intenzioni degli estensori, “indicare con ulteriore e inemendabile chiarezza la netta preferenza del legislatore per la forma diretta di mantenimento [della prole, ndr], anche in considerazione del fatto che, trascorrendo il minore tempi sostanzialmente equipollenti con ciascuno dei genitori, è molto più agevole per questi ultimi provvedere direttamente alle esigenze della prole”. Scorrendo la motivazione, infatti, è possibile riscontrare non soltanto un’affinità terminologica, ma anche il recepimento, da parte dei giudici catanzaresi, di tutti i richiami a convenzioni e risoluzioni sovranazionali presenti nella relazione illustrativa del disegno di legge; DDL – del resto – espressamente citato dal Tribunale sia con riguardo alle sue finalità sia, specificamente, nella sua portata (potenzialmente) dispositiva (cfr. art. 11, DDL S 735/2018).
Tuttavia, poiché il richiamato disegno di legge non è ancora entrato in vigore (il testo risulta all’esame della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica), la motivazione del Tribunale di Catanzaro si concentra sull’interpretazione dell’art. 337-ter c.c. (Provvedimenti riguardo ai figli), nella versione attualmente vigente, frutto delle modificazioni introdotte con la l. 8 febbraio 2006, n. 54, recante Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, e della ricollocazione sistematica operata dalla riforma della filiazione (l. n. 219/2012 e d.lgs., n. 154/2013), il quale prevede che il diritto del figlio minore “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” (co. 1) sia realizzato attraverso i provvedimenti che il giudice è chiamato ad adottare “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” della prole (co. 2).
Secondo l’estensore della decisione in commento (che, anche sul punto, pare richiamare il testo della relazione illustrativa del DDL S 735/2018), detta norma manifesterebbe già un favor del legislatore per soluzioni che assicurino al minore il mantenimento diretto e la possibilità di trascorrere con ciascun genitore tempi tendenzialmente equivalenti o, comunque, equipollenti, ancorché l’interpretazione della richiamata norma offerta dalla giurisprudenza prevalente sia, come ribadito anche recentemente dalla Suprema Corte, nel senso di ritenere che la regola dell’affidamento condiviso (già prevista dall’art. 155 c.c., con riferimento alla separazione personale dei coniugi e, ora, dall’art. 337-ter c.c., per tutti i procedimenti indicati dall’art. 337-bis c.c.) non escluda che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore non collocatario (cfr. Cass., 12 settembre 2018, n. 22219; Cass., ord. 14 dicembre 2017, n. 30126), gravato, ove ne ricorrano i presupposti, dell’obbligo di corrispondere, in favore del coniuge collocatario, un contributo per il mantenimento del figlio minore, nella forma dell’assegno periodico (tra le tante, v. Cass., 1 luglio 2015, n. 13504). Più in generale, secondo la Cassazione, il giudice di merito, ove si trovi ad affrontare la questione dell’affidamento dei figli minori, deve attenersi al criterio fondamentale costituito dall’esclusivo interesse morale a materiale della prole, privilegiando la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, sulla base di un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l’apprezzamento della personalità del genitore (Cass., ord. 19 luglio 2016, n. 14728). Nondimeno, il tema del collocamento paritario della prole – già in concreto attuato dalla invero risalente giurisprudenza in tema di affidamento alternato (v. Trib. Roma, 12 maggio 1987, – era stato, sino ad ora, affrontato dalle corti di merito, anche recentemente, sebbene soltanto nella prospettiva del recepimento di un precipuo accordo raggiunto, in tal senso, dai genitori separandi (cfr. Trib. Lecce, 16 maggio 2017, n. 2000. Con la decisione in commento, il Tribunale di Catanzaro compie un passo ulteriore, ricorrendo al criterio del collocamento paritario per la soluzione del dissidio insorto, sul punto, tra i genitori, così “anticipando” la ratio ispiratrice della (discussa) proposta di riforma della materia.
Infatti, l’art. 11 del DDL S 735/2018 – espressamente richiamato dalla decisione in commento – propone una significativa riscrittura dell’art. 337-ter c.c. Il “nuovo” testo, innanzitutto, configura (indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori) il diritto del figlio minore (“nel proprio esclusivo interesse morale e materiale”) al mantenimento dei rapporti parentali, “con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità” rispetto a ciascun genitore, nonché di trascorrere con ciascuno di essi “tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale” (co. 1).
A una prima lettura, sotto la veste di questo nuovo “diritto del figlio” sembra celarsi – a ben vedere – un’aspirazione del genitore, come pare essere confermato dal successivo comma 2, ai sensi del quale, “qualora uno dei genitori ne faccia richiesta e non sussistano oggettivi elementi ostativi”, il giudice è chiamato ad assicurare al minore di trascorrere la metà del tempo (pernottamenti compresi e con possibilità di prevedere meccanismo di recupero durante i periodi di vacanza; cfr. il co. 3) e, in ogni caso, salvo diverso accordo tra le parti, non meno di dodici giorni al mese (sempre compresi i pernottamenti); limite, quest’ultimo, derogabile solo in caso di “comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio”, derivante da (i) violenza, (ii) abuso sessuale, (iii) trascuratezza, (iv) indisponibilità di un genitore, o (v) inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore.
Questi, in sintesi, i paletti (invero alquanto generici) posti dal disegno di legge per perimetrare (nel tentativo di ridurla) la discrezionalità del giudice nell’assicurare la realizzazione del diritto del figlio minore alla conservazione delle relazioni parentali. Attività del giudice che, nel disegno del legislatore, dovrebbe collocarsi in posizione subordinata rispetto al diritto dei genitori di concordare un “piano genitoriale” (co. 6): il documento, cioè, frutto l’accordo tra i genitori e approvato dal giudice, ovvero da questi dettato in caso di dissidio insanabile tra le parti (ma con salvezza della parti sulle quali fosse stato raggiunto un accordo parziale), relativo alle concrete modalità di esercizio congiunto della responsabilità genitoriale e di mantenimento diretto della prole (co. 9). Su tale ultimo aspetto, il DDL S 735/2018 manifesta un netto favor per il mantenimento diretto e proporzionale da parte di ciascun genitore (con individuazione di specifici capitoli di spesa; co. 7): infatti, l’assegno di mantenimento (indiretto) può essere attribuito dal giudice solo ove strettamente necessario, in via residuale e comunque temporanea, indicando “quali iniziative devono essere intraprese dalle parti per giungere al mantenimento diretto” (co. 10). Ulteriori innovazioni sono poi rappresentate dall’espressa previsione della facoltà per gli ascendenti – con i quali il figlio ha diritto di mantenere rapporti significativi – di intervenire ad adiuvandum nel giudizio di affidamento (co. 4), e dall’individuazione di un “doppio domicilio” del minore, presso l’abitazione di ciascun genitore, al quale indirizzare le comunicazioni scolastiche, amministrative e sanitarie (co. 5).
Guardando alla complessiva strutturazione della norma in discorso, è possibile sottolineare una certa ipertrofia e ridondanza dei principi e criteri dettati per la realizzazione del collocamento paritetico, mentre paiono quasi assumere un ruolo residuale il principio generale dell’affido condiviso (enunciato al co. 5 e, quindi, dopo la disciplina del collocamento) e quello dell’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, relegato all’undicesimo e ultimo comma e significativamente influenzato dall’impostazione paritetica in tema di collocamento del minore, giacché si prevede che ciascun genitore sia facoltizzato ad assumere in autonomia le decisioni quotidiane, per il tempo in cui ha presso di sé il figlio, mentre le decisione di maggior interesse sono rimesse all’accordo del padre e della madre o, in subordine, al giudice, che può anche trarre elementi per modificare i provvedimenti sull’affidamento dal comportamento del genitore che non si attenga alle condizioni dettate dal giudice medesimo.
FONTE: (Altalex, 29 marzo 2019. Nota di Matteo De Pamphilis tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)