Il danno da perdita parentale
Proprio per questo, dottrina e giurisprudenza hanno elaborato, negli anni recenti, la figura del danno da perdita parentale, risarcibile ai parenti di un soggetto venuto a mancare a causa del fatto illecito altrui.
Danno da perdita parentale: cos’è
Si tratta di un danno non patrimoniale che trova il suo fondamento nell’art. 2059 c.c., oggi interpretato in chiave diversa rispetto al passato. Sebbene tale norma, infatti, faccia riferimento ai “casi determinati dalla legge”, ormai il riconoscimento del danno viene slegato dalla configurazione del fatto come reato e dalla previsione della fattispecie in una norma di legge ordinaria.
Piuttosto, la stella polare che porta alla pacifica ammissibilità del danno parentale appare essere il dettato costituzionale, nelle sue norme poste a tutela della famiglia (artt. 2, 29, 30 Cost.).
Presupposti e natura
Il danno parentale, come ha chiarito anche la Corte di Cassazione, si concreta nel non potere più godere della presenza di chi è venuto meno e del rapporto che si aveva con lui. Di conseguenza, esso attiene allo stravolgimento di un sistema di vita che trovava le sue fondamenta nell’affetto e nella quotidianità di tale rapporto. In breve, il danno da perdita parentale si traduce nel “non poter più fare ciò che per anni si è fatto” (cfr. Cass. civ., Sez. III, n. 9196/2018).
Considerato in tal modo, questo tipo di danno sembra riassumere in sé i caratteri del danno esistenziale, in quanto afferente alla sfera dinamico-relazionale del soggetto interessato, più che quelli propri del danno morale, inteso come sofferenza intima del superstite.
Giova ricordare che il danno parentale può configurarsi anche in caso di mera lesione del rapporto parentale, che si verifica quando il soggetto vittima del fatto illecito non perde la vita ma riporta, comunque, conseguenze a livello psico-fisico tali da comportare il mutamento delle abitudini quotidiane nel rapporto con il parente.
Onere della prova
Per quanto sia comunemente ricorrente nella realtà pratica (almeno con riferimento ai familiari più stretti) non è corretto considerare il danno parentale come sussistente in re ipsa, per il mero fatto del decesso del parente.
Il danno, invece, va in ogni caso allegato e descritto dalla parte interessata, che di esso deve fornire adeguata dimostrazione.
La prova del danno da perdita parentale, in particolare, può essere offerta per testimoni oppure in via documentale o per presunzioni. Essa deve mirare a dimostrare tutti gli aspetti sopra esaminati e perciò deve consentire di desumere, in primis, l’attualità del legame affettivo tra il parente e la vittima, la sua importanza e la sua non occasionalità.
Caratteri della decisione
La decisione del giudice, da prendersi a seguito di valutazione equitativa, deve essere motivata tenendo conto dei diversi aspetti che caratterizzavano il rapporto tra il richiedente e la vittima dell’illecito, come il grado di parentela, l’età dei due soggetti del rapporto, la composizione complessiva del nucleo familiare, l’eventuale convivenza e l’insieme delle abitudini quotidiane che risultano modificate o addirittura stravolte dall’evento.
La liquidazione del danno da perdita parentale
Per la liquidazione del danno parentale, la giurisprudenza si divide sull’utilizzo delle tabelle milanesi o di quelle romane. Entrambe, ovviamente, offrono un valido riferimento per una uniforme valutazione di base del danno, ma quest’ultimo va, in ogni caso, personalizzato, cioè calcolato prendendo in considerazione le peculiarità del caso concreto.
Dalla necessità di allegazione e prova del danno da perdita parentale, che abbiamo sopra esaminato, discende la considerazione che non esiste un danno minimo garantito, da liquidare in ogni caso ai parenti della vittima.
FONTE: https://www.studiocataldi.it/articoli/34010-il-danno-da-perdita-parentale.asp