Proposta di Modifica ISEE
In attuazione dell’art. 5 del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (coordinato con la Legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214) recante ”Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, che ha varato la c.d. ”manovra salva Italia”, si propone una modifica della “bozza” del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
In base al valore dell’ISEE è possibile accedere ad una serie di agevolazioni, come sconti sui servizi sanitari e assistenziali nonché su servizi comunali (ad es., asili nido e centri estivi), riduzione del 50% o esenzione totale dal pagamento del canone telefonico, tariffe ridotte su servizi di pubblica utilità (energia, gas, acqua), assegno di maternità, prestazioni scolastiche (libri, mense e borse di studio), abbattimento delle tasse universitarie ecc..
Nel D.P.C.M. de quo saranno rivisitate le modalità di determinazione dell’indicatore e i suoi campi di applicazione, con una nuova definizione di reddito disponibile che includa le somme esenti da Irpef (attualmente escluse) e che tenga conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia, nonché dei pesi dei carichi familiari.
Con questa nota non si vuole entrare nel merito dei valori riconosciuti in diminuzione per la locazione della prima casa non legati a nessun indice rivalutativo; così come per il valore assunto per i lavoratori autonomi nel regime dei minimi al netto dei contributi; o di come i soggetti con redditi esenti ai fini irpef si vengano a trovare in svantaggio per gli oneri detraibili e/o deducibili da portare in diminuzione.
In quanto il denominatore comune delle associazioni scriventi è la bigenitorialità.
Neppure si vuole entrare nel merito di come il valore dell’assegno di mantenimento del coniuge sia assunto all’80% dell’importo, pur ritenendo che l’introduzione di percentuali sulla detrazione per redditi assimilati al lavoro dipendente, qualora venga recepita anche ai fini irpef libererebbe risorse che potrebbero servire a mantenere la deducibilità dell’assegno al coniuge al fine di non tassare due volte la stessa cifra.
Questo non perché tale argomento non stia a cuore delle associazioni scriventi, ma perché tale punto può essere modificati senza inferire sul costrutto dell’impianto normativo proposto.
E’ invece intenzione delle scriventi associazioni focalizzare l’attenzione su una questione di base di questo DCPM, il quale prevede di fotografare le somme di denaro per il mantenimento dei figli come “uscita”, da una parte, e come “entrata”, dall’altra. Pur riconoscendo che con tale previsione si è volto intervenire sui rilevanti privilegi a vantaggio del genitore co-residente e la corrispondente iniqua penalizzazione dell’altro dovuti all’attuale diretto collegamento della definizione di nucleo familiare con la residenza anagrafica (a titolo di esempio, considerando una famiglia separata in cui madre e padre hanno redditi identici e ospitano i figli per tempi uguali, solo il genitore presso i quali i figli hanno la residenza potrà inserirli nel suo nucleo familiare e pertanto godere, eventualmente, dei vantaggi economici di un coefficiente ISEE maggiore), tale sistema non risulta funzionare in quanto l’onere per i figli non è costituito solo dal denaro versato da una parte all’altra ma anche dal denaro speso direttamente e dai compiti di cura assunti.
Prendiamo ad esempio una situazione tipo in cui vi sono due genitori GA e GB con un figlio FAB con residenza presso GB, nel nucleo di GA vi è l’attuale compagno/a GC e loro figlio FAC, GA e GB hanno ugual reddito pari a 10.
In un primo caso GB si occupa da solo di FAB e riceve da GA una somma pari a 3
In un secondo caso GB e GA si occupano entrambi di FAB in maniera diretta e non vi è alcun spostamento di denaro
In queste due situazioni uguali tra di loro, se a calcolare l’ISEE per il beneficiario FAC o per un altro componente il suo nucleo o per GB vediamo che il sistema che qui viene proposto non è equo.
Di seguito le scriventi associazioni fanno rilevare le parti della bozza del DPCM che sono in palese contraddizione con alcune leggi dello stato e parti del codice civile (in particolare la Legge 8 febbraio 2006, n. 54 recante “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”, e le relative parti novellate del codice civile) come di seguito evidenziate:
1) Per la definizione di nucleo familiare non esiste su una legge specifica, ma se ne danno varie, a seconda dell’ “uso” che si vuol fare del medesimo. Tuttavia, ai fini che ci occupano occorre al momento fare riferimento al DPR 242/2001 (Regolamento concernente modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 1999, n. 221, in materia di criteri unificati di valutazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate e di individuazione del nucleo familiare per casi particolari, a norma degli articoli 1, comma 3, e 2, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130), che all’art. 1 comma 5 recita:“Il figlio minore di anni 18, anche se a carico ai fini IRPEF di altre persone, fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale risulta residente. Omissis…”.
Nell’attuale bozza di decreto la situazione non è cambiata poiché all’art. 3 comma 4 ancora si scrive: “ Il figlio minore di anni 18 fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Omissis…”.
E riguardo al figlio maggiorenne, il successivo comma 5 del predetto articolo dispone: “Omissis…Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato”, reiterando in modo quasi equivalente il dettato del DPR 242/2001.
Peraltro è da notare come l’appartenenza al nucleo del figlio maggiorenne è soggetta a scelta di convenienza del momento senza alcun riguardo alla situazione dei genitori.
D’altra parte, la legge 54/2006 ha stabilito che i figli restano affidati ad entrambi i genitori, che hanno pari diritti e doveri, come del resto sancito dall’art. 30 della Costituzione che, come l’attuale formulazione dell’art. 155 c.c., in condizioni normali non attribuisce ad alcun genitore il titolo o il ruolo di “convivente”, “coresidente” o “collocatario” e, pertanto, un’investitura giuridica di un genitore rispetto all’altro che lo differenzi, che lo discrimini.
Infatti, coerentemente, il legislatore del 2006 ha espunto dal testo di legge precedente tutte le differenze di poteri, doveri o facoltà tra i genitori, precedentemente presenti nel codice civile quando la forma ordinaria di affidamento era quello a un solo genitore, stabilendo pari dignità sociale (peraltro già sancita dall’art. 3 della Costituzione italiana); circostanza ignorata dall’ISEE – introdotto ante 2006 – e mai aggiornato alla nuova realtà e ai nuovi principi giuridici.
Già a livello giurisprudenziale si registra l’attribuzione di un doppio domicilio ai figli di genitori separati (ad es., trib. di Firenze, 4 aprile 2012, est. Paparo), nel rispetto della loro effettiva sensibilità e della nuova realtà giuridica; di conseguenza l’attribuzione ai figli di un solo luogo di residenza non può rispondere che a formali esigenze amministrative, restando privo di qualsiasi valenza giuridica e non potendosene dedurre l’aberrante conclusione dell’appartenenza a un solo nucleo familiare.
Peraltro un’altra diversa recente tendenza giurisprudenziale mette in forse l’applicabilità stessa del concetto di nucleo familiare come definito dal DPR 242/2001, ovvero l’attribuzione della casa familiare ai figli stessi con l’alternanza dei genitori in essa per una frequentazione paritetica (ad es. trib. di Latina, maggio 2013, est. D’Auria). Il che implica che il concetto di figlio appartenente al nucleo familiare del solo genitore “collocatario” perde significato.
2) Per rispettare completamente la prima prescrizione dell’art. 155, comma 4 c.c. (rectius la forma diretta del mantenimento), a mente del quale:”ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli, (espressione che evidenzia l’autonomia del provvedere, l’indipendenza dell’assolvimento dell’obbligo, in antitesi al trasferimento di denaro da un genitore all’altro), e la formulazione della ulteriore parte del quarto comma, ove si chiarisce che all’assegno è destinata una funzione solo integrativa o perequativa: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità”, si rende necessario costruire l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente dei genitori separati e/o divorziati attribuendo a ciascuno la frazione di onere che effettivamente sostiene e di conseguenza il corretto godimento delle agevolazioni. Tutto ciò considerando i figli come soggetti appartenenti ai due nuclei familiari creatisi a seguito dei provvedimenti di separazione.
Ebbene, l’attuale bozza di decreto non contiene alcun riferimento al mantenimento diretto, che pure è applicato in molte sentenze ormai, e pertanto si verifica il caso in cui un genitore che mantiene direttamente i figli è discriminato rispetto ad un genitore che versa l’assegno di mantenimento, anche per motivi di mera convenienza, essendo questi sottratti nella determinazione del reddito (art.4, comma 3, lettera a).
Altre incongruenze si riscontrano attraverso la lettura dell’art.7, comma 1, lett. a) e b).
Lo status di genitore non cambia se questo si risposa o ha figli con persona diversa dal genitore “convivente”. Tuttavia il calcolo indicato nell’allegato 2, escludendo il reddito del nuovo nucleo familiare, non permette di valutare correttamente quale deve essere il contributo del genitore “non convivente”.
Ad esempio se il genitore convivente si risposa, l’ISEE tiene conto anche del coniuge perché giustamente quando il figlio è con il convivente usufruisce anche del suo reddito, mentre per il non convivente lo si esclude dal nuovo nucleo senza tenere conto del reddito di questo (Allegato 2).
La definizione del nucleo familiare, che dovrebbe essere data una volta per tutte visto che i genitori pur separati e/o divorziati restano genitori per sempre, sembra variare a seconda se uno dei genitori si risposi, abbia figli o versi un mantenimento diretto o indiretto, creando severe incongruenze con la legge 54/2006 e con l’eguaglianza dei diritti.
Si evidenziano inoltre altri punti senza approfondirli in quanto accessori al principale:
All’art.7 comma 2 sembra esserci una discriminazione tra figli naturali e figli legittimi, che contrasta con le disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali previste dalla Legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Riforma della filiazione).
All’art.7, comma 1, è il caso in cui ricadrebbe il mantenimento diretto, ma essa dipende dal reddito totale del genitore presunto “non convivente” e in caso di reddito alto di costui può risultare anche qui discriminante rispetto all’assegno nei riguardi del genitore “convivente”.
Per risolvere tale situazione, le scriventi Associazioni chiedono di non conteggiare il denaro per i figli come “uscita” da una parte e come “entrata” dall’altra, bensì che quando il beneficiario sia il figlio di genitori separati con nuclei distinti, questi venga inserito su ambedue i nuclei, in modo da agire direttamente sulla scala di equivalenza, per poi sommare il risultato dei due ISEE dando un correttivo in diminuzione, tranne nel caso in cui risulti accertato in sede giurisdizionale e dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la mancata assistenza familiare in termini di rapporti affettivi ed economici di un genitore, ovvero quando vi sia l’impossibilità materiale di ricostruire o reperire la situazione economica di un genitore (come avviene nei casi di abbandono, irreperibilità di un genitore, limitazioni della libertà personale etc.).
ASSOCIAZIONI ITALIANE DI GENITORI SEPARATE E COORDINAMENTI REGIONALI, NAZIONALI DEL NOSTRO PAESE TUTTI.