On. Ministro Maria Rosaria Carfagna, le scrivo per dirle che…. – di Fabio Nestola
Seguendo con assiduità le Sue lodevoli iniziative a partire dal primo giorno di mandato, non possiamo che esprimerle viva soddisfazione per i concreti risultati ottenuti .
L’introduzione del reato di stalking nel nostro ordinamento – art. 612 bis c.p. – costituisce, nel suo intento, una conquista civile dell’intera collettività; così come il centro di assistenza telefonica 1522 ed i diversi spot televisivi finalizzati a sensibilizzare la cittadinanza.
E’ con estremo rammarico, però, che notiamo una curiosa lacuna nel principio stesso di pari opportunità, ancora più curiosa nella misura in cui proveniente proprio dal Ministero per le Pari Opportunità
Il concetto di persona vittima di violenza non sembra appartenere al Suo Ministero, che preferisce contrastare la violenza solo qualora ne sia vittima un soggetto di genere femminile
Le operatrici del citato 1522, ad esempio, fino a qualche settimana fa non offrivano alcuna assistenza qualora chi denunciava di essere vittima di atti persecutori fosse un soggetto di genere maschile.
Gli spot televisivi, inoltre, lanciano un messaggio mistificatorio in quanto lasciano intendere che solo una donna possa essere vittima di stalking.
Postulato smentito dai dati relativi al primo anno di applicazione della norma, da Lei stessa divulgati, i quali dati testimoniano un 20% di vittime maschili per le quali non è stata prevista alcuna misura di sostegno.
Vittime alle quali il Ministero Pari Opportunità nega le Pari Opportunità; appare una vistosa contraddizione.
Abbiamo anche apprezzato le Sue dichiarazioni del luglio 2009, quando – invocando la parola d’ordine tolleranza zero – affermava, tra l’altro: “(…) anche un solo atto di violenza contro una donna è troppo, e richiede una risposta ferma e dura delle istituzioni”(…).
Principio ineccepibile, come non condividere ?
Ci chiediamo e Le chiediamo, però, come mai un solo atto di violenza contro una donna richieda ferme e dure contromisure istituzionali, mentre il 20% della popolazione maschile può anche essere considerata carne da macello, non meritevole del minimo interesse politico, legislativo, assistenziale e mediatico.
Secondo i Suoi stessi dati il 20% delle vittime sono uomini, Onorevole Ministro, non lo 0,01%…
Ecco un altro aspetto degno di considerazione. È noto che gli uomini incontrino una maggiore difficoltà nel denunciare le violenze subite rispetto alle donne, per cui il sommerso maschile risulta essere enormemente superiore rispetto al pur considerevole sommerso femminile.
Quali sono le iniziative istituzionali per far emergere il sommerso ?
Se da un lato si sollecitano – doverosamente, aggiungiamo – le donne a denunciare, si incoraggiano, si sostengono, si forniscono strumenti quali case di fuga, centri antiviolenza e numeri telefonici di consulenza ed orientamento, dall’altro non esiste un solo centro di accoglienza per uomini vittime di violenza e non è prevista la benché minima iniziativa per sollecitare gli uomini a denunciare.
Ne risulta un dato incontestabile: la donna che denuncia di aver subito violenza acquisisce lo status di vittima, l’uomo che denuncia acquisisce lo status di inetto.
Non viene percepito come vittima, è emarginato e discriminato a tutti i livelli, ad iniziare dal servizio antistalking 1522 che rifiutava le richieste di aiuto maschili, fino al primo impatto con il commissariato presso il quale la vittima maschile prova a sporgere denuncia, ove viene accolto di malavoglia, con sufficienza e spesso anche con umiliante derisione.
L’uomo che denuncia la violenza della propria compagna è spinto a vergognarsi di averlo fatto: è considerato un soggetto inadeguato, incapace di sbrigarsela da solo, magari reagendo alla violenza subita con una violenza uguale e contraria.
Sicuramente – speriamo voglia concordare – “picchia se vieni picchiato” non può essere una risposta istituzionale sostenibile.
Non sappiamo se ignorare le vittime maschili sia una strategia voluta o una dimenticanza fortuita, resta il fatto che il 20% costituisce solo la punta dell’iceberg di una violenza subita ben maggiore, che certamente (esattamente come è accaduto per le donne) emergerebbe in percentuali ancor più significative qualora esistesse un minimo incentivo istituzionale.
Il reato di stalking viene propagandato come una violenza di genere – pur non essendo affatto, dati alla mano, una esclusiva del genere maschile – mentre le sole ad essere realmente di genere sono le risposte istituzionali.
Forse non si vuole che le denunce maschili vengano incentivate ?
Forse disturba anche quel 20%, per cui non è il caso di incoraggiare l’outing che potrebbe portarlo al 40-50% ?
Senza avventurarci nel campo delle ipotesi, preferiamo rimanere rigidamente ancorati ai fatti.
Ed i fatti dicono questo: per la società civile è lecito aspettarsi che un Paese democratico prenda posizione contro ogni forma di violenza, a prescindere dal genere di autori e vittime.
Nessun organo istituzionale, ed in particolare il Ministero Pari Opportunità , dovrebbe operare discriminazioni.
Dovrebbero pertanto essere garantite pari opportunità di protezione dagli atti persecutori e dalle violenze in generale, a chiunque:
– alla donna perseguitata da un uomo
– alla donna perseguitata da una donna
– all’uomo perseguitato da una donna
– all’uomo perseguitato da un uomo
La propaganda ministeriale incentrata solo sulla prima tipologia di violenza, escludendo a priori le altre tre tipologie che possono esitare in altrettanto gravi conseguenze per i soggetti coinvolti, lascia un vuoto istituzionale gravissimo.
Fonte: F. Nestola