La Cassazione continua a fare la “finta garantista” sul condiviso
La Cassazione continua ad ostentare “zelo garantista” su quella che, da quasi 5 anni, è la sua· interpretazione dell’affido condiviso: e cioè puramente teorico-concettuale, esclusa qualunque ricaduta concreta nella quotidianità del rapporto padre-figlio, la quale si basa su un unico ed insostituibile presupposto: parità dei tempi di frequentazione· (che è l’esatto contrario della “collocazione prevalente”, plebiscitariamente invalsa nella prassi giudiziaria auto-poietica).L’ennesima dimostrazione la si ha in questo caso di sottrazione all’estero; si noti l’ultimo periodo della massima:
“”L’oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori non preclude la possibilità di un affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore.””
Ora, prescindendo dalla constatazione che il “collocamento prevalente” viene imposto anche quando la distanza è di pochi metri (due appartamenti, l’uno soprastante all’altro), i giudici continuano a far finta d’ignorare che quel “soltanto” si riferisce ad una disciplina – i tempi di frequentazione – nella quale riposa L’INTERA SOSTANZA dell’affido condiviso; per cui, sacrificata quella, l’affido – che sia formalmente definito “esclusivo con diritto di visita” (tempi abituali: 85%-madre / 15%-padre), oppure “condiviso con collocazione prevalente presso madre (85%)” – non cambia di una virgola né lo sfacelo del rapporto padre-figlio, né la modalità di mantenimento a carico di questi, che, in entrambi i casi, risulterà necessariamente indiretto (secondo la l. 54/2006 avrebbe dovuto restare un’eccezione) anziché diretto.
La Cassazione rafforza l’istituto dell’affido condiviso. Infatti il minore può essere affidato a entrambe i genitori anche quando uno dei due vive con il figlio all’estero.
A decretare che l’oggettiva lontananza non è una preclusione per l’istituto introdotto con la riforma del 2006 è stata la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 24526, ha accolto il primo e il terzo motivo del ricorso presentato da un padre italiano che aveva avuto una bambina con una rumena.
La donna, dopo aver ottenuto l’affidamento esclusivo della piccola, si era trasferita nel suo paese d’origine. Lui si era sempre opposto alla lontananza con la figlia anche se i giudici di Bucarest e la Corte d’Appello di Bologna avevano dettagliatamente regolato le visite.
In particolare lui ha fatto ricorso in Cassazione contro la decisione dei magistrati emiliani che, data la distanza fra le due residenze (fra l’altro la donna in un primo momento era scappata in Romania con la figlia), avevano escluso la possibilità di un affidamento condiviso.
La prima sezione civile del Palazzaccio ha invece interpretato le norme classe 2006 in senso opposto, sostenendo espressamente che anche se i genitori vivono in stati diversi il bambino può essere affidato ad entrambi.
Sul punto si legge in sentenza che “alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore”. Ma non è ancora tutto.
Nel passaggio successivo la Suprema corte ha chiarito che “l’oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori non preclude la possibilità di un affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore (artt. 155, comma 2, e 155 quater, comma 2, c.c.)”.
Fonte: www.cassazione.net