Assegnazione della casa coniugale
L’assegnazione della casa coniugale non può essere disposta a titolo di componente degli assegni rispettivamente previsti dagli articoli 156 del c e . e 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge piu debole.
In materia di separazione (come di divorzio) l’assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, particolarmente valorizzati dall’articolo 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970 (come sostituito dall’articolo 11 della legge n. 74 del 1987), essendo finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui e cresciuta, non può essere disposta a titolo di componente degli assegni rispettivamente previsti dagli articoli 156 del c c e 5 della legge n. 898 del 1970, allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole.
Ne deriva che, in difetto di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, sia che la casa familiare sia in comproprietà tra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva a un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale non autorizzandolo neppure l’articolo 156, che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento.
È quanto ha affermato, sulla scia dell’insegnamento della Suprema Corte sul punto (Corte di Cassazione, Sezione I civile, sentenza 17 gennaio/22 marzo 2007 n. 6979), il Tribunale di Salerno, con sentenza 27 ottobre 2009,n. 2249., Pres. Ferrara, rel. Colucci.
Ulteriore conseguenza è che, in caso di comproprietà dell’abitazione coniugale, questa sarà soggetta alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi riferimento per l’uso e la divisione.