Allarme povertà, in aumento i senzatetto un albenganese viaggia ogni giorno in treno
da il secoloxix del 19 gennaio 2008
Allarme povertà, in aumento i senzatetto un albenganese viaggia ogni giorno in treno per «stare in un posto coperto»
Sempre di più i casi di persone costrette a vivere in strada. «Io, ex comunale devo dormire nel retrobottega»
Albenga. Vivere in un garage, in un retrobottega o dove capita. È un destino comune ad un numero sempre maggiore di albenganesi. L’ultima storia è quella di una ex dipendente comunale
«Ho sempre lavorato, pagato le tasse e non ho mai chiesto nulla a nessuno – racconta la donna -. Poi, dopo la separazione da mio marito, sono rimasta senza nulla. Vivo in un retrobottega che mi è stato messo a disposizione da un’amica, ma non è certo una vita dignitosa». La donna ha ovviamente presentato domanda all’Arte ed ha chiesto una casa a ogni tipo di ente, ma senza esito. Nella graduatoria per le case popolari è attorno alla ventesima posizione su più di duecento domande presentate. Una buona posizione ad uno sguardo distratto, in realtà una posizione drammatica, perché prevedibilmente non le permetterà di avere una casa nei prossimi due o tre anni.
«Ho un reddito Isee pari a zero, ma nonostante questo non riesco ad avere la casa – si arrabbia la donna -, perché quando ce n’è una finisce sempre a qualche extracomunitario».
Situazione simile a quella di Franco, ex commerciante albenganese che dopo la rottura del matrimonio si è trovato in difficoltà.
«Senza casa e senza negozio – racconta -, e senza aiuto. Pensare che finché ho avuto l’attività e qualche soldo in tasca tutti mi cercavano, adesso quasi mi evitano. Ho seri problemi di salute e non posso continuare a vivere dove capita. Per un po’ sono stato in un magazzino, poi ho trovato una casa a Loano, ma è una sistemazione temporanea perché stanno cominciando una ristrutturazione e devo andarmene. Ho chiesto più volte al comune, e sempre mi hanno detto che avrebbero trovato una soluzione, ma una casa non l’ho ancora». Un altro albenganese viaggia in treno su e giù per la Liguria, non per visitarla, ma per dormire in un posto coperto, e recentemente altre tre famiglie hanno lanciato appelli accorati per avere un tetto sopra la testa. Anche il dramma familiare di sabato scorso (l’accoltellamento di una donna marocchina da parte del marito) è avvenuto in un garage perché quella famiglia una casa non l’ha più, e le storie sconosciute superano certamente di gran lunga per numero quelle note.
Secondo l’amministrazione comunale e l’Arte le case non ci sono, nel senso che quelle che ci sono sono tutte occupate, se ne liberano sempre meno e le domande aumentano. Nel regno delle seconde case può sembrare irreale, ma è così. Un paio di progetti o di proposte per fare case popolari ci sono, ma inspiegabilmente sono nel dimenticatoio da mesi, per non dire da anni.
Ma se si pensa che il problema della casa e della povertà riguardi solo Albenga ci si sbaglia di grosso. Nella ricca Alassio c’è Mario, disoccupato che si arrangia a fare qualche lavoretto ed ha moglie e figlia con problemi di salute.
«Andare avanti è sempre più difficile – racconta -. Corro da un ospedale all’altro, e ormai riesco a lavorare poco. Devo accudire io mia moglie e mia figlia perché l’assistenza infermieristica praticamente non esiste. L’unica cosa che abbiamo ottenuto è un contributo comunale per l’affitto, ma i nostri problemi sono ben più grandi».
In un’altra località della riviera c’è Paolo. Lui una casa ce l’ha ma rischia di perderla perché non può pagare il mutuo. Fa il camionista, o meglio lo faceva perché il lavoro fisso lo ha perso qualche mese fa, per un po’ ha tirato avanti con qualche viaggio saltuario, ma da un po’ di tempo la situazione è peggiorata. «Con la crisi che c’è il lavoro è sempre meno per tutti – conferma -. È difficile trovare qualcosa. Ho il frigo vuoto e non so come pagare il mutuo». Una situazione che rischia di diventare comune a molti, perché di questi tempi le aziende in difficoltà sono diverse, e molti lavoratori a termine si sono già ritrovati a casa, col rischio di essere seguiti anche da chi aveva un contratto a tempo indeterminato. Insomma, anche il ponente savonese, una delle tradizionali ‘casseforti’ della Liguria sembra correre il rischio di essere assediata dalle nuove (e vecchie) povertà.
Luca Rebagliati