Savona – Aiutate 2500 famiglie in difficolt
Savona – L´emergenza famiglie diventa più forte. 2500 le situazioni affrontate negli ultimi due anni, da quando è stato istituito il Fondo emergenza famiglie della diocesi, nei Centri di ascolto della Caritas.
La Caritas è intervenuta con il Fondo in 380 casi, fornendo aiuti per un importo pari a circa 200.000 euro, sostenendo famiglie e singoli nella difficoltà a pagare affitto, mutuo, bollette, spese alimentari, sanitarie, scolastiche, intervenendo con piccoli prestiti o con erogazioni a fondo perduto.
E’ il dato reso noto dal direttore della Caritas diocesana don Adolfo Macchioli e dal presidente della Fondazione diocesana “Comunitàservizi” Maurizio Raineri, in una lettera che fa il punto sul cammino dal 2008 ad oggi.
“Povertà, insicurezza, stili di vita: una debolezza della nostra società – scrivono – Con questo Avvento per la terza volta il nostro vescovo Vittorio Lupi sottolinea con forza la necessità di essere solidali con le famiglie che sono in difficoltà. Il Fondo Emergenza Famiglie nasce nel novembre del 2008 come segno di vicinanza a coloro che sarebbero stati colpiti dall’incipiente crisi economico-finanziaria: sono passati poco più di due anni e la crisi non è ancora passata. Nonostante i proclami ottimistici dei leader del mondo occidentale il fenomeno non solo è in atto, ma ha anche segnato un punto di non ritorno nel mondo economico, nel mondo sociale e nel quotidiano di ognuno di noi”.
Prosegue la riflessione: “La crisi si fa sentire nelle famiglie ‘normali’, nelle situazioni di relativo benessere. Un dato è comunque mutato: la carenza di lavoro, di abitazione, di mezzi adeguati per la sopravvivenza sta diventando una costante di questi ultimi anni, con la tendenza ad aumentare di anno in anno. Questo vuol dire che se prima si pensava di trovare in qualche modo un lavoro, oggi sta diventando sempre più difficile; se prima si sperava in un affitto proporzionato al salario, oggi il mercato parte dal dato che un salario non è più sufficiente a coprire le spese per un nuovo affitto. Il costo della vita (affitto, utenze, alimenti) continua ad alzarsi e la possibilità di un lavoro stabile e duraturo diminuisce verticalmente. Cresce quindi il senso di insicurezza e di instabilità per il singolo cittadino e per le famiglie”.
Il testo invita però anche ad una riflessione più a monte: “Stiamo tendendo verso un livello di vita che spesso è oltre le nostre possibilità. Non si tratta di fare dei facili moralismi e di entrare nella vita di ognuno a giudicare cosa tenere e cosa lasciare, ma di prendere coscienza di modelli che i media, il costume e il vivere sociale propongono come essenziali. Se paragonassimo lo stile di vita degli anni ‘50-’70 con quello attuale, scopriremmo un abisso di diversità. Buona cosa è godere tutti del benessere e della ricchezza, altra cosa è indebitarsi oltre le proprie possibilità per vivere una ‘normalità’ eccessiva. Non a caso in questi ultimi anni è aumentato il divario tra i pochi veramente ricchi e i molti che non ce la fanno a stare al passo”.
Un altro fattore di fragilità, secondo don Macchioli e Raineri, è la famiglia. “Se questo dato di insicurezza e instabilità – scrivono – è percepito con intensità dalla famiglia con un singolo o doppio reddito, la fragilità aumenta paurosamente nel caso di allontanamento o morte del coniuge, rottura della relazione, separazione, convivenza o famiglia di fatto. Come è ovvio pensare, la rottura di una famiglia comporta il raddoppio dei nuclei e delle spese connesse alla sopravvivenza: oggi sta diventando un lusso la separazione e spesso si convive nella separazione con tutte le fatiche ulteriori del quotidiano. Nascono associazioni a tutela dei singoli (papà, mamme separati) oppure dei nuovi nuclei (papà, mamme con figli): esiste quindi una grossa fatica a restare nei patti istituiti dal giudice dopo la separazione. In seguito a essa, o a prescindere dalla stessa, si formano nuovi nuclei che scelgono la convivenza come stile di relazione”.
“Ci troviamo quindi di fronte ad una realtà che spesso non vogliamo cogliere in tutta la sua drammaticità – proseguono -: la famiglia, cellula della nostra società, struttura elementare di rapporti e di stabilità, sta indebolendosi sempre di più e fa fatica a trovare sostegni per la sua sopravvivenza. In altre parole, la famiglia è il luogo dei sentimenti, della relazione, della protezione, delle energie messe insieme per sopravvivere e per perseguire un progetto di vita: insieme per affrontare la vita, per sopravvivere, per avere ed educare dei figli, per sostenere gli anziani, per darsi un futuro. Se viene meno questo ruolo fondamentale della famiglia, non possiamo non pensare che questo non incida sul rischio di diventare poveri”.
Da qui alcune domande: “Quale sostegno si sta offrendo alla famiglia? Quali politiche sono state attuate perché la famiglia possa continuare il suo ruolo educativo? Quali energie sono state impiegate perché la famiglia non si trovi a non farcela più? In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un taglio importante delle risorse per il sociale: alcuni fondi (vedi ad esempio per la non autosufficienza) sono stati azzerati, altri hanno forme di sostegno residuali, tanto da essere chiamati “fondini” dagli esponenti dell’attuale governo. Stiamo parlando di tutte quelle energie che servono a sostenere le attività di prevenzione, assistenza, cura e reinserimento di soggetti svantaggiati a vario titolo nella nostra società (portatori di handicap, disabili psichici, tossicodipendenti, alcoolisti, poveri, senza dimora, stranieri, ex-carcerati). Già le energie che il nostro Stato impiega per queste porzioni di popolazioni non sono importanti: se vengono quasi completamente azzerate come possiamo pensare di far sì che le nostre città, i luoghi dove abitiamo siano sicuri? Se domani avessi bisogno di chiedere un aiuto, a chi potremmo rivolgerci per ottenere risposte prima di cadere nelle mani di approfittatori e malavitosi?”
“Purtroppo – continuano don Macchioli e Raineri – il fenomeno non è solo di questo ultimo anno, ma le scelte che stiamo portando avanti da almeno un decennio sono di un graduale ma costante disinvestimento su tutto ciò che fa crescere la nostra società (scuola, famiglia, sanità, politiche sociali, sistemi previdenziali). Un conto è diminuire gli sprechi, un conto è eliminare o far sparire energie su settori strategici per la crescita del nostro Paese. L’effetto a lungo termine sono le presenze nelle nostre mense, nei Centri di ascolto, nei servizi sociali dei Comuni. Anche all’interno della nostra comunità ecclesiale dobbiamo chiederci quale sostegno possiamo offrire, non solo come realtà caritative. Ci si era mobilitati in massa in occasione del Family Day a causa del ‘pericolo’ dei Dico: possibile che si taccia di fronte a questa continua svalutazione e mancanza di politiche di sostegno alla famiglia! Siamo troppo rimasti a guardare questo non troppo lento ma inesorabile declino del nostro essere un Paese capace di Welfare. Non abbiamo fatto sentire la nostra voce in maniera congiunta e significativa quando veniva tradito il sostegno alla famiglia e ai deboli: ci siamo mossi singolarmente, senza coordinamento e senza avere una risonanza efficace attraverso i media. Abbiamo disertato la partecipazione pubblica quando piccole iniziative e spazi si sono timidamente aperti”.
“Occorre – concludono – trovare maggiore coraggio per un impegno politico che non sia solo tutela dei propri interessi (siano anche altissimi valori) ma impegno e competenza, perché questa nostra società non dimentichi chi ha dei problemi, non trascuri chi è senza lavoro e senza casa, offra strumenti a chi non sa come educare, non lasci indietro chi non ce la fa. Passione per l’uomo, impegno politico, testimonianza di carità possono essere alcune sfide che incoraggino a seguire un cammino dentro e fuori la comunità ecclesiale”.