Il metodo di Bibbiano è lo stesso dell’alienazione parentale
In questa intervista la prof.ssa Mazzoni spiega molto bene come alla radice del caso dei bambini manipolati dagli psicologi di Bibbiano ci sia un metodo sbagliato.
Guarda a caso, si tratta dello stesso metodo che in questo blog mostriamo applicato da chi nega che un genitore possa manipolare un figlio contro l’altro. Seguendo il filo rosso dei casi come Bibbiano si trovano le stesse argomentazioni pseudoscientifiche (e in certi casi le stesse persone) che compongono la piccola e rumorosa comunità di psicologi e avvocati che si ostinano a sostenere che l’alienazione parentale “non esiste”.
«Il Cismai è ancora fermo all’idea che la memoria del bambino non possa essere manipolata. Decenni di ricerche invece hanno provato che la memoria è manipolabile e vi si inducono facilmente falsi ricordi di ogni natura: non si possono contrapporre centinaia di studi pubblicati su riviste internazionali di peso, con le idee di una associazione italiana che, sia pure meritevole negli intenti iniziali, permette che i suoi associati mettano in atto comportamenti di vero maltrattamento.»
Quindi, in parole povere, chi nega l’esistenza dell’alienazione parentale di solito lo fa perchè non vuole essere disturbato mentre manipola psicologicamente i bambini.
Il caso Bibbiano. Mazzoni: «Bimbi sottratti, metodi assurdi»
La psicologa: «La politica unisca le forze e istituisca subito una commissione di specialisti. A Bibbiano tutto ciò che non andava fatto è stato fatto»
di Lucia Bellaspiga
(www.avvenire.it) 25.7.2019 — Su Bibbiano si litiga. Tutti contro tutti. Ma dietro la cortina fumogena della politica, a qualcuno interessa che cosa è successo davvero? Quale ideologia ha partorito il metodo di interrogazione dei bambini che, secondo gli inquirenti, ha condotto all’attuale disastro? Giuliana Mazzoni, da poco rientrata dal Regno Unito dov’era professore ordinario di Neuroscienze e Psicologia, è professore ordinario di Psicologia alla Sapienza di Roma: «L’eco mediatica creata dal caso di Reggio Emilia ha contribuito a informare, ma anche a disinformare. Sono stati assunti toni partigiani che non permettono di capire i punti fondamentali di quanto realmente sia accaduto».
Liquidiamo subito la questione politica, allora. A parte eccezioni meritevoli, come quello della deputata Stefania Ascari che si era già mossa in tempi non sospetti, i partiti stanno solo facendo una chiassosa campagna elettorale. Dall’altra parte inviterei poi il Pd a non difendere l’indifendibile e tenere una posizione neutrale, che sia finalizzata a un intervento positivo: questo per ora non accade e da cittadina me ne rammarico. La politica deve subito attivare una commissione di esperti, ma esperti veri, che abbiano profonda dimestichezza con la letteratura internazionale sull’abuso e sull’ascolto dei minori. Intendo magistrati, avvocati, psicologi, antropologi, possibilmente accademici, per evitare finalità di lucro per sé o per i vari enti. Tre i compiti: valutare in modo obiettivo quanto è accaduto in Italia negli anni ’90, quando sono iniziati i casi collettivi di presunti abusi; esaminare le linee guida usate per le audizioni dei minori; stendere un protocollo che utilizzi come base la Carta di Noto, che si rifà alla letteratura scientifica internazionale.
È questo il nodo: nella Bassa Modenese decine di bambini furono suggestionati fino a ‘ricordare’ riti satanici e uccisioni mai avvenute. A Reggio Emilia 20 anni dopo siamo allo stesso punto? Esistono da tempo linee guida riconosciute dalla comunità scientifica internazionale, come la Carta di Noto e il Protocollo di Venezia, ma poi ci sono associazioni che si creano le loro linee guida personali e questo crea situazioni molto pericolose, come emerge dall’indagine di Reggio Emilia. In teoria predicano modalità non suggestive nell’ascolto dei bambini, nei fatti il principio è disatteso. Il Cismai è ancora fermo all’idea che la memoria del bambino non possa essere manipolata. Decenni di ricerche invece hanno provato che la memoria è manipolabile e vi si inducono facilmente falsi ricordi di ogni natura: non si possono contrapporre centinaia di studi pubblicati su riviste internazionali di peso, con le idee di una associazione italiana che, sia pure meritevole negli intenti iniziali, permette che i suoi associati mettano in atto comportamenti di vero maltrattamento.
Biella, Rignano Flaminio, Bassa Modenese, ora Reggio Emilia: ovunque bambini diventati ‘accusatori’ dopo essere passati nelle mani di assistenti sociali e psicologi formati a quel metodo. Era già successo negli Stati Uniti negli anni ’70: decine di adulti incriminati. Poi si scoprì che a creare il caso era stato proprio il modo sbagliato di interrogare i piccoli. Da qui la spinta per la comunità scientifica americana a studiare linee guida che evitassero di indurre falsi ricordi: i bambini sono molto influenzabili.
Quali gli errori da non fare? Come è noto, non esistono sintomi specifici di abuso sessuale, ‘riconoscerne’ a tutti i costi, magari perché il bambino ciondola a scuola, o non mangia, o fa pipì a letto, ha creato veri disastri giudiziari. Non è vero poi che il bambino non mente mai, basta vedere i video dell’inchiesta ‘Veleno’ con gli interrogatori dei minori nel 1998 a Mirandola: il bimbo resiste, tace, si distrae, ma quando l’adulto insiste il piccolo cede, racconta quello che sa che si vuole da lui. E di conseguenza si modificherà il suo ricordo… Solo cure difficilissime potranno un giorno restituirgli la verità.
Dolo o incompetenza? Ciò che è accaduto a Reggio Emilia, secondo l’ordinanza del gip, è chiaro dolo, ma certo gioca una grande parte anche la voluta ignoranza dei principi della Carta di Noto, addirittura disdegnata. Il problema è un metodo che parte con la convinzione a priori che ci sia un abuso e usa tecniche volte a trovare tutte le prove possibili. È facilissimo trovarne, anche se spurie. Dalle intercettazioni di Reggio Emilia emerge come nel delicatissimo lavoro di ascolto dei bambini ci sono state vere torture psicologiche. Si è fatto e detto tutto ciò che non si deve fare e dire, minacce, travestimenti, bugie («tuo papà è morto, facciamo il funerale»).
Da dove nasce una cosa tanto inconcepibile? L’origine affonda nel ‘Protocollo di intesa nel contrasto all’abuso’ stilato il 21 gennaio 2004… Se letto bene, quel Protocollo spiega tutto quanto accaduto a Reggio Emilia e mette nero su bianco i princìpi che hanno guidato forze dell’ordine, servizi sociali, Asl, magistrati nel caso dei ‘Diavoli della Bassa Modenese’. Vi si scrive che su un minore si agisce anche se l’abuso è raccontato ‘da notizia anche indiretta, lacunosa, anonima, poco circostanziata’, il che permette, come si è fatto, di procedere anche solo per un semplice sospetto. Poi si parla della ‘necessità’ di agire immediatamente, allontanando il minore da casa senza informarlo di ciò che sta accadendo, senza più fargli vedere i suoi, senza accettare che il bambino possa dire che non è avvenuto niente. Basta che una qualunque persona accenni al sospetto di un potenziale abuso perché il bambino sia rimosso, prima ancora che tale sospetto venga minimamente confermato da indagini. I genitori non sapranno più niente di lui e lui di loro, per evitare che ritratti quanto ‘confessato’. E la chiamano tutela del minore.
Fonte/Credits:Lucia Bellaspiga www.avvenire.it