N.28915 – Stop assegno di divorzio all’ex che convive anche in assenza di una coabitazione quotidiana
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione chiarisce che l’instaurazione di una convivenza more uxorio determina la perdita del diritto all’assegno di divorzio anche laddove non sia caratterizzata da una coabitazione quotidiana, qualora comunque l’ex coniuge pernotti abitualmente presso il proprio partner, e disponga delle chiavi dell’appartamento di quest’ultimo.
Nella fattispecie, in sede di reclamo avverso un provvedimento di revisione dell’assegno a carico dell’ex marito, aumentato da € 900,00 a € 1.400,00 mensili, la Corte d’Appello di Catania aveva rovesciato completamente il verdetto di primo grado revocando detto assegno proprio in ragione della convivenza intrapresa dall’ex moglie con il suo compagno.
Avverso tale decisione quest’ultima propone ricorso per cassazione, lamentando che la corte distrettuale erroneamente aveva qualificato come convivenza more uxorio quella che invece, a suo dire, era solo una libera relazione sentimentale, come tale non rilevante ai fini in questione.
La Suprema Corte, innanzitutto, esclude che la Corte d’Appello fosse incorsa in una violazione di legge (in particolare in relazione all’art. 5 c.10 L. n. 898 del 1970), richiamando il proprio prevalente orientamento secondo cui, ove il coniuge divorziato instauri con il proprio partner una convivenza stabile e non meramente occasionale deve presumersi la formazione di una nuova famiglia di fatto, la quale -rescindendo ogni legame con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed essendo espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto-, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale e fa venir meno definitivamente ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile (Cass. n. 17643 del 2007; Cass. 6855 del 2015; Cass. n. 2466 del 2016; Cass. n. 4649 del 2017; Cass. n. 2732 del 2018; Cass. n. 406 del 2019; Cass. n. 5974 del 2019; cfr. Cass. n. 18111 del 2017 che ha pure precisato che non assume rilievo la successiva cessazione della convivenza di fatto intrapresa dall’ex coniuge beneficiario).
In secondo luogo, la Cassazione rileva come la motivazione addotta dalla Corte d’Appello al fine di revocare l’assegno di divorzio fosse immune da vizi logici, basandosi sulla prova, fornita dall’ex marito, dell’instaurazione di una nuova relazione di lunga durata da parte dell’ex moglie, che riceveva contribuzioni economiche dal nuovo compagno, con il quale trascorreva da anni le vacanze e soprattutto condivideva i progetti di vita quotidiana, fermandosi a pernottare con grande assiduità nella sua abitazione, di cui possedeva le chiavi; nonché rivestendo cariche sociali nelle società a lui riconducibili e utilizzando mezzi di tali società.
In particolare, rispetto all’affermazione dell’ex moglie di non convivere stabilmente, avendo locato un’abitazione a proprio nome per alloggiarci allorquando non pernottava presso il compagno, secondo la S.C. correttamente la Corte d’Appello ha rilevato che non può confondersi il concetto di coabitazione quotidiana con il concetto di convivenza more uxorio, nell’accezione di libera formazione di un nuovo progetto di vita, costante, stabile e continuativo tra due persone, che è quello che soltanto rileva ai fini della revoca dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile. Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna alle spese secondo il principio di soccombenza.
La decisione di ritenere configurabile una convivenza more uxorio anche in assenza di una coabitazione quotidiana, purché abituale, è condivisa da chi scrive.
Essa è coerente, infatti, con le giuste conclusioni cui da tempo sono giunte dottrina e giurisprudenza prevalenti anche in ambito di matrimonio, laddove si ritiene che non ricorra una violazione del dovere di coabitazione qualora questa, pur essendo abituale, per giustificate ragioni (ad es. di lavoro, studio o salute) non possa essere quotidiana (si pensi all’ipotesi sempre più frequente in cui i coniugi lavorino in due città diverse, e convivano nel fine settimana e durante le ferie).
Ciò che attribuisce stabilità alla famiglia, sia quella fondata sul matrimonio sia quella di fatto, è piuttosto la realizzazione di un comune progetto di vita e la regolarità della convivenza.
Riguardo all’effetto estintivo derivante dall’instaurazione di una convivenza more uxorio sull’assegno di divorzio, tuttavia, occorre segnalare che, nello stesso giorno in cui la sezione VI della S.C. pronunciava l’ordinanza in commento, la prima sezione della medesima Corte rimetteva gli atti al Primo Presidente perché valutasse di disporre la pronuncia delle Sezioni Unite sul tema, quale questione di massima di particolare importanza ex art. 374 c.p.c. c.2 (Cassazione civile, sez. I, 17/12/2020, n. 28995).
In particolare, si chiede in sostanza che le S.U. stabiliscano se, una volta instaurata una convivenza more uxorio, il diritto dell’ex coniuge all’assegno divorzile si estingua sempre e comunque, o se invece rimanga in vita -tutt’al più in misura ridotta se le circostanze lo richiedono- quando si fondi sull’esigenza di ricompensare quel coniuge del contributo personale ed economico fornito alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio familiare o personale dell’altro coniuge (in base al principio affermato dalla nota pronuncia delle S.U. del 2018 n. 18287).
Secondo il Collegio, infatti, se è vero che il principio di autoresponsabilità impone che il coniuge economicamente debole si assuma la responsabilità della propria scelta di formare una nuova famiglia di fatto, accettando il venir meno di ogni legame anche economico con il precedente rapporto matrimoniale, è anche vero che il medesimo principio esige che il coniuge economicamente forte continui comunque ad assumersi la responsabilità della propria scelta di aver richiesto all’altro coniuge durante la vita matrimoniale un apporto e una dedizione alla famiglia significativamente maggiore, e quindi personali sacrifici e rinunce anche rispetto alle aspettative lavorative e professionali.
Per sapere se le Sezioni Unite condivideranno questa tesi, dunque, non ci resta che attendere.
Avv. Stefano Valerio Miranda