Risposta ad un sedicente comitato madri
Un sedicente “Comitato Madri Unite contro la Violenza Istituzionale” ha inviato ai media e ad alcuni Ministri un comunicato stampa nel quale illustra una sorta di manifesto volto a ‘denunciare una malpractice ormai diffusa capillarmente che ha portato a totale discriminazione e pregiudizio verso le madri’.
Ancora una volta si è persa un’occasione per affrontare temi importanti che riguardano i nostri figli e il loro benessere, in particolare quanto accade dopo la separazione dei due genitori.
Quanto viene raccontato in quel manifesto https://www.dire.it/08-01-2021/592510-minori-un-manifesto-contro-le-consulenze-tecniche-dufficio-negli-affidi-post-separazione/ infatti mistifica la realtà, con i toni rabbiosi di chi non vuole accettare i cambiamenti positivi che, seppur troppo lentamente, stanno avvenendo anche in Italia.
Da tenere ben presente che l’affido dei minorenni in Italia, comporta la destinazione del minore oltre il 90% dei casi presso la madre, pur se di Affido Condiviso si tratta, determinando una disparità frequentativa dei figli rispetto ai due genitori talmente ampia che verrebbe da chiedersi a parti inverse la componente materna come reagirebbe.
Questo inciso è importante perché induce ad una ipotesi e cioè che in questo comitato di madri rientrino anche quello scarso 8-10% rimanente alle quali i giudici non hanno destinato l’alloggio primario dei figli e che vorrebbero portare a quota 100% con destinazione unica presso l’ambiente materno.
Contrariamente a quanto sostiene il comunicato, i fenomeni di disaffezione genitoriale, (quando il genitore col domicilio prevalente, mette in cattiva luce l’altro genitore agli occhi dei figli), sono sempre più diffusi nelle separazioni conflittuali, almeno quanto i comportamenti messi in atto per ostacolare la frequentazione dei figli presso l’altro genitore, le numerosissime denunce strumentali per falsi abusi o violenze inesistenti (strategia spesso suggerita da professionisti senza scrupoli), i conflitti di lealtà indotti ad arte nella mente dei più piccoli, tutte tristi consuetudini. La nostra esperienza di associazione di genitori ‘non collocatari’ ci porta a dire che quasi tutti i genitori che seguiamo hanno subito una o più di queste situazioni.
La ragione per cui ciò accade è semplice: chi mette in atto queste azioni deleterie sfrutta il tanto tempo che trascorre con i figli e approfitta di leggi che in qualche modo assecondano tali odiosi comportamenti. Infatti quasi sempre l’autore resta totalmente impunito: le norme sono assenti o sono ancora troppo vaghe per colpire adeguatamente i responsabili di queste infime forme di violenza, veri e propri abusi nei confronti dei figli e dell’altro genitore.
Ma il comitato sopra citato va oltre: non si limita a negare l’evidenza e le esperienze subite da decine di migliaia di genitori, attacca ferocemente i consulenti d’ufficio nominati dai Tribunali (detti CTU) che ‘osano’ talvolta evidenziare questi fenomeni, quando sono palesemente manifesti, e addirittura contesta il diritto alla bigenitorialità e la legge 54 del 2006 sull’affido condiviso che ne ha sancito l’applicazione, almeno teorica.
E’ doveroso sottolineare che il diritto alla bigenitorialità è un diritto inviolabile e fondamentale già sancito nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e da numerose convenzioni europee. Consiste nel diritto del bambino di potersi relazionare con entrambi i genitori, la mamma e il papà, elemento essenziale per una crescita equilibrata.
Il presupposto di partenza, supportato unanimemente dalla scienza, è che le due figure genitoriali sono, nel loro diverso ruolo, complementari ed entrambi importanti per la crescita della personalità umana. La legge 54 del 2006 (Affido condiviso dei minorenni) ha cercato di metterla in atto.
Purtroppo questa legge di condiviso ha solo il nome e in Italia è rimasta in gran parte disapplicata: una sciagurata prassi giurisprudenziale ha ‘inventato’ la figura (inesistente nella legge) del genitore “collocatario”, attribuendo all’altro genitore gli oneri economici del mantenimento e i cosiddetti ‘diritti di visita’, odioso termine che vuole indicare i limitati periodi che il genitore non collocatario (oltre il 90% dei casi il padre) può trascorrere con i propri figli.
Tempi spesso così ridotti da provocare grandi sofferenze ai figli e al genitore e ai figli, e a questi ultimi varie problematiche psicologiche e anche fisiche (la cosiddetta ‘parental loss’). N.B.: Si calcola che il tempo di frequentazione dei figli coi propri genitori è circa il 20% col padre e l’80% con la madre.
L’esperienza dei Paesi che da molto più tempo affrontano queste problematiche (Nord e centro Europa, USA) insegna che il massimo benessere dei bambini figli di genitori separati viene raggiunto solo con un affido materialmente condiviso, cioè con tempi di accudimento similari tra i due genitori.
Una formula che presenta anche il vantaggio di far crollare drasticamente la conflittualità tra i genitori che si separano rendendo l’ambiente familiare molto più sereno. E’ la serenità per il minorenne l’obiettivo che le associazioni come la nostra intendono raggiungere: diritto alla bigenitorialità, tempi di accudimento equipollenti, mantenimento diretto. Idea di cui dovrebbe essere portatore un autentico movimento femminista, che noi auspichiamo e con cui vorremmo collaborare: i genitori devono essere gravati di pari responsabilità nella cura, educazione e mantenimento dei figli, anche se separati.
Si parla pertanto della realizzazione di un’autentica parità genitoriale, concordata e compatibilmente con gli impegni reali dei due genitori.
Ovviamente non si fa riferimento ai casi, in cui siano presenti reali e accertate violenze fisiche o abusi, fortunatamente molto pochi in Italia: questi sono già trattati dal codice penale, non dalle leggi civili, e perseguiti da norme molto severe.
L’impressione pertanto è che questo comitato di ‘Madri Unite’ stia tentando solo di strumentalizzare situazioni eccezionali per raggiungere altri scopi: mantenere lo status quo ed evitare ogni cambiamento, per consentire la perpetuazione di anacronistici privilegi economici (ad esempio l’assegno di mantenimento e il possesso della casa familiare) e parallelamente mantenere il potere sui figli e sulle decisioni che li riguardano.
Questa cultura, fortemente misandrica ed antagonista, non ci appartiene.
La logica che ci ispira è il benessere dei nostri figli grazie al confronto e alla collaborazione tra le figure genitoriali, alla realizzazione del diritto alla bigenitorialità e al raggiungimento di una piena parità genitoriale.
L’affido Condiviso è legge da migliorare tenendo presente che il bambino che perde la frequentazione di un genitore, perde anche i nonni di quel ramo genitoriale, aspetto niente affatto secondario al quale alcuni tribunali, ben consapevoli, pare stiano sensibilizzandosi prestando più attenzione.
Una cultura madre centrica, così voluta da una ideologia sterile e pregiudizievole, inoltre, posiziona la figura femminile in una dimensione con ridotti tempi da dedicare alla propria emancipazione completamente fuori dalle logiche sociali ed economiche per l’indipendenza e l’autonomia della persona.
Una donna ridotta a figura unica e centrale nella cura dei figli, a cui tutto è dovuto, è la nemesi di ogni rivendicazione femminista.
Mauro Lami, presidente Colibrì