Cassazione N.9546/12 – Legittimo vietare al collocatario di indottrinare il figlio
Legittimo il provvedimento della Corte d’appello che, in sede di separazione tra i coniugi, impone alla madre collocataria di astenersi dal coinvolgere il figlio piccolo nella sua nuova scelta religiosa. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 9546/2012 che ha respinto il ricorso di una donna che, al momento della nascita del figlio, aveva consentito che il piccolo fosse battezzato e seguisse una formazione religiosa cattolica.In seguito però si era convertita alla confessione religiosa dei Testimoni di Geova ed erano cominciati a sorgere problemi con il marito circa l’educazione religiosa del piccolo. Di qui la separazione dei coniugi e la scelta del collegio di merito di concedere l’affido condiviso e di collocare il minore presso la casa familiare con la madre alla quale, però, è stato imposto di non “indottrinare” il bambino al credo religioso per evitargli qualsiasi pregiudizio.
La donna si è quindi rivolta ai giudici della Cassazione sostenendo che con l’imposizione di precisi limiti ai contenuti del suo rapporto con il figlio, la Corte di appello aveva compresso le prerogative materne in materia di istruzione ed educazione della prole, discriminandola rispetto al padre, in ragione della sua adesione a una diversa confessione religiosa.
La Suprema corte, nel respingere il ricorso, ha affermato che l’articolo 155 del Cc consente al giudice di adottare ogni provvedimento relativo all’affidamento dei figli attenendosi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse della prole. L’esercizio in concreto di tale potere deve costituire espressione di “conveniente protezione del preminente diritto dei figli alla salute e a una crescita serena ed equilibrata e può assumere anche profili contenitivi dei rubricati diritti e libertà fondamentali individuali”, ove si paventi il rischio di compromettere il sereno sviluppo e al salute psico-fisica del minore.