Il bambino del mercoledì
Questo libro l’ho divorato, in 3 giorni l’ho finito, presa dalla smania di sapere se avrebbe avuto un lieto fine, presa dalla voglia di non abbandonare il Signor B e Giò al loro destino.
Più andavo avanti a leggere e più pensavo: spero solo che questa non sia una storia vera, sarebbe agghiacciante. Sì, agghiacciante, perché più che leggere un libro sulla difficoltà (e impossibilità) di un padre di stare con il proprio figlio, sembra di avere fra le mani un thriller; colpi di scena, ribaltamenti di fronti, cattiverie gratuite, tensione, c’è tutto.
Poi, qualche pagina prima della fine, mi sono decisa e ho controllato su Internet, ed ebbene sì, è tragicamente una storia vera. Oltretutto Schiavon vive nella mia città, è un giornalista del quotidiano cittadino.
Questa persona sono anni che non vede e non sente il proprio figlio, anni che, rapportati alla velocità con cui cresce un bambino, sono ere geologiche.
Ho visto qualche filmato tratto dalla sua partecipazione al programma tv “Matrix”: erano filmati del 2011 e, allora, erano quasi 5 anni che Schiavon non poteva avere contatti con il suo bambino (che, nel frattempo, aveva compiuto 12 anni).
Il bello è che il tutto è senza motivo! Nel libro viene spiegato tutto bene, il racconto è avvincente, il protagonista è davanti ad un Giudice a cui racconta tutta la sua storia, per filo e per segno. Non ci si imbatte in un attimo di lentezza, divagazione: l’autore ci tiene incollati al libro, sperando che prima o poi ci sia giustizia.
Non so come sia finita, ora che siamo nel 2013 e sono passati due anni da quei filmati che ho visto; spero tanto, per questa persona e per suo figlio, che si siano potuti finalmente ritrovare e cercare, per quel che è possibile, di recuperare i momenti persi, quelli che, purtroppo, non torneranno più. Farò il possibile per sapere come è andata a finire.
Vi lascio con una, purtroppo triste, ma esemplificativa frase, detta da Schiavon al conduttore di “Matrix”: “Questo è un romanzo. La mia storia è molto peggio”.