Risposta all’articolo dell’ avvocato Carlo Rimini
IN RISPOSTA ALL’ARTICOLO DI CARLO RIMINI AVVOCATO http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/405625/
La teoria del “pacco postale” – la preferita dai detrattori dell’affido condiviso – fa acqua da tutte le parti.
Una famiglia unita che vive a Roma, con la seconda casa al mare in Toscana o in campagna in Umbria, trascorre abitualmente per tutta la vita 5 giorni in città e 2 fuori, a seconda degli obblighi scolastici anche 4 in città e 3 fuori. Eventualità che si verifica particolarmente con figli molto piccoli, in età prescolare.
Non c’è un trasloco ogni settimana, ovviamente i bambini avranno doppia cameretta, doppi giocattoli, vestiti, amici …, a tutti gli effetti 2 contesti abituali, diversi e complementari.
Tutta la famiglia vuole che accada, quindi può accadere.
Opportunità mai descritta come un trauma per i minori, ma come una risorsa estremamente appetibile che purtroppo non tutte le famiglie possono permettersi. Se la coppia si separa irrompe la mutazione: diventa traumatizzante spostare i bambini da un quartiere all’altro della stessa città, mentre fino al giorno prima nessuno si è mai sognato di dire che era traumatizzante spostarli regolarmente da una regione all’altra.L’evento traumatizzante è un dato oggettivo, traumatizzante in quanto tale? Oppure diventa traumatizzante ciò che al momento può essere utile definire traumatizzante, uno strumento per ottenere altro?
Si tratta di una certezza scientificamente dimostrata, o di un luogo comune funzionale solo a conferire diritto di veto al genitore prevalente? È un diritto reale dell’infanzia, o serve a ribadire il “possesso” dei figli e ad alimentare la conflittualità? Se fosse un diritto dell’infanzia, chi sostiene la teoria del pacco postale dovrebbe, per onestà intellettuale, anche promuovere una legge che vieti l’acquisto di seconde case alle coppie con prole, o imponga la vendita in caso di proprietà precedente al parto.
Scrive inoltre l’avvocato Rimini: “Generalmente, ·nella prassi nei nostri tribunali, si prevede che il figlio, su un ciclo di due ·settimane, passi circa 10 giorni con il genitore convivente e quattro con ·l’altro (con un’equa divisione dei fine settimana e del tempo libero)”.
Ecco il punto: questo è il concetto di “condivisione”?
Affido esclusivo: uno/ due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese
Affido condiviso: uno/due pomeriggi a settimana e due domeniche al mese
In pratica un solo pomeriggio quando è prevista la domenica, due pomeriggi quando non lo è.
1) Se fosse valida la prassi arbitrariamente stabilita nei nostri tribunali, quella del 2006 non sarebbe una riforma ma la certificazione di inutilità della riforma. Ciò che accadeva prima accade anche adesso, le misure sono identiche, basta chiamarle con un nome diverso ed ecco che le coscienze sono a posto, tutti possono dire di aver fatto una grande riforma bambinocentrica.
L’apoteosi dell’ipocrisia, niente di più e niente di meno
2) i diritti dell’infanzia, sempre invocati ma mai concretamente applicati: quale letteratura stabilisce che l’interesse del minore sia avere un genitore prevalente ed uno marginale? Oltre alla ostinazione nell’alzare delle barriere, quale altro motivo c’è per mantenere un genitore “dominante” nel ruolo educativo e nei compiti di cura, ed uno residuale nei compiti di reperimento di risorse? Per quale bambino tre pomeriggi sarebbero “troppo”?
3) il sistema opera su due livelli, secondo dinamiche definite schizofrenizzanti in ambito psichiatrico: la sentenza che solitamente ottiene un padre separato gli impone infatti di considerare “normale” ed “obbligatorio” quello che lo stesso Diritto e la stessa Psicologia definiscono lesivo dei diritti del minore e del suo processo di crescita. Un genitore non separato che volesse trascorrere con il proprio figlio un week end ogni quindici giorni, sei/otto ore nei pomeriggi infrasettimanali, una settimana in inverno e due settimane d’estate, è considerato – dagli psicologi, dagli avvocati, dai periti, dagli assistenti sociali – un genitore trascurante. In un giudizio di separazione questa sua scelta lo farebbe definire genitore “inadeguato”.
Un genitore separato che non si accontenta di trascorrere con il proprio figlio un week end ogni quindici giorni e sei/otto ore alla settimana, una settimana in inverno e due settimane d’estate, è considerato un genitore che non vuole adempiere al dispositivo giuridico dunque conflittuale, potenzialmente abusante, inadempiente. E in un giudizio di separazione ciò lo farebbe definire genitore “inadeguato”. È la prova che i rapporti genitoriali non si conformano al prevalente interesse del minore, ciò di cui tutti parlano ma che nessuno applica, ma sono subordinati allo stato civile dei genitori stessi e al favor giuridico nel mantenere la figura del genitore “dominante”. Un sistema del genere è un sistema schizofrenico e schizofrenizzante perché obbliga a concepire l’essere padre (cioè: ad accudire la prole, istinto biologico potentissimo) in modi paradossali, e criminalizza il singolo che non accetta l’incongruenza del sistema.
Fe.N.Bi. Federazione Nazionale Bigenitorialità
Gesef. Genitori separati e figli
Genitori Sottratti
Genitori Negati
Papà Separati Lombardia
Papà Separati Liguria
Movimento Femminile Per la Parità Genitoriale
Figli Liberi