N.22798/2011 – Padre malato non può garantire il mantenimento ai figli
Non mantiene la figlia perché la chemioterapia gli impedisce di lavorare: assolto
Gli obblighi di mantenimento verso i figli vengono meno di fronte a una grave malattia. Non può infatti essere condannato il padre che non ha versato il mantenimento perché i cicli di chemioterapia non gli hanno permesso di lavorare.
A questa interessante conclusione è giunta la Corte di cassazione con la sentenza numero 22798 dell’8 giugno 2011.
In particolare la sesta sezione penale ha annullato con rinvio la condanna qualche mese di reclusione (in sentenza non è specificata la pena) e 200 euro di multa nei confronti di un papà genovese che non aveva ottemperato all’obbligo di mantenimento nei confronti della figlia.
La ex moglie lo aveva denunciato e lui si era difeso sostenendo che i cicli di chemioterapia cui era stato sottoposto gli avevano impedito di lavorare.
Una giustificazione insufficiente per il Tribunale e la Corte d’Appello ligure secondo cui l’uomo andava condannato.
Contro questa decisione lui ha fatto ricorso in Cassazione e, questa volta, lo ha vinto.
“La corte territoriale – hanno motivato gli Ermellini – ha liquidato con due brevi ed apodittiche proposizioni la impugnazione del padre, vertente proprio sul suo assoluto impedimento fisico al lavoro ed alla correlativa incolpevole mancanza di mezzi, rilevando che la condotta omissiva è provata dalla testimonianze raccolte e che è stata dimostrata la patologia da cui l’imputato era affetto, ma non la impossibilità a provvedere alle esigenze della figlia”. Questo discorso secondo il Collegio di legittimità è solo una “motivazione apparente”, in quanto da un lato era superflua “la notazione sull’inadempimento”, fra l’atro ammesso dall’uomo e dall’altro non spiega “come non abbia alcuna incidenza sulla sua capacità economica lo stato di malattia, nonostante la produzione della relativa documentazione medica attestante la sottoposizione a cicli di chemioterapia, proprio nel periodo di inadempimento. Insomma la Corte, posta di fronte a due dati che attestavano una condizione non volontaria di inabilità lavorativa e di deficit assoluto di reddito, non ha dato una spiegazione esaustiva “della ritenuta contraria permanenza della abilità fisica dell’imputato, non indicando quali fossero le fonti del suo convincimento, ossia quali elementi indicassero la volontarietà della assenza di interessamento e di contribuzione finanziaria da parte dell’imputato, nei confronti della figlia, nonostante lo stato di disoccupazione, l’origine dello stesso, e la incidenza sul fisico delle cure”.