N.48459/13 – Solo la povertà e non il reddito basso salva il padre che non paga gli alimenti
Solo la povertà e non il reddito basso salva il padre che non paga gli alimenti. Solo la prova della povertà salva il padre separato dal dovere di versare un assegno di mantenimento alla figlia minorenne: uno stipendio modesto non basta. La corte di cassazione, con la sentenza 48459, accoglie il ricorso del Pubblico ministero contro la decisione della Corte d’Appello che aveva assolto dal reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (articolo 570 del Cp) l’imputato. I giudici di seconda istanza avevano scelto la via della “clemenza” dopo aver visto la busta paga dell’uomo, che guadagnava 800 euro al mese. A pesare sul verdetto innocentista era stata anche la considerazione che il padre non convivente aveva versato somme che, benché inferiori agli importi stabiliti dal giudice in sede di separazione, raggiungevano i 10 mila euro. Tanto era bastato ai giudici di merito per escludere che il marito separato si fosse volontariamente sottrattatto all’obbligo di fornire alla figlia minore i mezzi per la sussistenza.
La Suprema corte valorizza invece altri elementi. I giudici della sesta sezione penale, danno credito alla testimonianza dell’ex moglie secondo la quale il marito, chef in un ristorante, doveva guadagnare di più degli 800 euro dichiarati.
Quello che la Cassazione chiede di verificare alla Corte d’Appello, a cui rinvia la causa per una nuova decisione, è l’esistenza di uno stato di povertà. Spetta all’interessato, infatti, fornire la prova di versare in una situazione di reale indigenza: la sola condizione che consente di escludere la responsabilità. Le difficoltà economiche non bastano.