DECRETO FILIAZIONE…parliamone dell’Avv. Rita Rossi
Come molti ricorderanno, il 2013 si era aperto con la riforma sulla filiazione (legge n. 219) che ha messo al bando tutte le distinzioni e le conseguenti disparità di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori di esso. Quella medesima legge aveva poi incaricato il Governo di completare la riforma, mediante una serie di aggiustamenti, chiaramente elencati.
Non si trattava, dunque, di approvare una nuova legge, una sorta di riforma bis; un intervento del genere, oltre che privo di senso, dopo che già la riforma era stata varata, avrebbe dovuto passare attraverso il confronto democratico in Parlamento.
Ebbene, il Governo rispettava rigorosamente i tempi affidati, tanto che pochi giorni prima del Capodanno 2013 veniva approvato definitivamente il D. Lgs. n. 154.
Lo zelo della Commissione Ministeriale è stato tale, però, che la stessa è incappata in un vero e proprio eccesso di delega, debordando vistosamente dal mandato ricevuto, e – diremo subito – con quali nefasti effetti.
Questo ci preme denunciare all’opinione pubblica, poichè non ci troviamo di fronte ad una mera irregolarità procedurale. Il problema vero è che per tale via abbreviata e non sottoposta all’approvazione del Parlamento sono stati divelti alcuni capisaldi fondamentali del sistema dell’affidamento condiviso (introdotto, si rammenta, con la legge n. 54 del 2006).
L’effetto è quello di una restaurazione dell’ Ancien régime, o per meglio dire, la ratifica di prassi applicative avviate dai giudici non coerenti e, anzi, contrastanti con lo spirito della riforma sul condiviso.
Questi, in particolare, gli interventi governativi che meritano censura e riguardo ai quali è indispensabile che la Commissione che ha elaborato il testo ( presieduta, peraltro, dall’illustre giurista Cesare Massimo Bianca) offra spiegazioni:
– Il primo intervento da censurare riguarda la consacrazione della figura del genitore cd. collocatario, figura non contemplata nella legge n. 54 eppure introdotta surretiziamente, in questi anni, dai giudici della separazione: laddove è evidente che nella figura predetta si annida il germe del genitore prevalente, quello di serie A insomma, con buona pace del principio della bigenitorialità.
Il Decreto ha, infatti, aggiunto tra le decisioni di maggiore importanza per i figli che, in mancanza di accordo tra i genitori, vengono decise dal giudice la scelta della residenza abituale del minore. Proprio come accade adesso nelle varie aule giudiziarie d’Italia: ma questo contrasta con la ratio stessa del sistema del condiviso, il quale poggia anche su di una frequentazione equilibrata e flessibile, depurata del concetto di “genitore collocatario” e di “genitore del week end”; e, anzi, ne dissesta l’intera impalcatura.
Tutto questo, diciamo per inciso, mentre in Francia passa la “doppia residenza” del figlio minore quale soluzione prioritaria, con una presa di distanza di anni luce rispetto al nostro ordinamento.
– E non solo; sempre in materia di residenza, per quanto sotto l’apparenza di una disposizione innocua, il Decreto Lgs. obbliga il genitore a comunicare all’altro l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio, prevedendo per l’ipotesi di inadempimento, l’obbligo di risarcire il danno che sia derivato a carico dell’altro o dei figli. Ad uno sguardo attento non può sfuggire che per tale via il genitore prevalente (che abbiamo visto essere stato sdoganato) potrà altresì trasferirsi altrove, decidendo unilateralmente di portare con sé il bambino – magari a 800 kilometri dall’abitazione consueta – semplicemente assolvendo all’obbligo di comunicazione nei confronti dell’altro. Nell’ipotesi peggiore, poi, l’altro genitore potrebbe venire a conoscenza dell’evento addirittura trenta giorni dopo. Tutto questo, una volta ancora, in barba al principio di bigenitorialità.
-Terzo punto della restaurazione: la riscoperta (se di riscoperta si può parlare) dell’assegno periodico di mantenimento per i figli. Ricordiamo che un significativo traguardo all’insegna della ripartizione effettiva delle responsabilità genitoriali era stato realizzato – nel 2006 – proprio con la previsione del carattere perequativo dell’assegno. Oggi risorge dalle ceneri (in realtà non spente) l’assegno ordinario periodico; e non c’è dubbio che le prassi applicative di questi anni, già riluttanti a superare il vecchio sistema di suddivisione dell’obbligo di mantenimento tra i genitori, ne usciranno rafforzate.
– Vi è, poi, il passaggio della non obbligatorietà dell’ascolto del minore: il giudice – questa è la novità – potrà valutare superfluo l’ascolto del minore, nei procedimenti di separazione consensuale. E ciò quando, all’opposto, la legge madre del dicembre 2012 ha consacrato il momento dell’ascolto quale vero e proprio diritto del minore, delegando il Governo soltanto a regolare le modalità dell’ascolto: ma vi può essere un diritto il cui esercizio da parte del suo titolare viene deciso dal giudice? E come farà poi il giudice a stabilire se, nel caso concreto, l’ascolto sia superfluo?
– Segnaliamo, ancora, il passaggio relativo alla perdita dell’ esercizio della responsabilità genitoriale a carico del genitore non affidatario, nelle situazioni in cui venga disposto l’affidamento esclusivo.
Considerato che, nella pratica, la giurisprudenza ammette l’affidamento esclusivo anche nei casi di conflittualità genitoriale che nuoccia al minore, si apre, in tal modo, la possibilità di escludere dall’esercizio della responsabilità genitoriale uno dei genitori in un numero estesissimo di situazioni, essendo sufficiente che ricorra conflittualità. Un pianeta, insomma, sul quale “bigenitorialità” è una parola priva di significato.
– Per non parlare, infine, del fallo insito nella previsione del potere del giudice di disporre l’affidamento familiare del minore, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori.
Di fatto – siamo sinceri – questo accadeva già, ma dare fiato alle trombe riguardo a siffatto istituto quando sono sotto gli occhi di molti i disastri che esso produce, non ci pare proprio il massimo dell’opportunità.
Per concludere, la ristrutturazione della disciplina sull’affidamento condiviso è già da tempo al vaglio degli organi parlamentari, con disegni di legge che vorrebbero rafforzarlo, e liberarlo dalle incrostazioni di cui già è stato fatto oggetto in questi anni.
Certo, anche la messa a punto di progetti di revisione in senso tradizionalista potrebbe essere considerata legittima (per quanto antistorica). Essa, però, dovrebbe rispettare le regole proprie di un sistema democratico. Accorciare la strada, e agire di sorpresa può essere efficace e risolutivo, ma esclude dal dibattito le associazioni e i gruppi della società civile la cui voce è indispensabile per compiere buone riforme.
Bologna, 14 gennaio 2014
A.N.F.I. Emilia-Romagna Colibri….
Il Presidente
Avv. Rita Rossi-