Incassa l’assegno per il mantenimento del figlia, ma la bimba non è del marito: condannata
Gli aveva tenuto nascosto per cinque anni che la bimba a cui aveva rimboccato le coperte ogni notte fosse sua figlia. Nonostante il giuramento di fedeltà del matrimonio, aveva sempre taciuto sulla relazione extraconiugale avuta in passato con un altro uomo, un vicino di casa, e che da quel rapporto fosse nata una bambina, poi cresciuta insieme. Tra numerose bugie e omissioni, anche dopo che il loro matrimonio era naufragato, aveva perseverato in modo da ricevere l’assegno di mantenimento.
Un comportamento deprecabile quello di Simona (nome di fantasia), 43 anni, condannata dalla corte d’Appello a un anno e dieci mesi di reclusione e a pagare 5mila euro di provvisionale per la parte civile, difesa dall’avvocato Raffaele Magliaro. La donna ha truffato per sei anni l’ex marito Marco (anche qui il nome è di fantasia), morto poco dopo l’inizio del dibattimento. Questi, dopo la separazione, ha versato il denaro per le primarie esigenze di vita di sua figlia. Circa 300mila lire al mese, dal 1999 al 2005, senza mai smettere, neanche quando è venuto a conoscenza di non essere il vero padre.
La vicenda comincia nel 1997, anno di nascita della bambina: il matrimonio va ancora a gonfie vele e Marco non immagina che la piccola non sia geneticamente sua figlia. Dopo un po’ il rapporto si logora. Nel 1999 Simona sbatte fuori casa il marito e inizia il processo di separazione con la donna a pretendere il mantenimento, che Marco versa senza battere ciglio. Nel 2002, in un’udienza al tribunale civile, la donna perde le staffe e dice al marito di non essere il padre di loro figlia.
L’uomo cade dalle nuvole e intenta una causa per il disconoscimento della paternità: Marco non vuole credere alle parole della moglie, pensa che sia una ripicca, e continua a versare i soldi per la figlia, anche in misura maggiore. Dopo tre anni il test del Dna conferma la verità. Marco smette di firmare l’assegno e denuncia i fatti. Ieri la seconda condanna per la donna, colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Fonte :http://roma.repubblica.it/