Manifesto degli ex mariti: “Trattati come delinquenti”
Nelle separazioni, la giustizia tutela comunque la donna ma l’uomo perde ogni diritto. La soluzione ignorata: i patti prematrimoniali
Nulla ci vieta di immaginare che tra qualche anno arriveremo a otto o dieci milioni di individui, che ogni tanto vengono presi in considerazione con un bonario patetismo ma ai quali finora non è stata offerta se non in rare eccezioni risposta alcuna al dramma che molti, troppi di loro consumano in vite trasformate nell’apoteosi nera della precarietà.
Lasciamo stare i casi estremi, come le bestie che abusano o uccidono le loro donne e che, giustamente, divengono oggetto di misure repressive crescenti e di pari attenzione mediatica.
No, stiamo parlando di uomini che si separano dalle loro ex-dolci-metà semplicemente perché è finito l’amore, perché un rapporto è chiuso, perché si è consumata quella fiamma che ha dato a marito e moglie l’energia per sposarsi e metter su famiglia. Gente normale, insomma.
Ecco, questa gente normale, questi uomini, devono affrontare e provare a superare una sequenza di due prove durissime. In primo luogo, in virtù di una legislazione sulle separazioni che a parte i piccoli maquillage normativi degli ultimi anni è clamorosamente sbilanciata a favore della donna e applicata con ulteriori sbilanciamenti, si tratta di persone che in un battibaleno perdono casa, affetti, patrimonio, sicurezze, e si ritrovano a dover gestire la loro nuova vita in una dimensione per cui la libertà diventa un fantasma da combattere con quattro spiccioli in tasca e non una nuova opportunità.
Un uomo separato, per esempio, viene mandato via di casa come un reprobo, viene privato degli elementi essenziali di un’esistenza decorosa senza che abbia commesso reato alcuno: non picchiava la moglie, non si è giocato l’appartamento in una bisca. Niente, nulla di tutto questo.
Ma nel nostro immaginario sociale ancora sopravvive l’idea e qui scatta una terribile inversione del concetto di pari opportunità che, quando un rapporto finisce, è quasi sempre l’uomo il colpevole e, dunque, è lui che deve pagare, è lui che deve sobbarcarsi i costi del fallimento di una coppia. È lui, insomma, che deve tenere botta. La donna, in questo caso, è superprotetta. Ciascuno di noi, senza scendere nel melodramma, conosce decine di storie di brava gente, che magari ha dei lavori anche ben retribuiti, ma che viene costretta ad accomodarsi in bugigattoli, dormire sul divano degli amici o, quando è possibile, tornare a casa dei genitori perché non ha la possibilità di prendersi un’abitazione decente, e poco importa se la normativa prevede la necessità che anche i padri debbano offrire ai figli una sistemazione adeguata.
L’ironia amara di queste cose vuole che gli unici uomini autorizzati a separarsi sono i ricchi, gli evasori fiscali e i poveri; il resto, la gente onesta, i lavoratori dipendenti, vanno incontro a uno schianto il cui dolore, per essere compreso, deve per forza venir vissuto. E arriviamo al secondo punto: nonostante la retorica politichese, l’uomo separato viene saltuariamente preso in considerazione solo in quanto «padre», ma mai in quanto uomo di trenta, quaranta o cinquant’anni a cui viene tolto tutto, compresa la possibilità di ricrearsi un’esistenza dignitosa.
Ai separati, per dire, non viene riconosciuta la «dignità» di sfrattati, e nemmeno la possibilità di detrarre i costi dell’affitto. Niente, nulla, tranne qualche intervento spot per i più sfortunati. È possibile che questa situazione prosegua ancora per molto tempo? Non credo, al netto delle cronache di quotidiana disperazione che però fanno poca audience.
Eppure, in tempi di famiglie scoppiate, allargate e allargatissime, la soluzione ci sarebbe: i famosi «patti prematrimoniali» che in Italia sono ancora carta straccia. Si bloccherebbe l’«industria delle separazioni», che fattura miliardi di euro all’anno. Si darebbe certezza a milioni di persone. Si realizzerebbero davvero le pari opportunità. Siglando, è questa la speranza, un patto tra uomini e donne soprattutto chi ha dei figli, frutto di un amore che non può essere gettato nel cestino delle sentenze
– ispirato a una nuova grammatica degli affetti.
Se la politica tiene davvero a risolvere urgenze che si colorano di drammi diffusi, ebbene, forse è arrivato il momento che si faccia qualcosa di serio. E per davvero.
Fonte:http://www.ilgiornale.it/