Veneto- Divorziati come gli invalidi Tre punti per le case popolari
Il sindaco del capoluogo dolomitico Massaro apre la strada. Agevolazioni e prestiti: il caso Belluno e la nuova legge regionale
VENEZIA – Casa alla moglie, alimenti ai figli, spese legali. E un disastro da un punto di vista psicologico e, alle volte, anche fisico. I divorzi rendono gli uomini (e le donne) invalidi. Almeno a vedere il punteggio che viene loro assegnato per accedere alle case popolari.
La Regione infatti nelle norme «per il sostegno delle famiglie monoparentali e dei genitori separati o divorziati in situazione di difficoltà» assegna agli uomini e alle donne che non navigano nell’oro e che vedono il loro matrimonio tramontare gli stessi punti che vengono attribuiti a chi ha fatto un grave incidente sul lavoro o a chi ha una malattia debilitante dalla nascita.
Ovviamente l’equivalenza del punteggio è solamente un caso, ma spiega bene perchè le associazioni che tutelano le coppie di separati hanno applaudito la Regione e soprattutto hanno dato il massimo sostegno al sindaco di Belluno Jacopo Massaro che ha preceduto tutti riconoscendo ai divorziati lo status di «poveri del XXI secolo» e stanziando sussidi per chi a causa della separazione si trova a dover combattere con uno stipendio che, al netto degli alimenti, non permette di arrivare neanche alla fine della prima settimana del mese. «Tanto di cappello di fronte alla scelta ammirevole del sindaco di Belluno – spiega Luisa Palamidessi, presidente regionale dell’associazione padri separati – Dopo tante chiacchiere e promesse, Belluno è il primo comune in Italia ad aver intrapreso questa strada. Speriamo che tante persone in difficoltà ricevano quanto prima un nuovo aiuto e che anche altre città emulino quanto prima la coraggiosa scelta del sindaco bellunese ». D’altra parte i divorzi in Veneto stanno aumentando e attualmente sono più di 200 mila le famiglie monoparentali. Anche per questo, prima ancora dell’operazione di Massaro, il consiglio regionale ha approvato una legge a firma di Antonio Pipitone e Arianna Lazzarini che mette sul piatto per i divorziati circa 500 mila euro, suddivisi in due fondi di rotazione.
Uno da 200 mila euro che verrà diretto al microcredito a tasso zero e un secondo da 300 mila euro che sarà destinato agli affitti. «In questi anni mi è capitato di incontrare decine di papà disperati che non riuscivano più a tirare avanti», spiega Pipitone che ha chiesto la collaborazione delle associazioni di divorziati per scrivere il testo della legge. «Gente che è costretta a dormire in macchina e che non ce la fa più», continua il consigliere regionale. La normativa regionale, che verrà pubblicata a breve sul Bur, permetterà l’apertura di sportelli che daranno supporto psicologico ai neodivorziati e una serie di informazioni sui percorsi legali da intraprendere. Nei casi più gravi inoltre sarà possibile accedere a piccoli prestiti a tasso zero – per pagare la caparra della nuova casa in affitto, per saldare il conto dell’albergo, per sopravvivere alle prime fasi della separazione – e accedere alle graduatorie per gli alloggi comunali. E proprio in accordo con i Comuni dovrà lavorare la Regione.
Prima di tutto con quelli come Belluno che hanno deciso di risolvere il problema autonomamente e poi con altre amministrazioni che hanno a disposizione alloggi e ricoveri di emergenza per i casi più disperati. D’altra parte, per usare le parole di Massaro, «le amministrazioni non possono restare a guardare». Sempre più spesso infatti uomini e donne mettono da parte orgoglio e autostima e si rivolgono ai primi cittadini per sopravvivere al mutuo, agli alimenti e al nuovo affitto. «È anche nell’interesse dei figli che servono norme come queste – conclude Pipitone – chi dorme in macchina o a casa di amici perché un affitto non riesce più a pagarlo finisce per non vedere più quello che resta della sua famiglia e questo è devastante per lui, per lei e per i bambini». «Spesso si tratta di persone che hanno sia un lavoro che uno stipendio – conclude il sindaco di Belluno – ma non riescono comunque più a vivere in maniera autonoma. Sono poveri che rischiano di non essere considerati tali perché, percependo un reddito mensile, sfuggono a qualsiasi strumento di aiuto sociale».