“L’amore e’ eterno finché dura”; questo il titolo di un film “commedia- romantica” diretto ed interpretato da Carlo Verdone che scegliendo questo titolo ha voluto rappresentare quanto l’amore matrimoniale purtroppo non dura “per sempre”.
E come sempre da una separazione se ne esce malconci non solo dal punto di vista emotivo ma anche, e soprattutto,economico. Lo sanno bene molti mariti che sono obbligati a versare l’assegno di mantenimento a mogli prive di reddito personale.
Il caso di cui si è occupato la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 14143 del 20 giugno 2014, vede come protagonista un marito che aveva chiesto la revisione dell’assegno di mantenimento, versato in favore della moglie, perché erano sopraggiunti nuovi oneri economici.
Sta di fatto però che tali debiti erano scaturiti dal volontario acquisto di un immobile e da una sanzione che gli era stata irrogata a seguito di un accertamento fiscale.
Così, nell’ambito di un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio la Corte d’Appello di Perugia aveva rigettato il reclamo, presentato da un ex marito, avverso un provvedimento del Tribunale di Terni che aveva confermato in favore della moglie l’obbligo di versare un assegno di mantenimento di €. 316,00 mensili nonostante le condizioni economiche del marito fossero peggiorate.
L’uomo aveva deciso quindi di rivolgersi Cassazione esponendo però censure non potevano essere oggetto del giudizio di legittimità.
Secondo gli ermellini la decisione della corte di appello di Perugia risulta adeguatamente motivata e non illogica perché, in sede di revisione, “il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti e dell’entità dell’assegno, ma deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto”; di conseguenza deve adeguare l’importo alla nuova situazione patrimoniale.
Secondo la Corte di merito non si erano verificati fatti nuovi tali da poter giustificare la revisione dell’assegno di mantenimento.
Il giudice di merito aveva correttamente precisato che l’esposizione debitoria dell’ex marito era scaturita da un cospicuo investimento di capitali e cioè da un acquisto immobiliare avente ad oggetto una abitazione a due livelli, nonché da una atto di accertamento di evasione fiscale che aveva comportato l’esborso di circa euro 5.560,00.
Logica conseguenza e’ che il marito non può venire meno al proprio obbligo di mantenimento della moglie.
Inoltre l’accertamento di una evasione fiscale ha messo in luce anche incertezze sull’ammontare degli effettivi redditi dell’ uomo verosimilmente superiori a quelli dichiarati.
Sulla scorta di queste argomentazioni la Suprema Corte rigettava il ricorso condannando il ricorrente alle spese processuali che liquidava in €. 1.000,00 per compensi ed €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Fonte: StudioCataldi.it