Cassazione – Matrimoni e Sacra Rota alt all’annullamento facile
Lo hanno stabilito ieri le sezioni unite civili della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di una ex moglie che si opponeva alla sentenza di delibazione di una causa religiosa da parte della Corte d’Appello di Venezia. È una sentenza importante, che pur non piacendo agli ambienti cattolici né ai tribunali ecclesiastici, afferma un principio: gli effetti, anche economici, del matrimonio non possono essere cancellati per sempre da un coniuge che non vuole passare attraverso una causa di divorzio. La convivenza va interpretata, dice la Cassazione, “agli effetti della Costituzione e della Carte dei diritti europea”. E non ammette cancellazioni. Come quella che invece porta con sé la “delibazione”, l’atto (che deve essere richiesto dopo la sentenza di nullità) con il quale la Corte d’Appello ammette, anche agli effetti civili, la sentenza di un tribunale religioso.
Non si tratta di un passaggio facile né scontato: chi richiede la delibazione, di solito, lo fa per ragioni economiche, in particolare per non pagare gli assegni di mantenimento. Le 2.500 coppie che ogni anno ottengono la nullità davanti alla Sacra Rota (cioè il terzo e definitivo grado del giudizio ecclesiastico) possono comunque risposarsi in chiesa: se il matrimonio è stato dichiarato nullo agli effetti religiosi, significa che non è mai esistito. Ma la legge italiana resta, e la moglie (o il marito, in una piccola minoranza di casi) economicamente più deboli possono ottenere un assegno di mantenimento dal Tribunale civile che si occupa di separazione e divorzi. La delibazione è un atto diverso, una terza procedura che serve proprio a cancellare a ogni effetto civile quel matrimonio, e chi la richiede, di solito, lo fa per ragioni economiche, per annullare ogni “debito” verso il suo ex.
Spiega Ilaria Zuanazzi, docente di diritto canonico e ecclesiastico all’Università di Torino, prima donna a essere nominata giudice nel Tribunale ecclesiastico del Piemonte: “L’esigenza di dare adeguata tutela giuridica anche sotto il profilo economico al coniuge “più debole” mi sembra comprensibile. Il problema è che la giurisprudenza si è voluta sostituire all’inerzia del legislatore. In Parlamento giacciono disegni di legge che propongono di estendere alla delibazione delle sentenze canoniche di nullità la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi prevista dalla normativa sul divorzio, come un eventuale assegno di mantenimento. Precludere la delibazione per non danneggiare uno dei coniugi pregiudica il diritto dell’altro di ottenere un provvedimento di giustizia previsto dal concordato con la Chiesa”. E ancora: “Nei tribunali ecclesiastici regionali non ci occupiamo degli aspetti economici. La decisione di chiedere la delibazione agli effetti civili della sentenza canonica rientra nella responsabilità di ciascuna delle parti. La Chiesa, peraltro, raccomanda sempre ai coniugi di osservare comunque i doveri di giustizia sia verso l’altro coniuge, sia verso i figli”.