Chi non rispetta le sentenze deve tremare, altro che picchetti ! di Gian Ettore Gassani
La vicenda familiare di Cittadella è stata senz’altro uno scossone per le coscienze degli Italiani. Non c’è dubbio che molti giudizi siano stati, per i non addetti ai lavori, il frutto della emotività del momento e sappiamo che tutto ciò che è emotivo produce solo danni. Il filmato del bambino trascinato, mandato in onda dalla RAI nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto”, ha avuto senza ombra di dubbio un effetto scatenante in Italia e nel mondo.Devo, tuttavia, prendere atto che a molti che hanno espresso opinioni sulla vicenda sia sfuggito di mano il punto centrale del problema. All’improvviso sono sorti due partiti contrapposti: quello dei padri contro quello delle madri. Tutti si sono schierati con giudizi inquinati da contrapposizioni di genere, entrando nel merito della vicenda, finendo con il diventare “tifosi” del padre o della madre.
Nulla di più sbagliato e imperdonabile.
Occorreva creare, invece, il “partito dei bambini”. “Il padre aveva ragione, aveva vinto la causa, che doveva fare?” oppure “La madre è sempre la madre!” Nulla di più fuorviante! Queste sono considerazioni che semplicisticamente sono state esternate ogni qualvolta si è tentato di evitare il confronto su un livello molto più alto. Cioè capire se siamo in un paese serio o no, se sappiamo fare rispettare le leggi o no, se le sentenze sono carta straccia o no.
Di tutto si è parlato tranne che dello stato d’animo del bambino di Cittadella nel quadro di una visione adulto-centrica del problema. Innanzitutto nessuno deve disquisire sul merito del provvedimento della Corte di Appello di Venezia, non essendo nessuno, al di fuori delle parti e dei loro legali, a conoscenza delle carte processuali. Invece quasi tutti sono entrati nel merito della decisione rifacendo il processo. Anche questo è l’Italia.
Mi fido, pertanto, della sentenza della Corte veneziana perché per il momento è l’unica verità che conosciamo, ci piaccia o no. Se la madre è stata dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale (molti assurdamente parlano ancora di “patria potestà”) vuol dire che sono stati individuati, fino a prova contraria, elementi fondati. La decadenza della potestà è il più grave dei provvedimenti nei confronti di un genitore e non vengono emessi, di solito, alla leggera. Ma ci sono eccezioni anche in tal senso. Se poi la donna ritiene di aver subito un’ingiustizia potrà continuare a sostenere le proprie ragioni.
Ma per adesso la sentenza è questa e va rispettata, anzi andava rispettata già tre anni fa. Perchè dal 2009 il bambino è restato a vivere con una madre ritenuta dalla stessa giustizia minorile come inadeguata o pericolosa? Non vi sembra questa situazione un assurdo giuridico?
Ciò premesso è in discussione, e non altro, il tipo di esecuzione del provvedimento, cioè il “come” e il “dove” della “cattura” del bambino. È mai concepibile prelevare con la forza un bambino, con l’ausilio della Polizia, davanti agli occhi sbigottiti dei suoi piccoli compagni di classe? Che roba è questa? Tutti erano al corrente, dati i precedenti, che il bambino avrebbe opposto una strenua resistenza atteso il plagio di cui era vittima secondo i giudici. Quindi perché “forzare la mano in quel contesto?” Chi restituirà un minimo di tranquillità a questo bambino dopo essere stato trascinato come un sacco di patate davanti a tutti?
Certo “la sentenza è giusta”, rispondono i superficiali di turno, molti dei quali da sempre schierati ad oltranza contro il sistema della giustizia minorile e oggi sono pronti a rimangiarsi tutto perché adesso conviene stare zitti sugli squassi della giustizia minorile … Che la coerenza sia un optional in Italia è un dato di fatto incontrovertibile, ma ci deve essere un limite anche a questo.
Io sono sempre stato critico in modo costruttivo del sistema giudiziario minorile e non certo cambio idea, a prescindere dai fatti di Cittadella. Al di là del filmato incriminato, tutti sappiamo che ogni giorno in Italia vengono effettuati blitz delle Forze dell’Ordine negli asili e nelle scuole per eseguire ordini emessi dai Giudici minorili. E’ una prassi consolidata, non una eccezione padovana. La mia analisi, pertanto, non deriva da meraviglia e stupore per quanto si è visto in quel filmato. Chi è del settore conosce bene da anni questa situazione. Nulla di nuovo e di diverso è accaduto a Cittadella.
Cosa è che non mi convince di questa situazione? In primo luogo ciò che mi ha lasciato senza parole è che durante il “prelievo” del bambino fossero fisicamente presenti i genitori del minore e un gruppo di parenti materni. Chi li aveva avvisati? Perché è stato consentito loro di fare il “picchetto”? Perché la Polizia, davanti alle resistenze della madre, della zia e del nonno materno del bambino, non li ha allontanati o arrestati data la flagranza dei reati in cocorso di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale? Reati per i quali costoro ora sono indagati… Se nel corso di un’esecuzione di un provvedimento giudiziario io contrastassi il dovere delle Forze dell’Ordine, io verrei arrestato all’istante.
Perché due pesi e due misure? Allora mi chiedo perché i parenti del bambino hanno potuto fare tutta quella gazzarra? E perché al padre è stato concesso di procedere attivamente all’esecuzione atteso che addirittura trascinava per le gambe il bambino aiutato da un poliziotto? Che roba è questa? Aveva ragione, si è vero, ma chissenefrega!!!! Lui doveva fare il padre, non l’ausiliario dei poliziotti. La procedura non consente alle parti di eseguire personalmente e con la forza un ordine come questo.
Ferma la mia gratitudine nei confronti del sacro e insostituibile lavoro delle Forze dell’Ordine, non posso in questa occasione esimermi dall’esprimere forti perplessità sul conto di quei poliziotti di Cittadella, che hanno omesso di procedere ad azioni preliminari e incisive nei confronti di alcuni adulti che commettono reati. Si sono limitati a prelevare il bambino senza liberare il campo da presenze indebite, sia della madre che del padre, quest’ultimo parte attiva dell’esecuzione.
Se i poliziotti avessero rispettato la legge e i protocolli, la zia del bambino non avrebbe potuto filmare la scena e non ci sarebbe stato il clamore mediatico che ne è derivato, che è il vero danno verso il bambino. È questo il problema, e non stabilire chi avesse ragione tra padre e madre. Per quelle ci hanno già pensato i giudici. Non basta una sentenza giusta se non la si sa eseguire perché la corretta esecuzione di una sentenza è legge e non una mera attività discrezionale delle Forze dell’Ordine.
In uno Stato di diritto, come il nostro, ogni regola e ogni prassi devono essere conformi alla legge. Anche un mancato arresto è violazione della legge. I bambini vanno rispettati, con energia e vigore, tutto il resto è noia. La presenza dei parenti del piccolo non solo è stata una sfida allo Stato (non a caso sono stati denunciati) ma è stato un modo per accrescere il disagio del minore che, davanti alle urla della madre e della zia, era assolutamente consapevole, in cuor suo, di essere vittima di una ingiustizia. Anche dal punto di vista psicologico, dunque, la Polizia ha sbagliato, insieme agli assistenti sociali e psichiatri, che, a quanto pare, erano presenti a quella orrenda gazzarra. In modo dilettantesco, invece di portarsi prima i parenti, si sono limitati a prelevare il bambino in quel contesto allucinante.
Ripeto un concetto. Non è la Polizia ad essere sul banco degli “imputati”, ma la serena valutazione nei confronti di quei poliziotti “buonisti” deve essere fatta senza peli sulla lingua. Ecco perché trovo tragicomico che da una parte Manganelli abbia chiesto scusa per l’operato di quegli agenti mentre alcuni “sindacalisti” della P.S. siano andati in tv a fare una difesa corporativa, non richiesta, inutile e controproducente. Poi c’è da verificare se i giudici veneziani avessero dato precise istruzioni alle Forze dell’Ordine sul come eseguire il provvedimento. Pare di no. E se ciò fosse confermato sarebbe gravissimo.
Nella giustizia minorile l’esecuzione di un provvedimento non è un dettaglio: è l’aspetto più importante. Pertanto la giurisdizione non può limitarsi a sfornare sentenze “perfette” senza controllare come vengano eseguite. L’esposto che l’AMI presenterà al Ministero della Giustizia mira ad accertare se vi sono state responsabilità in tal senso. Non è una crociata contro qualcuno a priori, ci mancherebbe altro. Ma un’associazione come la nostra, che si dichiara schierata dalla parte dei bambini, non può restare indifferente rispetto allo scempio di Cittadella.
Non vogliamo più vedere quelle scene orrende. In futuro chi non rispetta l’esecuzione di una sentenza dovrà tremare e sapere che può finire in galera. Già perché è questo il vero punto centrale della questione. In Italia le sentenze in sede familiare sono un consiglio. Invece sono un ordine che deve essere rispettato perché siamo in una democrazia dove le sentenze sono emesse in nome del popolo. Nelle peggiori dittature, invece, le sentenze vengono eseguite ad personam, a seconda delle aderenze politiche e di potere dell’interessato. Nei paesi dell’UE chi non rispetta le sentenze va in galera. In Italia, paese dei balocchi, tutto questo non accade. Nessuno ha paura delle conseguenze di un rifiuto a rispettare un ordine ed ecco perché si arriva alla tragedia di Cittadella. Chi non rispetta le sentenze deve tremare. Altro che picchetti…
Del pari le Forze dell’Ordine che non bloccheranno sul nascere chi tenta di impedire che la legge faccia il suo corso, dovranno rispondere delle loro azioni/omissioni. Questo è il punto centrale della mia analisi, non il merito del provvedimento della Corte di Appello di Venezia. Il provvedimento semmai doveva essere assolutamente eseguito prima, subito dopo la sentenza del 2009. Restano, tuttavia, le mie antiche perplessità sullo stato attuale della giustizia minorile in Italia. Non mi stancherò mai di ringraziare i tanti valorosi giudici minorili che in questi anni hanno tutelato migliaia di bambini. Ma adesso è ora di cambiare pagina. E per questo occorre trovare unità di intenti senza più partiti pro padri e madri o di voltagabbana che fanno come gli struzzi pur di sostenere l’insostenibile.
L’attuale sistema giudiziario minorile è stato superato dalla storia. C’è troppa disorganizzazione e troppa improvvisazione, non tutti i tribunali sono preparati a fronteggiare le emergenze. A ciò si aggiunga la carenza di un lavoro di rete tra le varie figure professionali che rende tutto più difficile. I Tribunali per i Minorenni hanno troppo delegato la propria funzione ai Servizi Sociali e ai Giudici onorari. E continuano a non rispettare le regole del giusto processo e della terzietà del Giudice (art. 111 Cost.) e del vero e autentico diritto di difesa (art. 24 Cost.).
Urgono riforme importanti, al di là di ciò che è accaduto a Cittadella. Da anni l’AMI rivendica il varo del Tribunale per la Famiglia o delle Sezioni Specializzate per la Famiglia. Abbiamo bisogno di supergiudici, iperspecializzati che si occupino dell’intera materia evitando il caos dell’attuale frammentazione delle competenze giurisdizionali. Sogno una giustizia veloce, autorevole, che si faccia rispettare punendo subito chi la viola impunemente come accade tutti i giorni.
Dunque auspico che i Tribunali per i Minorenni vengano abrogati e che cambino le regole del gioco dove i giudici togati sono una cosa, mentre i servizi sociali, ferma la loro insostituibile funzione, facciano ciò che sanno fare e non altro. Cambiando il sistema si proteggeranno davvero i nostri figli e la bigenitorialità vera e non ci sarà più bisogno di trascinare un bambino per eseguire (a distanza di anni) un provvedimento del giudice. Ma per fare questo ci vogliono uomini e donne coraggiosi che sappiano fare un blocco comune e sui grandi temi sappiano trovare le sintesi e le condivisioni giuste. Una società dove le sentenze sono scritte sull’acqua è una società malata. Curiamola!
Avv. Gian Ettore Gassani
Ami Nazionale