N.7452/12 – Parla male del papà deve risarcire i danni
Parlare male ai propri figli dell’altro genitore, dopo la separazione, può far scattare, a favore di quest’ultimo e del figlio stesso, il risarcimento del danno.
I figli non sono strumenti attraverso i quali canalizzare il proprio odio nei confronti dell’ex; non sono uno strumento di ritorsione per un matrimonio mal riuscito. I bambini sono casse di risonanza e tutte le emozioni in loro si amplificano.Consapevole di ciò, la Cassazione – con una sentenza originale e quasi storica – ha voluto punire severamente la condotta di una madre che aveva mostrato così tanta acredine nei confronti dell’ex marito – sino al punto da accusarlo ingiustamente di aver abusato della figlia – da generare in quest’ultima la sindrome da alienazione genitoriale (cosiddetta PAS, parental alienation syndrome).
La donna così è stata condannata dal tribunale di primo grado – sentenza confermata sino in Cassazione [1] – a un risarcimento esemplare: 15 mila euro nei confronti dell’uomo e 20 mila per la bimba.
La sentenza affronta, forse per la prima volta, lo spinoso problema di una condotta assai ricorrente nelle quattro mura domestiche, ma che difetta purtroppo di testimoni se non la psiche martoriata dei bambini. Il bambino che qui diventa, insieme all’altro genitore, titolare del diritto a essere risarcito dal danno così provocatogli.
Ne abbiamo voluto parlare con Sheyla Bobba, sensibile al tema della separazione e da noi più volte intervistata in occasione del suo libro: “Post Scriptum” (ne abbiamo parlato in questo articolo: “L’armata dei padri contro Erode”).
“Trovo sensazionale che, finalmente, se ne cominci a parlare in termine di “danno ai figli”. Non ne potevo più di sentire madri/padri che si infuriavano perché “lei/lui fa la PAS ai nostri figli, distrugge la mia immagine ai loro occhi”. Il danno psicologico che è causato in un bambino vittima del brain washing è più grande di qualsiasi immagine rovinata.
É stato già appurato come la crescita dei bambini, coinvolti nelle separazioni, sia facilmente compromessa; DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), bullismo, patologie psicosomatiche ed altri riflessi non sono sindacabili. Esistono, sono contemplati e riconosciuti, cosa che non è per la PAS; la presunta sindrome è infatti assente nel DSM IV e per tanto i “sostenitori” di Gadner, padre della teoria, si ritrovano con pochi “mezzi” a disposizione davanti alle critiche e rivendicazioni di chi invece ha modo di sostenere che la PAS non esiste.
Personalmente, non essendo psicologa, psichiatra né tanto meno psicoterapeuta, ritengo che esista un abominevole comportamento che, nella maggior parte dei casi, è l’arma con la quale le madri si oppongono ad un sano rapporto tra padre e figli. La chiamerei cattiveria, non PAS che è invece il nome che darei al “manuale” dove raccogliere tutte le “sindromi, disturbi e cattiverie” che i genitori fanno sui figli per esercitare un loro qualche potere. Ad esempio, metterei la sindrome di Medea, la sindrome di Stoccolma, la sindrome di Munchausen per procura… e purtroppo, molte altre! Non parlo da professionista, solo per esperienza diretta”.