Bambini in casa famiglia- rapporto del Governo
Bambini in casa famiglia, un rapporto del Governo svela tutto il marcio. Un business miliardario. In puro stile da prima e seconda repubblica, il Governo ha svelato agli italiani ciò che molti di noi sapevano da anni in materia di bambini allontanati in comunità (case famiglia)· Il Sottosegretario Maria Cecilia Guerra
Ciò che riceviamo dal rapporto denominato “Bambini e bambine temporaneamente fuori dalla famiglia di origine” è una realtà cruda, in cui la fredda analisi dei dati non riesce a mascherare tutto il marcio che trasuda da un volgarissimo giro d’affari perpetrato sulla pelle di famiglie e bambini. Il paragone con le cliniche private che “procacciano” malati e ricevere i rimborsi dello Stato è calzante: qui ad “essere procacciati” sono i bambini, anche se il Rapporto, questo, non lo dice.
E così, commissionando i lavori di indagine ad un ente di pubblica utilità (Istituto degli Innocenti di Firenze) e organizzando un evento per gli addetti ai lavori – tra i quali vi sono i beneficiari del business che ruota attorno agli allontanamenti – il Governo pensa di aver adempiuto all’obbligo di pubblicità che la questione imporrebbe, senza darne alcun impulso mediatico.
Sorprendono i dati snocciolati dalla nota informativa, e rivelano una realtà che, per dimensioni, alcuni di noi neanche sospettavano:
– il 37% dei bambini è stato allontanato per inadeguatezza genitoriale;
– il 9% per problemi di dipendenza di uno o entrambi i genitori;
– l’8% per problemi di relazioni nella famiglia;
– il 7% per maltrattamenti e incuria;
– il 6% per problemi sanitari di uno o entrambi i genitori.
L’indagine non chiarisce bene chi siano i destinatari della percentuale che residua (11%) dalla sommatoria di quelle dettagliate sopra (compresi i minori extra-comunitari non accompagnati, che ammonterebbero al 22% del totale), ma precisa che i bambini e i ragazzi accolti hanno tutti una loro famiglia o almeno un genitore, non si tratta di orfani (1%), di figli di genitori ignoti (1%) o di figli in presunto stato di abbandono (4%). Inoltre, rispetto ai dati rilevati nel 1998/99, il fenomeno è cresciuto del 24% ovvero da 23.636 soggetti si è passati a 29.309. Mentre i collocamenti in comunità sono rimasti nel periodo pressoché uguali, il numero degli inserimenti in famiglia è aumentato del 42%. Ciò ha portato nel tempo a un sostanziale allineamento tra i numeri degli accolti nelle strutture residenziali (14.781 minorenni) e nelle famiglie affidatarie (14.528).
Ebbene, secondo l’indagine (la prima in assoluto da quando si è sviluppato il fenomeno degli allontanamenti facili), al 31 dicembre 2010 i minorenni accolti temporaneamente presso i servizi residenziali familiari e socioeducativi sono, dunque, 14.781. Eliminando le percentuali di coloro che sono stati allontanati per problemi di dipendenza e per maltrattamenti, il 51% degli allontanamenti in comunità avviene all’interno di una vasta “area grigia” dove è possibile dire tutto e il contrario di tutto. Si tratta di un esercito di 7.538 minori che frutta ogni anno, al sistema case famiglia, un gruzzolo pari a circa 495.000.000 di euro.
L’enormità dei numeri dà l’idea dello scandalo che è in atto: cosa si potrebbe fare con 500 milioni di euro da investire a sostegno delle famiglie, anzichè elargirle a strutture che, in tutta evidenza, non danno alcun beneficio se non agli operatori che ci lavorano ? Se tanto mi dà tanto, e togliendo dalla conta i minori stranieri non accompagnati, i nuclei familiari italiani colpiti dalla questione (4711, considerando un tasso di 1,6 figli a nucleo familiare che è la media nazionale) potrebbero ricevere un sussidio annuo pari a 105.000 euro, ossia 8.750 euro al mese ! E invece basterebbero 5-600 euro al mese per dare respiro e dignità a famiglie che, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna colpa della loro condizione.
Secondo l’indagine, “essere fuori famiglia non implica necessariamente la recisione dei rapporti e dei contatti tra figli e genitori”. Sappiamo bene che non è così. Ed infatti il Rapporto chiarisce subito che “vi sono situazioni specifiche in cui la destinazione dei bambini deve rimanere non conosciuta ai loro genitori; negli altri casi l’accoglienza non può accompagnarsi alla scomparsa della famiglia di origine”. Quante siano queste “situazioni specifiche” non è dato saperlo.
Inoltre, “sia per i bambini in affidamento che per quelli presenti nelle comunità, emerge una trama abbastanza sostenuta di contatti e di visite tra genitori e figli: il 74% dei bambini in comunità incontra periodicamente uno dei genitori (soprattutto la madre) tutte o quasi tutte le settimane; il 42% rientra a casa propria il fine settimana oppure secondo altre modalità concordate….”. In quella frase – “…incontra periodicamente uno dei genitori tutte o quasi tutte le settimane…” – si condensa il problema: un sistema che riduce le possibilità di relazione genitori/figli ad una sola visita settimanale (di 3 ore al massimo, NDR) e rende vano qualunque tentativo di rientro in famiglia in tempi brevi.
Ed infatti, accanto a bambini e ragazzi che sono in accoglienza da pochi giorni, ci sono altri che lo sono da anni. Tra i presenti al 31 dicembre 2010, la quota di quanti sono stati accolti negli ultimi tre mesi è del 9%, da 3 mesi a 12 mesi esatti è del 24%, da 12 mesi a 24 mesi esatti è del -19%, da 24 mesi a 48 mesi esatti è del 22%, mentre sono il 26% quanti sono accolti da oltre 48 mesi.
Infine, ma non meno importante, lo scandalo del “turnover” (ricambio) dei bambini allontanati. E’ impressionante: 10.000 dimessi a fronte di un pari numero di nuovi ingressi. Non una piccola percentuale, ma il 33% l’anno di “rotazione”…Un tasso che qualunque economista non esiterebbe a definire “industriale”.Un ricambio che assicura, ogni anno, introiti per centinaia di milioni di euro e laute prebende ai professionisti dell’allontanamento che, sentitamente, ringraziano.
Fonte :Adiantum