Documento psicoforense sugli ostacoli bigenitorialità
Documento psicoforense sugli ostacoli al diritto della bigenitorialità e sul loro superamento.
1. La legislazione italiana in ossequio alla Costituzione italiana, alla Convenzione dei Diritti del Fanciullo di New York, alla Convenzione di Strasburgo ed alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo pone a fondamento dei rapporti familiari la bigenitorialità, ovvero il diritto dei minori a rapportarsi in maniera armonica ed equilibrata con i propri genitori e con le rispettive famiglie di origine.2. Le condotte volte ad ostacolare l’esercizio di tale diritto risultano pertanto censurabili e possono a volte configurare un maltrattamento.
3. Capita talora che, per il prevalere di dinamiche di coppia particolarmente disfunzionali, il genitore presso il quale il figlio è prevalentemente collocato trasmetta al figlio stesso l’ostilità verso l’altro genitore.
4. Ciò può avvenire per via indiretta (il bambino si appropria delle reazioni emotive del genitore) oppure diretta (il genitore trasmette attivamente al bambino i propri giudizi o gli fornisce informazioni parziali o distorte).
5. Il fenomeno del bambino conteso e “schierato” a difesa di un genitore contro l’altro risulta, purtroppo, molto frequente nelle separazioni caratterizzate da un’alta conflittualità in cui i partner, anche a causa delle loro caratteristiche di personalità, non riescono ad elaborare in modo evolutivo e riflessivo l’evento separativo.
6. Tale condizione è stata in un primo tempo denominata “Sindrome di Alienazione Genitoriale” nello stesso modo in cui si è parlato di “Sindrome del Bambino Maltrattato”, per poi focalizzare l’attenzione sulle diverse manifestazioni del maltrattamento oltre che sui fattori di rischio e protettivi. Il fatto che il maltrattamento non costituisca una sindrome in senso proprio non significa che il maltrattamento non esista come fenomeno, potendo compromettere i potenziali di sviluppo psicoevolutivo del minore coinvolto.
7. Le attuali riflessioni della comunità scientifica, basate su molteplici ricerche in ambito nazionale ed internazionale, non consentono di definire il bambino come “malato” solo in quanto influenzato negativamente da un genitore contro l’altro sino ad arrivare, nei casi più eclatanti, al rifiuto di ogni forma di rapporto.
8. Attualmente si ritiene che il termine più corretto per definire tale fenomeno sia “Alienazione Parentale” e non “Sindrome di Alienazione Genitoriale” sottolineando (nei casi di rifiuto non motivato) che non si tratta di una problematica individuale del figlio ma di una difficoltà relazionale tra i tre membri della famiglia: bambino, madre e padre, alla quale possono contribuire i membri della famiglia allargata. Anche se in misura che può essere diversa come intenzioni, motivazioni e comportamenti, ognuno dei componenti il gruppo familiare fornisce il proprio personale contributo in misura variabile da caso a caso.
9. I segni di tale condizione sono il rifiuto ingiustificato e comunque talora solo parzialmente motivato da parte del figlio di frequentare uno dei due genitori (più spesso il padre ma non infrequentemente la madre) e/o il “voltafaccia” del figlio stesso, il quale prima della separazione era legato al genitore che successivamente non vuole più frequentare. Altro segnale è l’ingiustificato disprezzo non solo per un genitore ma per l’intera sua famiglia d’origine e/o ricostruita.
10. Si può discutere se a questo fenomeno sia opportuno dare un nome specifico; a questo proposito sembra che i manuali di classificazione di prossima uscita (DSM V e ICD 11) siano orientati a farlo rientrare e definirlo all’interno della categoria dei “Disturbi Relazionali”.
11. Come per il maltrattamento, riteniamo che negare il fenomeno del rifiuto immotivato e persistente di un genitore significhi commettere un errore grossolano e fuorviante.
12. Le implicazioni psicosociali e giuridiche della violazione dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti in tali situazioni giustifica la messa in atto di interventi e di provvedimenti psicosociali e giudiziari volti alla tutela dei diritti stessi, i quali varieranno di caso in caso a seconda dell’età del minore coinvolto, della sua capacità di autodeterminazione e delle responsabilità dei genitori e dei familiari coinvolti. D’altronde, in ambito giuridico l’attenzione alla particolarità di ogni singola situazione rappresenta un elemento fondamentale di rispetto dei componenti il nucleo familiare e soprattutto, nel caso specifico, di tutela dei diritti relazionali del minore.