Uccide a coltellate il figlio tredicenne: “Contenta di averlo fatto, volevano portarmelo via”
SAN SEVERINO MARCHE (Macerata) – Avevano cenato assieme, loro due da soli, la sera della Vigilia. Per il Natale la mamma gli aveva regalato le costruzioni Lego. Ma quando, alzatosi da tavola, il figlio 13enne si è lasciato alle spalle la soglia della casa materna per raggiungere l’abitazione del padre e trascorrere le feste con lui – moglie e marito sono separati -, la furia della donna è esplosa in tutta la sua drammatica follia. Nove coltellate hanno colpito il ragazzino. Lei lo ha inseguito fin sul pianerottolo, poi si è lanciata su di lui col fendente in mano. Quattro volte lo ha trafitto al petto. Un affondo è andato dritto al cuore. Simone non ce l’ha fatta. Si è accasciato a terra privo di vita. A dare l’allarme sono stati i vicini, richiamati dalle urla di madre e figlio. Quando sono arrivati i carabinieri, lei era ancora col coltello in mano. Qualche ora più tardi, rinchiusa nel carcere di Camerino, la donna – Deborah Calamai, 38 anni – avrebbe detto: “Sono contenta di averlo fatto, volevano portarmelo via”.
La tragedia di mercoledì sera ha scosso il paese in cui è avvenuta: San Severino Marche, in provincia di Macerata. La donna, originaria di Firenze, è ora accusata di omicidio, e sempre secondo quanto riferiscono i carabinieri di Macerata, appare “tranquilla”.
Era separata dal marito ed era in corso una pratica per l’affidamento esclusivo di Simone al padre, dato che la donna aveva problemi psicologici e dal 2005 era seguita da un’ospedale psichiatrico. Ieri si era incontrata con il marito, Enrico Forconi, 43 anni, e pare che avessero avuto una discussione sempre in merito all’affidamento dell’adolescente.
Dopo aver cenato con la mamma, il ragazzino avrebbe chiamato il padre con la scusa di chiedergli un aiuto per realizzare il modello con i mattoncini che aveva ricevuto in dono, ma probabilmente nella telefonata c’era una richiesta implicita di aiuto per aver visto la madre in condizioni di forte stress. A quanto sembra, quindi, madre e figlio non avrebbero avuto una lite, ma è probabile che la donna abbia avuto paura che l’ex marito potesse portarle via Simone.
Il padre del ragazzo è arrivato a casa della ex dopo una decina di minuti ma Simone era già morto.
Fonte: “La repubblica”
L’articolo mi piace. E’ scarno, asciutto. Non è ridondante. Chi scrive non esprime giudizi, non veste i protagonisti di aggettivi più o meno turpi. E’ un giornalismo che apprezzo. Mi dà l’impressione di rispettare soprattutto chi muore, non strumentalizzandolo per commuovere chi legge o aizzare verso un carnefice tutti quelli che mirano ad additare un untore.
Il problema?
Il problema sta nel fatto che questi articoli così misurati, tesi a lasciar intravedere un’attenuante per il boia di turno, si moltiplicano solo quando uccidono le madri.
Devo essere sincero, e lo sono a malincuore, MAI ho letto articoli così asciutti quando a uccidere sono stati padri. Se le parti fossero state invertite, nell’articolo di cui sopra leggeremmo ORCO, MOSTRO, CARNEFICE, BOIA…
Tuttavia, sono sicuro che giungere ad un gesto così efferato sia indice di patologia grave ma non possono essere i padri “mostri” e le madri “malate”.
Non è una distinzione campanilistica.
Ne va del futuro dei nostri figli. Questa è una battaglia culturale.
La violenza non ha sesso.