Quando il papà non è un orco — Jolanda Stevani
Sono sempre più numerosi i padri separati che, consapevoli del peso che la figura paterna può avere nella vita di un figlio, rivendicano l’affido condiviso, il diritto di frequentare i figli con regolarità e la possibilità di svolgere il ruolo genitoriale in modo completo ed efficace. Di contro, si sta assistendo ad un proliferare di accuse infamanti, molte delle quali risultano poi essere false. E se alcune di queste sono attribuibili alla Sindrome della Madre Malevola, dettate cioè da un bisogno patologico della ex moglie di punire l’ex marito cercando di alienargli i figli, ….
o alla Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS), altre invece sembrano rispondere ad una vera e propria strategia offensiva usata con superficialità e incoscienza nelle cause di divorzio. Pur di “vincere” non si tiene infatti conto dei danni che si possono arrecare ai figli, i quali si sentono in colpa se indotti a testimoniare contro il genitore e sminuiti e umiliati all’idea di avere un padre indegno.
UN AMBITO COMPLESSO
La questione delle false denunce apre un universo complesso, in primo luogo perchè di frequente all’interno di questa categoria vengono riuniti fenomeni che presentano caratteristiche diverse, in quanto riconducibili ad una molteplicità di variabili differenti: non solo fattori intrapsichici, come ad esempio aspetti legati al mondo interiore del bambino, ma anche interpersonali, connessi cioè all’ambito delle sue relazioni, e psicosociali , vale a dire propri del suo contesto di appartenenza.
In secondo luogo, perchè esistono difficoltà legate alla definizione stessa di falsa denuncia: un conto sono i resoconti relativi ad un abuso che poi si rivelano infondati, come le dichiarazioni erronee, ad esempio a causa dell’interpretazione sbagliata della comunicazione prodotta dal bambino, un altro, sono le rivelazioni false in quanto costruite, ossia le dichiarazioni menzognere, che sono congegnate con la finalità consapevole e intenzionale di dare origine ad una denuncia. Un capitolo a parte andrebbe poi aperto sul problema dei cosiddetti indicatori comportamentali del bambino abusato: tutta una serie di atteggiamenti messi in atto dal bambino che potrebbero essere ricondotti ad un abuso sessuale sono stati ampiamente messi in risalto da parte di trasmissioni televisive, quotidiani e pubblicazioni popolari, con il risultato che un comportamento anche minimamente sospetto esibito dal bambino può scatenare reazioni allarmistiche di vasta portata. Anche nella letteratura specialistica sono state compilate svariate liste di indicatori di abuso sessuale: in realtà, ciò che emerge è che molti comportamenti possono essere interpretati solo come segnali di un possibile abuso. La difficoltà maggiore risiede nel fatto che questi comportamenti sono generalmente considerati come risposte ad uno stress, ossia sintomi posttraumatici, ed è altamente probabile che qualsiasi bambino, in un dato periodo del suo percorso di crescita, si trovi a manifestare atteggiamenti di questo tipo; basti pensare, tanto per fare un esempio, che i sintomi esibiti da un bambino coinvolto in una separazione genitoriale sono simili a quelli che possono presentarsi a seguito di un abuso, così come a quelli che si manifestano in altre situazioni particolarmente stressanti, quali la conflittualità genitoriale, o l’assenza della figura paterna, ma anche in circostanze traumatiche quali il coinvolgimento in un disastro naturale.
Per quanto riguarda la messa in atto di comportamenti sessualizzati da parte del bambino, così come il possesso di conoscenze sull’argomento ritenute non idonee alla sua età, elementi che vengono ritenuti segni molto affidabili in una diagnosi di abuso, esistono ormai considerevoli dati di ricerca che attestano che il bambino ha un rapporto con la sua sessualità emergente molto più attivo di quanto l’adulto possa credere.
DOVE NASCONO LE FALSE DENUNCE
La ricerca sulle false denunce di abuso si è sviluppata principalmente in tre direzioni: alcuni studi si sono concentrati sull’accuratezza della ricostruzione dell’abuso da parte del minore, altri hanno preso in considerazione le false denunce e i cosiddetti “falsi ricordi” prodotti da adulti in merito a presunti abusi subiti in età infantile, altri ancora hanno indagato le false denunce generate nel contesto delle controversie legali legate alla separazione. è quest’ultimo l’ambito nel quale viene evidenziata la loro maggiore incidenza: un genitore risentito, che si sente oltraggiato e che aspira a vendicarsi dell’ex partner può, infatti, intenzionalmente architettare un’accusa di abuso.
La portata del fenomeno ha indotto alcuni ricercatori a darne una definizione specifica, ossia “Sindrome da accuse sessuali in divorzio” (Sexual Allegations In Divorce, SAID Syndrome) (Blush e Ross, 1987); come hanno sottolineato gli autori, che ne hanno delineato i tratti distintivi, di solito a monte delle accuse è presente una storia familiare disfunzionale con conflitti irrisolti legati alla separazione e a situazioni ambigue; la madre, che generalmente è il genitore accusante, spesso è una personalità isterica o borderline, o comunque arrabbiata e decisa a farsi “giustizia”.
In merito alla frequenza del fenomeno, i dati forniti dalla letteratura sono piuttosto eterogenei: uno studio condotto da Thoennes e Tjaden (1990) e quello svolto da McIntosh e Prinz (1993) hanno evidenziato che le accuse di abuso all’interno di controversie legate all’affidamento dei figli risultavano presenti nel 2% dei casi, mentre una ricerca più recente di La Fortune e Carpenter (1998) mostra che il fenomeno si verifica con una media del 30%.
AUTORE E CARATTERISTICHE DELLA FALSA DENUNCIA
Per quanto concerne i genitori che costruiscono le false denunce, Wakefield e Underwager (1990) hanno proposto le seguenti tipologie:
— soggetti con un disturbo di personalità, che interferisce con le funzioni legate alla capacità di giudizio, e che talvolta hanno difficoltà a distinguere tra realtà e immaginazione;
— soggetti, che possono o meno essere affetti da un disturbo di personalità, ossessionati dall’odio e dall’ostilità nei confronti dell’ex partner e che fanno di tutto per arrecargli danno; in questi casi il bambino viene strumentalizzato e diventa una. pedina nella battaglia contro l’ex compagno: il concetto elaborato dallo psichiatra americano Richard Gardner (1987) di “Sindrothe da Alienazione Parentale” (PAS, Parental Alienation Syndrome) trova spesso applicazione in situazioni di questo tipo, così come quello di “Sindrome della Madre Malevola” (Oliverio Ferraris, 2005);
— soggetti ossessionati dall’idea che il figlio sia stato o possa essere oggetto di abuso sessuale. Genitori come questi possono arrivare a interrogare costantemente il bambino, ad esaminare i suoi genitali al ritorno dalle visite presso l’altro genitore, a sottoporlo di continuo a visito mediche, fino a quando qualche professionista non giunga a confermare il sospettato abuso. In casi come questi, possono essere presenti anche più resoconti infondati di abuso;
— soggetti che reagiscono in modo abbastanza appropriato di fronte ad una situazione ambigua rivolgendosi ad un esperto, ad esempio un terapeuta, che tuttavia, in maniera avventata, comunica al genitore che il bambino è stato sessualmente abusato. Quando uno specialista esprime un parere sulla base della sua autorevolezza professionale, è lecito che un genitore sensibile ne risulti facilmente convinto.
Generalmente il genitore che muove l’accusa, nel caso di un abuso realmente accaduto, come evidenzia Gardner, tende a manifestare sentimenti autentici di confusione, smarrimento e imbarazzo, cercando di mantenere il segreto intorno all’accaduto; viceversa, nei casi in cui la denuncia sia costruita, il genitore accusante esprime il bisogno di raccontare i dettagli della vicenda a tutti senza alcun sentimento di vergogna, si mostra fermamente convinto dell’abuso fin dall’inizio e restio ad accettare l’eventualità di spiegazioni alternative, tanto che, se l’esperto consultato per primo esclude l’abuso, il genitore accusante continua a cercare altri professionisti che confermino i suoi sospetti e richiede che le indagini proseguano, senza preoccuparsi delle conseguenze che queste possono produrre nel bambino.
Alcuni genitori poi con continuano ad essere convinti che il loro bambino sia stato abusato anche dopo che il Tribunale ha disposto l’archiviazione della denuncia e che è stata decretata la ripresa dei contatti tra il minore e il genitore accusato.
Rispetto all’ età del bambino coinvolto nelle false denunce, le ricerche sottolineano come più frequentemente si tratti di bambini molto piccoli, spesso al di sotto dei 5 anni, particolarmente vulnerabili alle manipolazioni di un genitore arrabbiato e assetato di vendetta contro l’ex partner.
Di solito, nel caso delle false denunce, i resoconti sono di natura piuttosto vaga e non riferiscono di un preciso comportamento attribuito all’accusato; difficilmente si prestano ad essere verificati o respinti, perchè si basano su affermazioni quali “qualcosa è successo”, oppure “c’è qualcosa di sbagliato, me lo sento”, e la convinzione di chi accusa è difficilmente intaccabile. Non di rado i resoconti presentati dal genitore accusante, che con maggiore probabilità si riveleranno falsi, arrivano a riportare i riferimenti più disparati, anche bizzarri, quali abusi perpetrati da più adulti, oppure atti sadici.
È necessario inoltre sottolineare il ruolo spesso ricoperto dai professionisti coinvolti negli episodi di false denunce: come sottolineano le ricerche (131ush Ross, 1987), uno dei fattori all’origine delle accuse costruite è la conferma prematura fornita da figure professionali in merito alla verità dei sospetti avanzati dal genitore accusante; sfortunatamente, talvolta, alcuni professionisti dell’età infantile tendono a colludere con i genitori nel produrre accuse infondate.
LA VITTIMA E’ COMUNQUE SEMPRE IL BAMBINO
Gli errori di valutazione che si commettono riguardo alle rivelazioni di abuso sessuale a danno di minori comportano delle conseguenze a lungo termine che colpiscono tutte le parti coinvolte nella vicenda: anche se in letteratura l’accento è stato posto soprattutto sulle ripercussioni subite dal minore realmente abusato che non viene creduto, anche nel caso di una falsa denuncia ritenuta fondata, il bambino è destinato purtroppo a subire un trauma. Il minore non solo rimane intrappolato nella spirale dell’iter processuale, ma spesso è avviato a percorsi terapeutici specifici per le vittime di abuso che possono risultare confusivi e potenzialmente iatrogeni, senza parlare poi della relazione del bambino con il genitore accusato, che il più delle volte rischia di rimanere irreparabilmente danneggiata.
IL CASO DI TOMMASO
La madre di Tommaso (i nomi sono fittizi), 4 anni e mezzo, M., di 29 anni, sporge denuncia contro il padre del bambino, G., dì 27 anni, manifestando il timore che il minore abbia subito violenze sessuali ad opera del padre, in quanto Tommaso a detta di M. presenta un forte rossore “ingiustificato” nella zona perianale. Viene perciò disposta una perizia per accertare l’idoneità del minore a testimoniare. In seguito ad una prima visita al pronto soccorso dell’ospedale, nella quale viene diagnosticata al bambino una lesione eritematosa, senza la presenza di lesioni, M., accompagnata dalla madre, dopo tre giorni porta il figlio presso lo studio della pediatra per farlo nuovamente visitare: interrogata dalla polizia, in prima. battuta, la pediatra dichiara che secondo lei il rossore poteva essere dovuto ad una serie di cause tra le quali anche un trauma con un oggetto di forma arrotondata.
La relazione di M. e G. è caratterizzata da una significativa conflittualità, manifestata anche nelle contese innanzi al Tribunale per i Minorenni, con vissuti di risentimento e di ostilità da parte di M. nei confronti di G., dal quale non si è mai sentita amata e rispettata. In merito alla denuncia sporta dalla donna, G. afferma che si tratta di un ennesimo episodio di ritorsione, dato che già in passato M. aveva accusato la nonna paterna del bambino di avere toccato i genitali al minore e aveva attribuito a G. stesso la responsabilità di una lesione al braccio di Tommaso, peraltro non accertata da alcun referto.
Per quanto concerne Tommaso ed i comportamenti del bambino che la madre, insieme alla nonna materna, riconduce all’abuso, M. parla in generale di “strane cose”; nel corso dei colloqui emergerà da parte della donna, ma anche della nonna materna, una significativa tendenza all’elaborazione proiettivo-interpretativa della realtà: le accuse di abuso arriveranno a coinvolgere più persone in gruppo, la nonna paterna, ma anche la ex compagna di G., attribuendo a Tommaso tutta una serie di rivelazioni, che il bambino non sarà in grado di confermare. Nel corso del colloquio con la pediatra del bambino, quest’ultima “ribalterà” la diagnosi sulla quale si era fondata la denuncia, sottolineando una tendenza manipolativa da parte di M., secondo lei poco concentrata sul benessere del bambino e dichiarande che. il rossore poteva essere “tranquillamente” imputabile ad una normale candidosi.
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Jolanda Stevani, psicologa clinica e di comunità, psicoterapeuta ed esperta in psicologia giuridica, collabora con la cattedra di Psicologia dello sviluppo di Anna Oliveria Ferraris, alla “Sapienza” —Università di Roma sui tenti della famiglia e del disagio infantile e adolescenziale. Per Giunti ha pubblicata Chiamarsi fuori: ragazzi che non vogliono più vivere, volume di cui è coautrice con Anna Oliverio Ferraris, Alessandro Rusticelli e Teresa Zaccariello, e Mamma è bello (2010).
Fonte: Psicologia contemporanea
sono papà separato. I miei figli e io siamo oggetto delle azioni di madre malevola da circa 12 anni. nessuno qui conosce la materia. non c’è nessuna tutela. miei figli soffrono e io nel frattempo subisco azioni ingiuste continue e per fronteggiare tutto ho perso gin bene in mio possesso. non so più da chi farmi aiutare.
Marco