ONOREVOLI SENATORI – Sono trascorsi ormai più di otto anni dalla entrata in vigore della legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 – c.d. Affido Condiviso – e l’esperienza giurisprudenziale fin qui maturata ha dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, come la norma sia stata disapplicata in quasi tutti i tribunali della Repubblica e la Magistratura abbia, in questi anni, fatto riferimento a prassi e stereotipi tipici dell’affido esclusivo.La sopra citata legge è riuscita ad affermare, soltanto nei principi, il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e l’attività di monitoraggio delle sentenze effettuata dall’Osservatorio Nazionale sul Condiviso testimonia una totale assenza di omogeneità nei provvedimenti adottati, con decisioni apertamente contraddittorie non solo fra tribunali di diverse città, ma anche tra diversi giudici dello stesso tribunale. Una vasta area della Magistratura, infatti, abituata a considerare l’affidamento mono-genitoriale come la forma da privilegiare, fatica ancora oggi ad applicare una norma che ha ribaltato la “scala di priorità giudiziaria” della separazione, indirizzandola verso modalità di affido che privilegino il principio di “bigenitorialità”, considerato dal Legislatore come più adatto a contenere i danni che i minori subiscono dalla separazione dei loro genitori.
L’alternativa all’Affidamento Esclusivo, e cioè l’Affidamento Congiunto, pur essendo l’antenato del Condiviso, era adottato solo in un numero limitato di casi, in presenza di bassa conflittualità. L’Affidamento Condiviso avrebbe dovuto risolvere tale limitato ricorso a forme di affidamento bigenitoriale perché, a differenza dell’Affidamento Congiunto, prevede anche l’esercizio separato della responsabilità genitoriale per le decisioni ordinarie, il che elimina ogni preoccupazione per i casi di elevata conflittualità.
L’Affidamento Esclusivo con la nuova normativa sopra richiamata avrebbe dovuto trovare una collocazione puramente residuale, limitata ai casi in cui le modalità previste dal Condiviso arrechino grave pregiudizio ai minori.
Tuttavia, nei primi otto anni di vita della nuova normativa, si è assistito alla diffusione di sentenze in cui le nuove modalità di affidamento sono rimaste lettera morta. La forma più evidente di mancata applicazione della L.54/2006 si intravede con chiarezza in quei provvedimenti in cui l’Affidamento Condiviso viene nominalmente concesso, salvo stabilire l’elezione di un genitore “domiciliatario prevalente” o “collocatario” (prassi di origine giurisprudenziale, non prevista dal Legislatore) che, di fatto, svuota la nuova norma di ogni effetto, ristabilendo, da un’altra direzione, lo strumento dell’Affidamento Esclusivo anche laddove non sussistano motivi di pregiudizio per il minore.
In siffatti provvedimenti, il modello dell’affidamento esclusivo si riproduce concretamente quantificazione dei tempi di “visita” o nella “facoltà”, anziché nell’obbligo, dei contatti tra i figli ed il genitore “non collocatario”, replicando in concreto il modello di genitore non affidatario riferibile al precedente impianto normativo.
Tutto ciò è l’esatto contrario di quanto il legislatore si è proposto nel 2006, e cioè la sostituzione del modello mono-genitoriale con quello bi–genitoriale, e si contrappone ai risultati di autorevoli studi internazionali sui benefici che possono derivare per il minore dal coinvolgimento ampio di ambedue le figure genitoriali. (Anna Sarkadi, Robert Kristiansson, Frank Oberklaid, Sven Bremberg “Fathers’ involvement and children’s developmental outcomes: a systematic review of longitudinal studies”. Acta Pædiatrica 2008, 97 (2) , 153–158 2008).
Il primo comma dell’art. 337-ter, infatti, stabilisce che: “il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori]”, mentre il secondo comma dice che il giudice “…determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore…”. Come è evidente, la norma non recita affatto “….stabilisce presso quale dei genitori i figli vivranno”, da ciò derivando l’assoluta arbitrarietà con cui gli operatori della Giustizia si sono affrettati a coniare il neologismo “domiciliazione prevalente”, che introduce una misura creata ex-novo, non ricompresa nel dettato della legge.
Il ricorso a tale prassi, inoltre, ha come conseguenza quella di favorire una cultura giudiziaria della separazione che preferisca la stabilità del domicilio del minore alla sua stabilità affettiva. E’ frequente, infatti, che nei tribunali italiani oggi, piuttosto che individuare competenze, abitudini e compiti di cura assunti in costanza di matrimonio, si preferisca argomentare le ragioni di un provvedimento mediante l’utilizzo di stereotipi (“i bambini con la valigia sempre pronta” – “i piccoli nomadi” – “i cuccioli devono avere un unico nido”, “i figli non sono pacchi postali”) i quali non tengono conto dell’evoluzione socio-familiare degli ultimi decenni, dell’inserimento capillare dell’universo femminile nel mondo del lavoro e delle mutate abitudini di vita dei nostri figli, quotidianamente impegnati in attività extra-scolastiche, ludiche, sportive e culturali e, pertanto, al di fuori delle mura domestiche per gran parte della propria giornata.
L’intensa attività di monitoraggio, che ha portato alla definizione di questo disegno di legge ha evidenziato come sia stata sostanzialmente disattesa la norma riguardante il mantenimento diretto dei figli, mediante il quale entrambi i genitori sono chiamati a fornire direttamente e personalmente i beni e/o i servizi di cui essi hanno bisogno. Tale strumento è fondamentale per assicurare ai minori continuità di cura anche nella separazione, nonché a dare loro la precisa sensazione di un concreto segnale di interesse. Il perseverare nel ricorso all’assegno, oltre ad attribuire un intrinseco disvalore al genitore che è obbligato a corrisponderlo, produce una mancata individuazione e ripartizione dei compiti di cura da parte del giudice, nonché la percezione di un ingiusto contributo che l’obbligato non dovrebbe all’altro genitore, ma ai figli.
Il legislatore, al comma 1 dell’art. 337-ter, ha sostituito al termine “mantenimento”, presente come diritto-dovere di entrambi i genitori nell’art. 30 della Costituzione, quello di “cura”, visibilmente più ampio, e al comma 4 ha lasciato all’assegno una funzione solo integrativa o perequativa, laddove recita: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità”. L’enunciato della norma è chiaro: il mantenimento indiretto, mediante assegno, è un sistema residuale cui si ricorre solo quando esiste una considerevole sproporzione tra i redditi dei coniugi, tenuto conto delle risorse disponibili.
Le sentenze esaminate, invece, mostrano come la magistratura non tenga conto del dettato normativo neanche in presenza di redditi uguali o del tutto simili, con la conseguenza che il genitore gravato dell’assegno, dovendo anche reperire una nuova abitazione, è destinato a vivere in condizioni di povertà e non riesce a garantire ai figli una vita dignitosa.
Il genitore beneficiario dell’assegno, di contro, non è oberato neanche dell’obbligo di rendicontare le spese effettuate, in ciò ponendo ampie riserve sull’effettivo utilizzo del denaro per finalità direttamente legate alla cura filiale.
Risulta evidente come tale modalità sia all’origine di aspre conflittualità tra le parti; col mantenimento diretto il Legislatore intendeva eliminare alla fonte tale conflittualità, introducendo un sostanziale incentivo alla responsabilità diretta di entrambi i genitori ed eliminando i compiti di cura “per delega”.
L’analisi complessiva del tema dell’affido condiviso, all’interno di questo disegno di legge non può prescindere da un’attenta valutazione del comportamento posto in essere dalla coppia genitoriale prima della cosiddetta udienza presidenziale. Durante il periodo concitato della separazione, la previsione di sanzioni e provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale può oggettivamente un valido deterrente in grado di far assumere ai coniugi un atteggiamento di maggiore responsabilità verso i bambini. Parimenti, è necessario introdurre un deterrente contro le reciproche denunce strumentali tra coniugi, dalle quali si possono generare procedimenti che durano diversi anni.
Pertanto, il Legislatore non potrà più mostrare disinteresse verso la Mediazione Familiare, una grande risorsa professionale cui negli ultimi anni i tribunali hanno fatto riferimento con sempre maggiore frequenza, al fine di offrire un valido strumento di supporto alla coppia in via di separazione. Purtroppo, pur essendo inizialmente prevista come obbligatoria, nelle stesura finale della L. 54/2006 il ricorso alla mediazione familiare è stato ridotto ad una blanda possibilità di segnalazione, ad ostilità già iniziate. In quei paesi (vedi l’Argentina) in cui, invece, la mediazione è stata imposta quale passaggio preliminare obbligato, si è ottenuto un aumento considerevole degli accordi consensuali. Anche il Parlamento Europeo si è espresso a favore della mediazione familiare e ha approvato da ben sei anni (23 Aprile 2008) una direttiva che intende facilitarne l’accesso a tutti, garantendo anche un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario. Pertanto, un rafforzamento del ruolo di siffatto strumento è auspicabile, insieme alla introduzione nel nostro ordinamento di criteri e parametri oggettivi per l’accesso alla professione di mediatore familiare.
L’esame dei contenuti non può, altresì, prescindere dalla previsione, in tutti i casi di aperta conflittualità, di una alternanza nei compiti di cura che, da un lato, garantisca ai figli la presenza adeguata di ciascun genitore e, dall’altro, disperda le occasioni di attrito a beneficio della serenità dei minori.
Quella dell’alternanza dei figli presso ciascun genitore è questione assai delicata sia dal punto di vista scientifico, sia da quello culturale, nel senso che il secondo è una diretta conseguenza di infondate conclusioni del primo. In molti tribunali ha fatto strada la teoria, propria di una piccola schiera di psicologi, secondo cui il riequilibrio dei tempi di vita presso i domicili dei genitori avrebbe prodotto gravi scompensi nei figli. In realtà tali valutazioni non sono frutto di rigorose ricerche scientifiche elaborate sulla base di un campione significativo.
Tutto il resto della letteratura, infatti, ha evidenziato i danni da domiciliazione esclusiva, così come le medesime ricerche, condotte con metodi rigorosi, hanno fatto emergere gli innegabili vantaggi della “residenza alternata” (vedi l’indagine di M. K. Pruett, R. Ebling e G.M. Insabella ‘Critical aspects of parenting plans for young children: Interjecting data into the debate about overnights‘, in Family Court Review, 42 (1), pp. 39-59, 2004). Pertanto, la proposta di adeguare il nostro Paese all’orientamento sperimentato positivamente in UE, introducendo anche in Italia un principio di doppia residenza o domicilio (salvo diversi accordi tra le parti) oggi appare più che mai opportuna, anche per colmare una posizione di arretratezza del nostro Paese di fronte alla cultura giudiziaria degli altri paesi del mondo occidentale, nei quali il principio di bigenitorialità viene applicato con regolarità.
Una questione direttamente legata alla residenza dei figli, di frequente e costante attualità, si ravvisa nei trasferimenti unilaterali dei minori, da parte di uno dei due genitori, presso il proprio luogo di origine familiare, spesso distante centinaia di chilometri da quella che fino a pochi giorni prima era stata la casa coniugale, nonché il domicilio abituale dei figli.
A ben vedere, tale comportamento, che ha finalità totalmente diverse da quelle riconducibili al mero desiderio del “ritorno alla terra natìa”, è incidentalmente favorito dalle stesse radici storiche di molte famiglie italiane, i cui primi componenti, nell’immediato dopoguerra, alimentarono il movimento migratorio che, negli anni del cosiddetto “boom economico” (1955 – 1968), ha spinto migliaia di famiglie, provenienti da regioni ad economia semi – rurale, a trasferirsi nelle regioni con alto tasso di crescita e industrializzazione.
In realtà, come evidenziato dall’altissimo tasso di conflittualità generato da queste fattispecie, giustamente definite quali vere e proprie sottrazioni alla responsabilità dell’altro genitore, lo scopo di siffatte azioni è riconducibile ad un mero allontanamento dei bambini dal genitore che, in base all’attuale modello interpretativo della Magistratura, diventa quello “non convivente”. Costui, comunque costretto, per ragioni di lavoro, a mantenere la propria residenza presso il domicilio abituale, a causa di questi trasferimenti è costretto ad esercitare un ruolo genitoriale affievolito e, nella maggioranza dei casi, finisce con l’essere allontanato anche affettivamente dai propri figli.
Da sottolineare che ne deriva una violazione dei diritti dei minori alla bigenitorialità, non una mera compressione dei diritti del genitore e del rispettivo ambito parentale.
Non sono rari, peraltro, gli episodi di improvvisa sparizione di bambini nati da coppie di nazionalità mista, laddove l’affidamento al genitore straniero ha favorito il trasferimento coatto della prole nel suo paese di origine.
In tutti i casi, comunque, il prodotto di questo diffusissimo costume è lo sradicamento dei figli dal loro ambiente abituale, una forma di violenza che costringe il minore ad un difficile riadattamento psico-sociale, nella totale assenza di uno dei genitori. Pertanto appare opportuno introdurre, in questo Disegno di Legge, la previsione di un preventivo accordo tra i genitori qualora uno dei due manifesti il desiderio di trasferirsi, e il divieto di atti unilaterali a pena di provvedimenti sulla responsabilità genitoriale.
Tutti questi anni di mancata applicazione della norma, inoltre, hanno consentito agli esperti della materia di concentrarsi maggiormente sulle esigenze dei figli minori, prime vittime della conflittualità che l’attuale sistema privilegia.
Sotto molti aspetti, durante le fasi più cruente della separazione – ed anche in seguito, allorquando sorgono nuovi problemi legati, per esempio, all’attività lavorativa o a nuove organizzazioni familiari (c.d. famiglie allargate) – il minore, e cioè colui che più di tutti necessita di supporto e assistenza, è senza tutela effettiva, in balìa di esigenze che appartengono al mondo degli adulti e spesso sono i contrasto con le sue.
In quei momenti così dolorosi, la voce dei bambini rimane totalmente inascoltata, e ciò è una diretta conseguenza di un Ordinamento che, ancora oggi, non favorisce una vera e propria presa di responsabilità da parte dei genitori. Per tali motivi, il Legislatore non potrà che valutare positivamente gli strumenti di garanzia (passaggio obbligatorio presso un centro di Mediazione Familiare come condizione di procedibilità, obbligatorietà di presentazione del c.d. Piano Familiare, tutela legale autonoma del minore, obbligo di audizione del minore che abbia compiuto 12 anni), contenuti nel presente Disegno di Legge, previsti per assicurare una autonoma tutela ad un soggetto che, per definizione, è giuridicamente incapace.
Passando all’esame approfondito dell’articolato, l’art. 1 stabilisce il diritto del minore, in caso di separazione dei genitori, non solo a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi, che assumono pari responsabilità ed impegni nell’educazione, cura, istruzione e assistenza morale dei minori, salvo i casi di impossibilità materiale, ma anche a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per questi ultimi viene anche riconosciuta la possibilità di intervenire volontariamente nel giudizio di separazione, al fine di richiedere al giudice di disciplinare, in separato procedimento, il loro rapporto con i minori. L’autonoma tutela in giudizio del minore, durante le delicate fasi della separazione, viene garantita da un curatore speciale ad acta, scelto tra quelli iscritti nell’elenco del gratuito patrocinio disponibile in ogni tribunale, che deve ascoltare i legali rappresentanti di entrambi i genitori ed essere obbligatoriamente affiancato, nell’esercizio del suo ruolo, da uno specialista dell’età evolutiva adeguato alla fascia d’età del minore.
Si stabilisce, inoltre, salvo quanto stabilito all’articolo 337-quater, che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori in base agli accordi raggiunti da questi ultimi mediante lo strumento del Piano Familiare. In mancanza di tali accordi, il giudice stabilisce la tempistica e le modalità attraverso le quali ciascun genitore deve equamente contribuire alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli, e l’età dei figli. La distanza tra le abitazioni dei genitori e il tenore dei loro rapporti, ai fini del rispetto del diritto dei minori, non devono precludere l’affido condiviso.
Sempre all’art. 1 si subordina qualsiasi cambiamento di residenza dei figli al preventivo accordo tra i genitori e si riconosce al giudice la prerogativa di disporre nuove modalità di frequentazione del minore con entrambi i genitori, alla luce delle mutate esigenze organizzative della famiglia e alle lettere d) ed e) si introduce e si rafforza il meccanismo del mantenimento diretto, in proporzione ai rispettivi redditi e per capitoli di spesa e si introduce, per il genitore che dovesse percepire un assegno perequativo, l’obbligo di rendicontazione periodica delle spese.
L’art. 2 disciplina l’esclusione dall’affidamento condiviso e fornisce importanti precisazioni sulle conseguenze in capo alla responsabilità genitoriale, derivanti da comprovati episodi di avvenuta o tentata violenza o pregiudizio psico-fisico a danno dei minori, fino alla previsione delle misure estreme quali l’affidamento dei minori ad altro parente prossimo, ad altra famiglia o, in ultima istanza, ad una comunità familiare. Si riconosce al giudice anche la possibilità di disporre immediatamente strumenti di ripristino della genitorialità qualora il genitore sia, in qualunque grado di giudizio, dichiarato innocente.
L’art.3 al primo comma, mette freno all’assegnazione indiscriminata della casa familiare ad un unico genitore ed introduce un’importante novità legislativa che già alcuni tribunali (tribunale di Milano, 2011) hanno adottato con successo negli anni scorsi, e cioè l’assegnazione della casa familiare ai figli, e l’alternanza dei genitori secondo una turnazione disposta dal giudice, qualora l’uscita di uno dei genitori dalla casa familiare comporti l’oggettiva impossibilità per quest’ultimo di reperire autonoma abitazione alternativa adeguata a sé e all’accoglienza del minore. Il medesimo comma disciplina i rapporti economici derivanti dall’assegnazione della casa e i casi di inversione dell’assegnazione a seguito di nuovo matrimonio e/o convivenza more uxorio del genitore assegnatario esclusivo.
All’art. 4, commi 1 e seguenti, è prevista la corresponsione dell’eventuale assegno perequativo in capo ai figli diventati maggiorenni.
L’art. 5 introduce l’obbligo di audizione del minore che abbia compiuto 12 anni di età, da svolgersi in locali idonei e con l’ausilio di mezzi audio/video.
Gli artt. 6 e 7 definiscono con precisione il domicilio del minore e l’esercizio della responsabilità genitoriale per i genitori non conviventi.
Gli art 8, 9 e 10 introducono e disciplinano l’istituto della Mediazione Familiare come strumento di conciliazione da impiegare nella fase di separazione ai sensi dell’art. 707 c.p.c. Alla richiesta di mediazione la coppia genitoriale deve allegare il Piano Familiare all’interno del quale indicare i tempi di frequentazione dei minori e i capitoli di spesa relativi ad entrambi i genitori. Il tentativo di mediazione dovrà essere espletato entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta e in caso di mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti il Presidente e il Giudice Istruttore tengono conto, ai fini delle decisioni in sede di separazione giudiziale, del comportamento tenuto dai coniugi in fase di mediazione.
Gli art. 11 e 12 precisano alcune modifiche inerenti la numerazione di alcuni articoli del Codice Procedura Civile.
L’art. 13 prevede la possibilità, finora esclusa, di poter reclamare sui provvedimenti disposti dal Giudice Istruttore.
L’art. 14 sostituisce l’attuale secondo comma dell’art. 709-ter del Codice Civile stabilendo sanzioni a carico del genitore collocatario che avrà compiuto determinate inadempienze e violazioni, nonché provvedimenti di ricollocamento del minore e di risarcimento danni al minore e al genitore ingiustamente destinatario di denunce presentate dall’altro coniuge, rivelatesi infondate e/o archiviate.
L’art. 15 prevede norme atte a stabilire un termine per l’istituzione di un regolamento finalizzato al calcolo del costo dei figli.
ART. 1
( Modifiche all’articolo 337-ter del Codice Civile)
All’articolo 337-ter del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) Il primo comma e` sostituito dal seguente:
“In caso di separazione dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni, salvo i casi di impossibilità materiale, e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. A questi ultimi è data la possibilità di intervenire volontariamente, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., nel giudizio di separazione, riconoscendo loro la facoltà di chiedere al giudice, con idoneo e separato procedimento, di disciplinare il diritto dei minori ad avere un rapporto con loro. L’ascolto del minore e i relativi diritti prevarranno in ogni situazione. Per evitare violazione dei diritti del minore sopra richiamati il giudice assicura al minore autonoma tutela in giudizio per mezzo di un curatore speciale ad acta, scelto tra gli avvocati iscritti nell’apposito elenco del gratuito patrocinio ai sensi dell’articolo 81 del D.P.R. n. 115/2002 anche in caso di competenza in giudizio del Tribunale Ordinario, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente disegno di legge. Il curatore, nell’esercizio del suo ruolo, deve ascoltare i rappresentanti legali di entrambi i genitori ed essere obbligatoriamente affiancato da uno specialista dell’età evolutiva adeguato alla fascia d’età del minore”.
b) II secondo comma dell’art. 337-ter è sostituito dal seguente:
“Per realizzare la finalità indicata al I comma, nei procedimenti di cui all’art. 337-bis, il giudice deve adottare provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Dispone che, salvo quanto stabilito all’articolo 337-quater, i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori, prendendo atto, se non contrario all’interesse dei figli, degli accordi intercorsi tra i genitori ed esplicitati nei rispettivi piani familiari. In mancanza di tali accordi, il giudice stabilisce la tempistica e le modalità attraverso le quali ciascun genitore deve equamente contribuire alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli, secondo quanto stabilito dal successivo comma 4. L’età dei figli, la distanza tra le abitazioni dei genitori e il tenore dei loro rapporti, ai fini del rispetto del diritto dei minori, non devono precludere l’affido condiviso né influire sulla equa frequentazione dei figli da parte dei genitori. Ciascuno dei genitori, ha il diritto/dovere, di tenere, a settimane alterne, il minore presso di sé almeno per tre giorni settimanali con due notti di pernottamento, in una settimana, ed almeno per quattro giorni settimanali con tre notti di pernottamento nella settimana successiva, o comunque almeno venti ore di ordinaria veglia del minore complessive a settimana. Qualora tale frequenza non sia concretamente realizzabile, a causa della dichiarata impossibilità da parte di uno dei genitori di poter coordinarsi con la sua attività lavorativa, il giudice è tenuto comunque a garantire su istanza di quest’ultimo, un piano di frequentazione che rispetti nel modo più ampio possibile sia i diritti del minore di cui al comma 1 dell’art. 337 ter che il numero di ore complessivamente previste ex lege modulandole in base alle esigenze lavorative del genitore medesimo e considerando, fermo restando la priorità delle figure genitoriali, la possibilità di far usufruire delle medesime ore anche i parenti di primo grado”.
c) al terzo comma, al primo periodo, sono aggiunte le seguenti parole:
”La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, salvo quanto disposto dall’articolo 337-quater. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo dalla coppia genitoriale, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
Dopo il secondo periodo è inserito il seguente: “Il cambiamento di residenza dei figli costituisce decisione di maggior interesse e richiede sempre il preventivo accordo dei genitori. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice, che contestualmente dispone nuove modalità di frequentazione alla luce delle mutate esigenze organizzative della famiglia. Nel caso in cui il genitore collocatario si trasferisca dalla originaria residenza familiare in altro luogo, situato oltre i duecento chilometri di distanza, perderà l’assegno di mantenimento per gli eventuali aventi diritto. In presenza di trasferimenti avvenuti senza il consenso scritto dell’altro genitore, senza adeguata motivazione e/o con dolo il giudice valutando tale comportamento ai fini dell’affidamento e delle sue modalità di attuazione, dispone l’immediato ricollocamento dei figli”.
d) Il quarto comma è sostituito dai seguenti:
“Salvo accordi diversi sottoscritti tra le parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta e per capitoli di spesa al mantenimento dei figli. Il giudice accerta i redditi dei genitori attraverso indagini tributarie sui periodi antecedenti la separazione. Le spese non prevedibili, preventivamente concordate saranno divise in proporzione al reddito di ciascuno”.
e) Dopo il quarto comma sono inseriti i seguenti:
“Il giudice è tenuto a disporre il mantenimento diretto, sulla base di quanto proposto dalla coppia genitoriale nel piano familiare, motivando sempre l’effettiva impossibilità di attuazione del medesimo. In tal caso, egli dispone la corresponsione di un assegno perequativo periodico da parte di uno dei genitori, qualora la differenza tra i redditi netti di ciascuno di loro sia superiore al 50% delle spese di mantenimento del minore, riferite al tenore goduto. rispettando sempre il principio di proporzionalità e del costo dei figli come definiti nel comma precedente. L’eventuale assegno perequativo è calcolato sulla base delle indagini tributarie relative ai periodi antecedenti la separazione. Il giudice dispone sempre, in capo al genitore percettore dell’assegno perequativo, l’obbligo di versarlo su un conto corrente bancario o postale, fornendo periodica rendicontazione delle spese effettuate a colui che ne è gravato o, su richiesta di quest’ultimo, al giudice. Qualora un genitore venga meno, comprovatamente e reiteratamente, al dovere di provvedere alle necessità del figlio nella forma diretta per la parte di sua spettanza, il giudice stabilisce, a domanda, che provveda mediante assegno da versare all’altro genitore, per il quale resta l’obbligo di rendicontare le modalità di utilizzo”.
ART.2
(Modifiche all’articolo 337 – quater del Codice Civile)
All’articolo 337-quater del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma e` sostituito dal seguente: “Il giudice può sospendere la responsabilità genitoriale, anche in assenza di condanna, esclusivamente quando gli accertamenti disposti e le prove riportate attestino avvenuta o tentata violenza o pregiudizio psico-fisico per il minore. Le difficoltà di accesso dei figli ad uno dei genitori determinate dal comportamento di uno di essi ai danni dell’altro e dei minori, quali la ripetuta o ingiustificata violazione degli accordi o delle sentenze, l’impedimento delle comunicazioni con l’altro genitore, l’utilizzo di false denunce, comportano l’esclusione o la ridefinizione dell’affidamento e della collocazione del minore, anche quando vengano frapposti eventuali ostacoli dall’altro genitore, verso l’attuazione dei provvedimenti di ripristino delle funzioni genitoriali. Nel caso in cui entrambi i genitori siano ritenuti non idonei all’esercizio della responsabilità genitoriale e sia seriamente ed approfonditamente accertata la negligenza nella cura e nell’educazione dei figli, il giudice dispone con provvedimento motivato l’affidamento dei figli minori agli ascendenti o parenti di ciascun ramo genitoriale, previa acquisizione della loro disponibilità, oppure presso una famiglia affidataria o, in via residuale e motivata impossibilità di attuare le prime due ipotesi, presso una comunità d’accoglienza di tipo familiare ”.
b) dopo il secondo comma sono aggiunti, in fine, i seguenti:
«Il genitore cui sono affidati i figli ha l’esercizio esclusivo della responsabilità su di essi; egli deve attenersi alle condizioni di visita determinate dal giudice. Le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate congiuntamente da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
Le norme sul mantenimento dei figli di cui ai commi quarto e quinto dell’articolo 337 – ter si applicano a prescindere dal tipo di affidamento; parimenti, la posizione fiscale dei genitori è la stessa. Il Regolamento concernente le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) tengono conto delle modalità di applicazione dell’affidamento condiviso e della legge n. 219/2012».
c) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Esclusione di un genitore dall’affidamento e disciplina dell’affidamento esclusivo».
ART. 3
( Modifiche all’articolo 337 – sexies del Codice Civile)
All’Art. 337-sexies del codice civile (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) sono apportate le seguenti modifiche:
a) al primo comma i primi tre periodi sono sostituiti da: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto dell’interesse dei figli. Il giudice è tenuto prioritariamente ad assegnare la casa familiare al minore nei casi in cui l’uscita dalla casa familiare determini, per uno dei genitori, l’oggettiva impossibilità di reperire autonoma abitazione alternativa, adeguata per sé e per l’accoglienza del/i minore/i. Il giudice dispone, pertanto, il godimento della casa familiare in favore dei figli, e assegna a ciascun genitore il diritto di co-abitazione alternata nelle modalità definite nel Piano Familiare”. Qualora invece la casa familiare venga attribuita ad uno solo dei genitori, il giudice dispone tenendo conto della titolarità parziale o totale della proprietà e/o intestazione parziale o totale dei contratti di locazione o similari, nel loro effettivo valore monetario, come elemento valutativo al mantenimento. Nel caso in cui l’assegnatario della casa familiare, che non ne sia l’esclusivo proprietario, contragga nuovo matrimonio o conviva more uxorio, la sua assegnazione in godimento e` revocata, a tutela dell’interesse dei figli a conservare intatto il luogo di crescita, e il giudice dispone, a domanda, secondo i criteri ordinari. Se l’assegnatario che non sia il proprietario ivi non abita o cessa di abitare stabilmente, il diritto al suo godimento viene meno e la casa torna nella disponibilità del proprietario. Eccetto la condizione in cui la casa venga assegnata ai figli, il loro domicilio è stabilito nei rispettivi domicili di entrambi i genitori
b) Il secondo comma è abrogato.
ART. 4.
( Modifiche all’articolo 337 – septies del Codice Civile)
1. All’articolo 337-septies del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma e` sostituito dal seguente:
“Dell’assegno perequativo eventualmente stabilito per il mantenimento del figlio, o delle somme eventualmente versate dai genitori in favore del figlio quale contribuzione per il suo mantenimento, e` titolare quest’ultimo quando diventa maggiorenne; il figlio maggiorenne è altresì tenuto a collaborare con i genitori e a contribuire alle spese familiari, finché convivente. Ove il genitore obbligato si renda inadempiente, in caso di inerzia del figlio e` legittimato ad agire anche l’altro genitore”.
b) dopo il primo comma e` inserito il seguente: “Nel caso in cui un figlio sia già maggiorenne al momento della separazione personale dei genitori, ma non ancora autosufficiente economicamente, può essere chiesta l’applicazione del primo comma dell’art. 337-septies del codice civile da uno qualsiasi dei genitori o dal figlio”.
ART.5
( Modifiche all’articolo 337 – octies del Codice Civile)
All’articolo 337-octies del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma è aggiunto il seguente periodo: “Il giudice dispone l’audizione dei minori che abbiano compiuto almeno dodici anni di età. Egli effettua l’audizione in modalità protetta e in luogo idoneo, disponendone la documentazione con verbale e supporto audiovisivo. Le risultanze dell’audizione, opportunamente verificate con successivo contraddittorio delle parti, concorrono alla formazione della decisione”.
b) il secondo comma è abrogato.
ART.6
( Modifiche al comma 2, articolo 45 del Codice Civile)
1. All’articolo 45, secondo comma, del codice civile, dopo le parole: “il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “, ovvero, in caso di affidamento condiviso, ha il domicilio della casa familiare se assegnata a lui, oppure, quello di entrambi i genitori”.
ART. 7
(Modifiche al comma 1 dell’articolo 316 del Codice Civile)
1. All’articolo 316 del codice civile, il primo comma e` sostituito dal seguente:” Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. Se i genitori non convivono l’esercizio della responsabilità è regolato secondo quanto disposto dagli articoli da 337-ter a 337-octies, anche in assenza di provvedimenti del giudice”.
ART.8
(Sostituzione articolo 706 Codice Procedura Civile)
L’art. 706 c.p.c. è così sostituito:
Tentativo preliminare di Mediazione Familiare. “Il coniuge che intende proporre ricorso per separazione ai sensi dell’art. 707 c.p.c. deve promuovere il tentativo di conciliazione presso un Centro di Mediazione Familiare o Civile, autorizzato, pubblico o privato, ovvero presso un professionista abilitato reperibili nella Provincia in cui ha sede il Tribunale competente a decidere sul ricorso per separazione. La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione deve contenere le indicazioni anagrafiche dei coniugi, dei loro figli o di uno dei coniugi e dei minori che possono essere coinvolti nella separazione, nonché il domicilio effettivo dei coniugi stessi. I genitori devono allegare alla richiesta il “piano familiare” di cui all’art. 337 secondo comma del codice civile, così come qui modificato, redatto congiuntamente o singolarmente, che indichi i tempi di frequentazione della prole e i capitoli di spesa relativi ad entrambi i genitori. Il Centro di Mediazione o il Professionista, ricevuta la richiesta, convoca le parti entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta. Il tentativo di conciliazione deve essere effettuato da un Mediatore Familiare abilitato. In ogni caso, il tentativo di conciliazione deve essere espletato entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Qualora a seguito del tentativo di mediazione i coniugi trovino un accordo sulla separazione, incluse le questioni economiche, il mediatore redige il processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti. Il processo verbale è depositato entro quindici giorni nella Cancelleria del tribunale competente a decidere sulla separazione. Il Presidente del Tribunale su istanza di parte provvede con le modalità di cui all’art. 711 c.p.c. Nel caso in cui i coniugi non trovino un accordo sulla separazione, il Mediatore redige processo verbale in cui indica i punti sui quali le parti sono d’accordo. Copia del medesimo processo verbale viene rilasciato su richiesta alle parti interessate. Il Presidente ed il Giudice Istruttore tengono conto, ai fini delle decisioni in sede di separazione giudiziale, del comportamento tenuto dai coniugi in sede di mediazione”.
ART.9
( Modifiche all’Articolo 708 del Codice Procedura Civile)
All’Art. 708 del c.p.c. sono apportate le seguenti modifiche :
Al comma 3 le parole “se la conciliazione non riesce, il presidente anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori” sono sostituite dalle seguenti: ” Se la conciliazione non riesce , il Presidente sentiti i coniugi i rispettivi difensori e ove richiesto gli ascendenti”.
L’ultimo comma è sostituito dal seguente:
“Contro i provvedimenti di cui al terzo comma la parte può proporre reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies c.p.c”.
ART. 10
( Introduzione articoli 706 – ter e 706 – quoter Codice Procedura Civile)
Successivamente all’art. 706 bis c.p.c. viene introdotto il seguente art. 706 ter c.p.c.: Informativa di mancato accordo.
“Qualora le parti non trovino un accordo sulla separazione, il mediatore familiare preposto dal Centro di Mediazione al tentativo di conciliazione invia idonea informativa ove sia ricompresa una soluzione, anche parziale, sulla quale le parti concordano. All’informativa il Mediatore allega i “piani familiari” eventualmente presentati ed un Piano Familiare provvisorio da attuare preliminarmente al primo dispositivo del tribunale. Il Centro rilascia alla parte copia dell’informativa di mancato accordo entro cinque giorni dalla richiesta. Delle risultanze dell’informativa e degli allegati, nonché dal tenore complessivo della condotta di ciascun genitore durante la vigenza del Piano provvisorio di cui al primo comma, il Presidente ed il Giudice istruttore tengono conto nelle loro decisioni in sede di separazione giudiziale dei coniugi”.
Successivamente all’art. 706 ter c.p.c. viene introdotto il seguente art. 706 quater c.p.c.:
Procedibilità della domanda. “L’espletamento del tentativo di conciliazione costituisce condizione di procedibilità della domanda promossa ai sensi dell’art. 707 c.p.c., ad eccezione dei casi di grave e imminente pericolo per l’incolumità dei minori, per i quali la domanda si accompagni a ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. nel quale dovranno essere esposte le motivazioni che richiedono l’urgenza dell’intervento in sede civile. Il Presidente, ove rilevi che il ricorso all’art. 700 c.p.c. sia strumentale all’inosservanza del tentativo di conciliazione, dispone a carico del genitore istante un ammonimento formale e una sanzione pecuniaria variabile da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 25.000 euro.
Qualora il tentativo di conciliazione non sia stato promosso, ovvero la domanda giudiziale sia stata presentata prima dei sessanta giorni previsti per l’effettuazione del tentativo stesso, dichiara la domanda improcedibile e decide sulle spese del giudizio. In ogni caso, laddove lo ritenga opportuno nell’interesse dei minori, il Presidente può comunque disporre ai sensi e per gli effetti dell’art. 708 c.p.c.”.
L’ultimo comma dell’art. 709-ter c.p.c. è sostituito dal seguente:
“I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nelle modalità previste dall’art. 708 ultimo comma c.p.c”
ART.11
(Sostituzione articolo 707 Codice procedura Civile )
“L’art. 707 c.p.c. è così sostituito:
“La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata.
Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate. Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli di entrambi i coniugi”.
ART.12
( Introduzione articolo 707 bis Codice Procedura Civile)
Successivamente all’art. 707 c.p.c. viene introdotto il seguente art. 707 bis c.p.c.:
“I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l’assistenza del difensore.
Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto.
Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata”.
ART. 13
( Modifiche al comma 4 dell’articolo 709 Codice Procedura Civile)
Il quarto comma dell’art. 709 c.p.c. è così modificato:
“I provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con ordinanza di cui al terzo comma dell’art. 708 possono essere revocati o modificati anche provvisoriamente nel corso di causa dal giudice istruttore. I provvedimenti di revoca o modifica emessi dal giudice istruttore sono reclamabili ai sensi dell’art. 669Terdecies c.p.c. ”
ART.14
( Sostituzione comma 2 articolo 709 – ter del Codice Civile)
Il secondo comma dell’art. 709-ter del codice civile è così sostituito:
Art. 709-ter. Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni.
2. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. A seguito di tutti gli atti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento condiviso di cui all’Art. 337-quater, il giudice emette provvedimenti di ripristino, restituzione e compensazione delle modalità di cura e permanenza del minore presso il genitore ostacolato. Nei casi di denunce rivelatesi infondate e /o strumentali il giudice modifica i provvedimenti adottati e applica una o più delle seguenti misure:
1) il ricollocamento immediato del minore a seguito di provvedimento di archiviazione e/ o comunque decorsi ventiquattro mesi dalla presentazione della denuncia senza che la persona denunciata venga rinviata a giudizio.
2) un risarcimento danni a carico del genitore che ha presentato denunce poi rivelatesi infondate e/o archiviate, a favore del genitore ingiustamente accusato,
3) un risarcimento danni da un minimo di 15.000 euro a un massimo di 100.000, vincolato a favore del minore, che potrà disporne un volta compiuta la maggiore età”