Condannare la madre? Non avrebbe risolto nulla
Il giudice delle separazioni “Condannare la madre? Non avrebbe risolto nulla” “Magistrati senza mezzi ma non servono nuove leggi” Secondo la Corte europea di Strasburgo i giudici italiani che si occupano di famiglia non sono in grado di fare applicare le sentenze. Per lo meno non davanti alla caparbietà di una madre che ha impedito a un coniuge per sette anni di vedere la figlia. «Generalizzare è sempre molto pericoloso» risponde Gloria Servetti, presidente della nona sezione del tribunale milanese, la stessa che ha deciso la separazione tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario e che quotidianamente decide anche molte altre cose, entrando direttamente nella vita delle famiglie.La Corte di Strasburgo parla di «procedure automatiche e stereotipate». Ma quando viene emessa una sentenza e uno dei due coniugi non la rispetta, cosa succede? «Diventa un problema di esecuzione. In quel caso l’unica strada che hanno i tribunali è quella di investire i servizi sociali, in prima battuta, per un monitoraggio a garanzia dei provvedimenti in vigore. In seconda battuta, l’intervento può diventare più forte con l’affidamento del minore conteso ai servizi sociali e all’ente territoriale, cioè il comune, perché come organo terzo e super partes provveda nell’interesse dei minori a far si che abbiano un rapporto continuativo e regolare con ciascuno dei genitori. Non vuol dire con questo che i minori vengano sottratti al genitore responsabile e affidati a una comunità, semplicemente il diritto della patria potestà viene affievolito». Per i giudici di Strasburgo il ricorso agli assistenti sociali non è sufficiente. «I tribunali probabilmente non sono attrezzati dal punto di vista normativo ma dopo trent’anni di lavoro sul campo non riesco a prefigurarmi quale norma potrebbe essere introdotta». Manonesistelatutelapenale,ilricorso cioè alla forza pubblica? «Sì, esiste. Ma anche quella, a cosa porta? A una condanna per un genitore inadempiente che di per sé non garantisce che le cose possano cambiare. L’unico sistema è insistere sulla potestà genitoriale. Mi domando cos’altro potrebbe uscire dalla mente di un legislatore per rendere effettivo questo diritto. Bisogna lavorare sulla cultura della responsabilità genitoriale». Apparentemente oggi sembra essere l’uomo «la parte debole». «Quando due genitori litigano sono deboli entrambi. Sui giornali arrivano i casi che fanno notizia, ma nella realtà quotidiana le cose sono diverse. Intanto oggi gli affidi dei figli sono sempre condivisi. Spesso i padri se sono chiamati a pagare assegni cercano di non pagarli… Oppure non sono così solerti nel voler vedere i figli. La situazione tutto sommato è paritetica. Generalizzare è molto pericoloso, le assicuro che le situazioni sono le più disparate e vanno al di là di ogni fantasia». Ma i giudici della famiglia sono davvero attenti ai casi che trattano o soccombono ai grandi numeri? «Purtroppo questo è un settore dove fare una sentenza non risolve il problema. Oltre alla sentenza ci vuole una modificazione del modo di pensare, un approccio diverso nell’essere genitore. Ci sono casi che si sono risolti più perché il tribunale era riuscito a trasmettere un messaggio che a scrivere una sentenza». Fonte lastampa.it PAOLO COLONNELLO MILANO