LA CASA DEI PAPÀ
Un progetto promosso dalla Associazione Papà Separati Liguria subisce una battuta di arresto e una non trascurabile revisione del regolamento.
Quando sento parlare di progetti che avrebbero come obiettivo quello di dare un alloggio temporaneo a padri che si ritrovano senza un tetto sulla testa e che sono promossi da istituzioni pubbliche mi lascio travolgere da un sano ma deciso scetticismo. Pensare che un amministratore pubblico si adoperi per risolvere in questo modo un problema che da più parti viene indicato come il risultato di inadempienze e di disapplicazione della legge da parte delle istituzioni stesse risulterebbe perlomeno un atto di ingenuità logica. In Italia siamo ormai abituati da tempo a subire le soluzioni proposte da chi in realtà costituisce parte del problema. Difficile poi escludere che tali soluzioni non siano il risultato di uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche. Troppo spesso, le proposte vengono da una sola parte politica a trascurabile distanza da una consultazione elettorale.
Ben vengano però le iniziative promosse dalle associazioni, dove il volontariato ottiene risultati significativi laddove le amministrazioni non arrivano.
L’INIZIATIVA.
L’associazione Papà Separati Liguria, ha avuto l’opportunità seria di sperimentare il progetto, ancora senza un nome e con un regolamento ancora allo studio, avendo da una parte la disponibilità, anche se temporanea, di un alloggio, e dall’altra l’emergenza di un papà senza casa con la necessità di avvicinarsi per poter riallacciare il rapporto con i propri figli. E’ stata un’occasione assolutamente da non perdere. Le variabili in gioco riguardavano la ricerca di un lavoro. La disponibilità da parte del papà a sostenere le spese di gestione dei consumi relativi a luce e gas. Di un affitto ridotto a 1/3 della quota di mercato con la disponibilità a condividere l’alloggio con altri eventuali papà. Senza dimenticare che l’obiettivo era quello di dare un luogo di incontro immediato in attesa di trovare una soluzione più adatta e definitiva.
LE MODALITÀ.
Naturalmente l’impegno da parte della associazione era anche condiviso dal proprietario dell’immobile che visto la temporaneità della soluzione si era mostrato ben disposto a sospendere eventuali legittime condizioni di sfruttamento economico dell’alloggio fino alla soluzione della situazione abitativa di questa persona (di cui per correttezza non rivelo il nome ma solo le iniziali F.G.). Gli accordi prevedevano naturalmente che l’associazione avesse ampia discrezionalità nell’accogliere nell’alloggio altre persone e di assegnare di volta in voltale camere a seconda delle esigenze. Tutte queste condizioni sono state accettate di buon grado da F.G. e ritenute assolutamente vantaggiose. Il progetto si avviava verso la sua prima sperimentazione. La domanda ora sorge spontanea.
COME È ANDATA A FINIRE?
Non si può pretendere che un progetto affrontato nell’emergenza non possa avere degli aspetti di criticità. I problemi se ci sono vanno affrontati e risolti affinchè il beneficiario possa ritenere di aver avuto dei risultati apprezzabili e che l’associazione abbia rispettato gli scopi imposti dallo statuto a cui si ispira.
Il problema vero è che non ci troviamo in nessuna di queste situazioni e il progetto deve ricominciare da capo con un nulla di fatto, perchè, allo stato attuale, non possiamo capitalizzare l’esperienza in modo positivo ma mettere mano pesantemente al regolamento.
COSA È SUCCESSO.
Semplice… il signor F.G. si è rivelato assolutamente inaffidabile!
Esaminiamo in dettaglio cosa è successo cercando di illustrare obiettivamente i fatti:
- Per qualche motivo il primo colloquio di lavoro non è andato a buon fine. F.G. aveva oramai occupato l’alloggio e soltanto dopo ha rivelato che la ferita al braccio, di cui non ha mai sostenuto potesse rappresentare un handicap per lo svolgimento di una qualsiasi attività di lavoro, di fatto lo è diventata, almeno per la mansione alla quale era stato chiamato.
- La frequenza agli incontri serali in cui si raccolgono gli interventi dei papà bisognosi di assistenza e consulenza si è progressivamente ridotta da parte di F.G., tant’è che l’associazione, di fatto a tutt’oggi, non è in grado di avere elementi certi sulla situazione legale e dei rapporti di F.G. con gli assistenti sociali.
- A seguito di successive segnalazioni di lavoro pervenuteci grazie all’aiuto degli associati, F.G. ha ritenuto di non rispondere a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
- Nel momento in cui le comunicazioni si sono rivelate più problematiche il presidente dell’associazione ha sollecitato un incontro con F.G.; avendo il proprietario dell’immobile ricevuto delle lamentele dall’inquilino dell’alloggio sottostante che ha ripetutamente sostenuto che il sabato e la domenica i rumori provenienti dall’alloggio occupato da F.G.indicavano senza ombra di dubbio che F.G. non era solo.
- All’incontro con F.G. hanno partecipato il Presidente , il vice-presidente ed un componente del direttivo. In tale incontro F.G. ha rivelato di non sentirsi a suo agio ad intervenire agli incontri serali; da quell’incontro non ha più partecipato agli incontri serali nella sede della Associazione.
- Considerando che F.G., a causa di precarie condizioni di salute, non riusciva ad avere una condizione fisica ottimale per accettare un lavoro, l’associazione in accordo con il proprietario ha proposto di barattare l’affitto mensile con una attività di assistenza sociale che avrebbe fatto risparmiare del denaro al proprietario. Anche in questo caso F.G. ha declinato l’invito giudicando se stesso non adeguato a svolgere quel tipo di attività.
- In un incontro successivo si è appurato che la “addetta alle pulizie” (così come era stata presentata al proprietario dell’alloggio) veniva da Torino tutte le settimane e si fermava spesso anche il sabato e la domenica. In questa occasione si è scoperto che la “donna delle pulizie” in realtà era la sua fidanzata e il proprietario evidentemente aveva frainteso le sue parole. Resta il fatto che F.G. ha ritenuto opportuno spostare il suo interesse dalla cameretta ad un letto, originariamente assegnatali, alla camera matrimoniale, giudicata più confortevole, accogliendo la sua compagna, senza informare nessuno e contravvenendo così agli accordi iniziali in cui si chiedeva di non accedere alla camera principale, che avrebbe potuto tornare nella disponibilità del legittimo inquilino e cioè la mamma del proprietario dell’alloggio, momentaneamente residente con il figlio per problemi di salute.
- Visto che i primi pagamenti sono stati regolari, e in considerazione del fatto che F.G. non aveva ancora un lavoro, quando si è chiesto conto della sua solvibilità per i mesi successivi,F.G. ha candidamente affermato che la sua compagna gli avrebbe dato quanto dovuto.
- Quando si è presentata la necessità di accogliere un’altro papà senza casa, F.G. si è dimostrato estremamente disponibile. Il problema si è presentato appena il giorno successivo alla assegnazione della camera al nuovo papà. Questa persona è stata accusata di non aver vigilato sull’operato della figlia, che sembra abbia compiuto un furto ai danni di F.G. In questo frangente il proprietario dell’immobile è stato costretto a mandare via il nuovo inquilino dopo che F.G. si è fatto restituire il maltolto. Questa parte della storia rappresenta la parte più oscura della vicenda, in quanto F.G. si è incaricato in prima persona di risolvere la questione mantenendo, di fatto, tutti accuratamente lontano dalla questione, e facendo sorgere il dubbio che il nuovo inquilino sia stato in qualche modo manipolato o che sia stato indotto di buon grado ad allontanarsi da una situazione che sarebbe stata compromettente per lui stesso. Anche questo papà aveva il desiderio di ottenere una situazione ottimale per poter incontrare la figlia.
- Il periodo di permanenza di F.G. è stato pari a 7 mesi, di cui 3 mesi non pagati. Il solo motivo che ha spinto F.G. ad abbandonare l’alloggio è stato un inaspettato quanto provvidenziale black-out.
CONSIDERAZIONI FINALI.
Ci sono stati degli errori di percorso da parte dell’associazione? Assolutamente no. Si è cercato di fare, come si dice, “un buon lavoro”, cercando di dare l’aiuto che era stato chiesto e sostenuto da argomentazioni assolutamente condivisibili e che purtroppo capita spesso di ascoltare da parte di padri in seria difficoltà, ma che in questo caso hanno assunto solo i connotati dell’oppotunità e del tornaconto personale. E’ probabile che F.G. abbia una interpretazione diversa, ma quelli illustrati sono dei fatti incontrovertibili che andrebbero valutati per quello che sono e che non possono trovare una giustificazione plausibile.
L’associazione ha provveduto a revisionare il regolamento formalizzando una serie di requisiti che si rendono necessari per tutelare sia le iniziative della associazione sia gli interessi leggittimi di quei papà che hanno davvero bisogno di un aiuto concreto.
Nel caso si avesse bisogno di ricevere informazioni in merito, scrivere a info@papaseratiliguria.it