Affido condiviso dei figli. Una legge disapplicata
La legge sull’Affido Condiviso ha appena compiuto cinque anni di vita. Potremmo dire di “non-vita”, perchè la sua larga disapplicazione, da parte dei tribunali di merito, non ne fa percepire l’effettiva esistenza nel nostro Ordinamento.
·Molti sono i problemi rimasti sul tavolo, e tutti dipendono dalla volontà della Mgistratura di non applicare una legge che non è piaciuta, fin dall’inizio.
Sembra quasi che oggi, in tutti i tribunali italiani, venga applicata una legge che il Parlamento non ha mai scritto. La vera norma, che sulla carta avrebbe dovuto capovolgere il sistema giudiziario in materia di affidamento dei figli, viene aggirata per mezzo di una invenzione giurisprudenziale (il c.d. Domicilio Prevalente) e l’imposizione dell’assegno di mantenimento, anche a parità di reddito.
A ben vedere, a causa della elezione di uno genitore con il quale i figli dovranno convivere maggiormente, si è svuotato del tutto il significato che il Legislatore, nel 2006, aveva voluto attribuire alla L. 54, riproponendosi in tal modo quell’affido mono-genitoriale che l’Italia non voleva più.
L’Osservatorio Nazionale ADIANTUM sul condiviso, che ad oggi annovera un campione di 1.020 sentenze provenienti da quasi tutti i tribunali italiani, è nato per controbilanciare l’informazione sull’affidamento dei figli proveniente dall’ISTAT e dai tribunali. I dati provenienti da quelle fonti, infatti, sono fortemente viziati dalla prassi, del tutto inventata dalla magistratura (non è prevista nel dettato della L. 54/2006) del “domicilio prevalente” presso un solo genitore nelle cause di separazione. Tale prassi, in tutta evidenza, aggira del tutto la norma in vigore ormai da 5 anni e falsa le statistiche sulla reale applicazione della norma.
Dal campione analizzato si evince che, a fronte di un 95% di concessione nominale del condiviso, così come comunicata dagli organi di informazione, si oppone il dato del 93% di attribuzione del “domicilio prevalente” presso la madre e del 2% presso il padre. Pertanto, il dato che si ricava ci dice che nel 90% dei casi la legge in vigore non viene applicata: i tribunali concedono il condiviso solo formalmente, ma i contenuti delle sentenze (tempi di permanenza con i figli e imposizione dell’assegno anche a parità di reddito) sono ancora quelli dell’affidamento esclusivo. Dai dati in nostro possesso, poi, si ricava che il c.d. Mantenimento Diretto (previsto dalla legge 54), viene negato nel 98% dei casi, e la prassi dell’assegno – anche tra due ex coniugi che hanno il medesimo stipendio – è ancora l’unica ad essere applicata.
L’Osservatorio, nell’applicazione di una corretta metodologia, ha operato anche un distinguo tra i tribunali ordinari (che disciplinano le separazioni tra le coppie formalmente sposate) e quelli minorili (a cui va la competenza per le coppie di fatto). Ebbene, nei secondi l’applicazione dell’affidamento esclusivo alla madre è ancora molto diffusa, rispetto a quanto avviene nei primi. Si tratta solo di differenze esclusivamente terminologiche, perchè il contenuto e i tempi di permanenza previsti sono del tutto uguali tra loro, cambiando solo la denominazione formale del regime. In particolare, nei tribunali dei minori la L. 54/2006 viene aggirata, oltre che con il sistema del “domicilio prevalente”, anche con la formula dell’ “affidamento ai servizi sociali competenti per territorio e collocazione abitativa presso la madre“. Si tratta di un vero e proprio stratagemma per affidare i bambini al “genitore sessualmente corretto” anche in presenza di chiari motivi di pregiudizio per i bambini (che motivano formalmente l’affidamento ai servizi). Tale aggiramento, per il quale i tribunali minorili si servono della stretta collaborazione degli assistenti sociali, dura mediamente dai 3 ai 5 anni, e “scherma” perfettamente un vero e proprio affidamento esclusivo, mascherato da esigenze di tutela assolutamente infondate (conflittualità, “tenera età etc). La tipicità del rito minorile spiega perchè nei tribunali ordinari non venga adottata mai questa misura.
Riguardo ai tempi di permanenza, i magistrati ancora oggi non si discostano dall’organizzazione tipica del modello antacedente alla Riforma del 2006: un pomeriggio a settimana e un week end alternato, e il numero medio dei pernottamenti è pari a 6 al mese (per il padre).
Sintetizzando i dati di ricerca dell’Osservatorio, si rinviene che:
– Totale campione: 1.020 sentenze/provvedimenti
– Fonte: tribunali ordinari e minorili
– Copertura geografica (regionale) Italia: 100%
– Copertura distretti corte di appello: 89%
– Provvedimenti recanti domicilio prevalente presso la madre: 969
(distribuzione tempi con figli: 83% madre – 17% padre)
– Provvedimenti recanti domicilio prevalente presso il padre: 20
(distribuzione tempi con figli: 31% madre – 69% padre)
– Provvedimenti recanti tempi di permanenza pressocchè paritetici: 31
– Media mensile dei pernottamenti per il genitore “non domiciliatario” (bambini > 3 anni di età): 6,5
– Media mensile dei pernottamenti per il genitore “non domiciliatario” (bambini < 3 anni di età): 2,5
– Media mensile dei pernottamenti per il genitore “domiciliatario” dei figli: 26,5
– Media giorni consecutivi nelle vacanze estive per il genitore “non domiciliatario” (bambini > 3 anni di età): 18
– Media giorni consecutivi nelle vacanze estive per il genitore “non domiciliatario” (bambini < 3 anni di età): 4
– Media giorni consecutivi nelle vacanze natalizie per il genitore “non domiciliatario” (bambini > 3 anni di età): 4,5
– Media giorni consecutivi nelle vacanze natalizie per il genitore “non domiciliatario” (bambini < 3 anni di età): 1,5
Sulla scorta di queste risultanze, sarebbe doveroso, da parte dell’ISTAT, una formale rettifica della metodologia, approntando una nuova ricerca che tenga conto del fenomeno – tutt’altro che marginale – della domiciliazione prevalente.