Affido condiviso: riforma ostaggio delle lobby di avvocatura e magistratura
Non fa passi avanti la nuova·legge sull’affido condiviso dei minori in caso di separazione (DDL 957 e 2454) che da troppo tempo giace in un cassetto al Senato.
Dopo la chiusura dei termini di iscrizione per le audizioni, il 16 marzo scorso, non ci sono stati fatti nuovi: a questo punto risulta fortemente a rischio la conclusione dell’iter entro questa legislatura. Questa “legge bis” sull’affido si è resa necessaria dopo che il precedente testo approvato nel 2006 è stato sistematicamente forzato dalla magistratura nella fase applicativa, fino a tradire completamente lo spirito del dispositivo e perpetuare·de facto nella maggior parte dei casi un affidamento monogenitoriale – quasi sempre alla madre.
Da un lato assistiamo ad·una percentuale già di per sé bassa di concessioni “nominali” dell’affido condiviso – considerando che si dovrebbe poter escludere un genitore solo nei rari casi in cui questo sia potenzialmente pericoloso per il bambino. Dall’altro ci troviamo di fronte ad un sostanziale·svuotamento del concetto di affido condiviso che viene ricondotto negli effetti pratici all’affidamento esclusivo ad un solo genitore attraverso l’invenzione·ad hoc di figure giuridiche non previste, come il “genitore collocatario” o “prevalente”, e attraverso la sistematica adozione di soluzioni, come la “residenza privilegiata” o il mantenimento dei figli mediante assegno, che la riforma invece intenzionalmente superava.
Nei fatti, i nuovi DDL con relatrice la sen.Gallone ribadiscono e rendono vincolanti i principi del doppio domicilio e del mantenimento diretto.
Si prevede, in altre parole, che entrambi i genitori siano chiamati ad oneri diretti di cura del minore e che possano trascorrere con lui, flessibilmente, un tempo comparabile. Inoltre il padre e la madre mantengono direttamente il figlio per i capitoli di spesa che sono loro assegnati e dunque si fuoriesce dalla logica attuale in cui il genitore non affidatario (o “non collocatario”) deve trasferire un assegno all’altro genitore che dispone in pieno dell’effettiva spesa del denaro.
Il principio del diritto dei figli a fruire dell’apporto dei genitori in condizioni di parità nei doveri e nelle opportunità è un concetto moderno, avanzato ed evidentemente·fair, tanto che pubblicamente è molto più facile per i politici dirsi favorevoli che contrari, prova ne sia il fatto che, alla fine, la prima legge sull’affido condiviso è stata approvata dal parlamento pressoché unanimemente. Tuttavia i contrari ci sono eccome, e la loro strategia in questa legislatura, così come lo era stata nella legislatura 2001-2006, è quella di tentare di insabbiare la riforma e poi, quando questa arriva effettivamente in discussione, di introdurvi emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno lo scopo di introdurre teste di ponte che consentono la continuazione di prassi applicative·contra legem,·ostili all’affidamento condiviso.
Contro la nuova legge militano oggi da un lato un malinteso femminismo che preferisce l’obiettivo di un sindacalismo di genere (in questo caso figli e soldi alle donne) a quello del superamento dei ruoli sessuali tradizionali, dall’altro l’atteggiamento corporativo dell’avvocatura e della magistratura che si sentono sminuite nelle loro prerogative dal progetto di riforma – e non bisogna dimenticare che avvocati e magistrati sono due categorie ampiamente “sovrarappresentate” all’interno delle aule parlamentari.
E’ chiaro, infatti, che·l’affermazione del diritto soggettivo del minore ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori toglie margini di discrezionalità e quindi in definitiva potere ai giudici ed al tempo stesso va a disinnescare il conflitto tra i coniugi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio (e con esso l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa), privando gli avvocati di uno spazio lucrativo di azione professionale.
Proprio alcune associazioni di avvocati e di magistrati hanno portato in queste ultime settimane un attacco frontale al “condiviso bis”. E’ il caso·dell’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura),·dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori),·dell’UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili) e·dell’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia).
Le critiche di queste associazioni alla riforma sono in gran parte fuori bersaglio, al punto che –·come notanol’associazione Crescere Insieme ed il Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori spesso si riducono ad illazioni relative ad aspetti che neppure sono contenuti nel DDL. Nella maggior parte dei casi, si afferma in pratica che la legge sull’affido va bene così com’è, purché non venga applicata, e si sostiene come un “condiviso” effettivo andrebbe a detrimento del bambino e della donna.
In realtà il minore ha solo da guadagnare dal mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, tanto dal punto di vista del suo sviluppo psicologico ed emozionale, tanto da quello dell’effettivo tenore di vita – in quanto, quando i padri sono coinvolti direttamente nella cura dei figli, la loro predisposizione a spendere per loro si accresce.
Sostenere, invece, che il passaggio dall’assegno al mantenimento diretto “indebolisca” economicamente le donne rappresenta un’insinuazione alla quale le madri dovrebbero essere le prime a ribellarsi, dato che può implicare che esse attualmente spenderebbero per loro stesse il denaro che ricevono dall’ex-marito per il mantenimento dei figli. E non è un caso che proprio da associazioni di donne come la Federcasalinghe – espressione della categoria in teoria più “debole” – venga invece·un vigoroso sostegno ai due DDL in nome di effettive pari opportunità.
Evidentemente·ha del surreale il tentativo di giustificare l’affidamento esclusivo del figlio alla madre come forma di perequazione del·gap·economico e sociale tra uomini e donne, anche perché in caso di significativo squilibrio di reddito tra i due ex-coniugi sussistono·altri strumenti compensativi (come l’assegno per il mantenimento del coniuge) che però devono collocarsi su un piano assolutamente distinto rispetto a quello dei rapporti dei genitori con il minore.
E malgrado le forze di centro-destra si mostrino in generale culturalmente aperte alla riforma dell’affido, non manca purtroppo anche chi preferisce rappresentare un anello di collegamento con gli interessi organizzati di giudici ed avvocati. E’ il caso, in gran parte, del sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati che si sta producendo in·inverosimili difese d’ufficio dell’operato della magistratura e delle attuali forme di applicazione dell’affidamento.
Non è escluso, peraltro, che dietro all’atteggiamento molto critico di alcune lobby nei confronti del “condiviso bis” vi siano anche questioni collaterali rispetto all’oggetto principale della riforma. Ad esempio, se la magistratura minorile appare particolarmente bellicosa è forse anche perché i DDL in esame prevedono l’unificazione delle competenze nei giudizi di affidamento, con l’equiparazione della filiazione naturale e legittima, attribuendole a sezioni specializzate del tribunale ordinario e non a forme riorganizzate del tribunale per i minorenni.
Allo stato attuale delle cose l’azione di·lobbying degli avversari del “condiviso” pare destinata al successo e può essere contrastata solo dal prevalere di una chiara determinazione politica da parte dei maggiori partiti in favore della bigenitorialità.
Fin dai prossimi giorni occorrerà accrescere la pressione per addivenire ad una rapida calendarizzazione delle audizioni ed a seguire per portare la nuova proposta in aula.
Anche la legge del 2006 fu approvata in extremis, appena prima della conclusione del mandato delle due Camere: questo fa sperare che anche questa volta si sia ancora in tempo per portare il nuovo dispositivo al traguardo. Serve, però, un’effettiva volontà.
Fonte www.libertiamo.it
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