Alcune regole per farsi ubbidire dai bambini senza urlare
Nessun genitore ama urlare ai propri figli, ma poi si presentano le difficoltà di ogni giorno: bambini che non ascoltano, giochi che nessuno vuole riordinare o compiti non finiti… e inevitabilmente si alza la voce.
Perchè urlare non serve?
Un bambino che si sente dire urlando: “stupido” “sei un buono a nulla” come potrebbe reagire? Sicuramente non si sente spronato a fare meglio, e non riesce ad ascoltare i rimproveri e dare peso alle parole dei genitori. Il più delle volte le reazioni potrebbero essere: offesa, difesa e chiusura.
Per non parlare della rabbia che tuo figlio potrebbe nutrire nei tuoi confronti e non esprimere, pensando che con te non si può ragionare. Quando un genitore urla, il bambino potrebbe pensare che c’è qualcosa di sbagliato in lui, di conseguenza, scatta la paura e la convinzione che la mamma o il papà non gli voglia più bene.
Urlare inoltre potrebbe far scatenare nel bambino i sensi di colpa, e l’umiliazione. La sgridata squalificante infatti, tende a colpire l’autostima del bambino, che si sente “sbagliato”. In ogni caso, se proprio non riesci a trattenerti, fai seguire l’urlo da un sorriso, così che il bambino possa rassicurarsi e capire che non deve avere paura di te.
6 regole per farsi ubbidire dai bambini senza urlare
Purtroppo non c’è un’unica strategia sempre valida, ma una serie di accorgimenti e di comportamenti possono certamente essere d’aiuto. Vediamo quali sono.
Aiutalo a responsabilizzarsi
Innanzitutto sappi che non esiste un manuale del genitore perfetto, pertanto non sentirti in colpa quando non saprai come comportarti con tuo figlio. Il vero compito di un bambino è crescere e diventare una persona autonoma. Come sottolineava Maria Montessori già all’inizio del Novecento. Aiutare a sviluppare l’indipendenza può essere sperimentato fin piccolissimi e costituisce un processo di crescita in grado di cambiare radicalmente il rapporto con se stessi e l’autorità. Tagliare il cibo nel piatto dei bambini, vestirli anziché guardare mentre si vestono, allacciare loro le scarpe fa guadagnare tempo, ma per i piccoli è la perdita di un momento in cui mettersi alla prova, imparare a fare, diventare più esperti e sicuri.
Il fine dell’educazione è aiutare un bambino a diventare un adulto consapevole: ricorda che nessun bambino è uguale a un altro, perché ogni essere umano è unico. Dunque, ciò che vale per qualcuno può non essere adatto per altri.
Secondo la psicologia, le sculacciate bloccano l’azione del bambino solo nell’immediato: sono la paura e il senso di colpa a dettare un limite, tuttavia questo metodo non aiuta i piccoli a diventare più consapevoli dei comportamenti adeguati da seguire. Il concetto di sfida appare direttamente collegato a questa modalità, perché se la regola viene seguita con paura, a cui si aggiunge il timore per le conseguenze provocate, di frequente accade che la proibizione si ammanti di fascino e possa diventare un’esca tentatrice.
Cambia modo di acquisire autorevolezza
Urlare è espressione di una rabbia così potente da travolgere tutto: in questi momenti la tensione esplode, si perde il controllo e spiegarsi con calma diventa un miraggio. Che cosa esprime un corpo pieno di rabbia? Chi strilla di più ha ragione, ecco l’idea che viene trasmessa. Il rischio è che un comportamento simile, anche se sporadico, può creare le fondamenta di un atteggiamento aggressivo nel bambino: il bambino tenderà a imporre il suo punto di vista urlando. Un modo efficace di comunicare è quello di usare uno sguardo diretto insieme a un tono di voce basso. Altro consiglio è quello di parlare lentamente: quando trasmettiamo sicurezza, un semplice sguardo riesce a veicolare autorità e incutere rispetto.
Correggi il linguaggio
Se in casa vigono regole chiare e precise, per un bambino sarà più facile capire e seguire qualcosa sempre uguale. Anche per questo motivo è strategico usare un linguaggio impersonale e oggettivo quando esponiamo ai bambini una regola, anziché comandare con un imperativo. Ecco un chiaro esempio di Daniele Novara, che nel libro ” Urlare non serve a nulla. Gestire i conflitti con i figli per farsi ascoltare e guidarli nella crescita ” spiega la differenza fra «Stai seduto!», un comando, e «A tavola si mangia seduti», una regola educativa. Modificare il linguaggio quotidiano ha conseguenze positive perché aiuta a comunicare in una modalità più legata ai fatti che alla rabbia del momento.
Per esempio, al classico «Di chi è la colpa?», che si basa su un concetto di bene, male e la ricerca di un colpevole, meglio sostituire «Che cos’è successo?», che punta a una spiegazione più obiettiva. Perché è sbagliato dire «Sei cattivo!» a un bambino: per una comunicazione efficace è fondamentale distinguere la persona dal comportamento. Dunque, possiamo fare i cattivi, ma non siamo cattivi.
Impara a dire di no
Non aver paura di dire di no: è importante per il suo sviluppo che il bambino si trovi anche a gestire la frustrazione derivante dal fatto di non avere tutto quello che vuole. Limiti e divieti sono necessari, pertanto non farti prendere dai sensi di colpa e sii convinte: stai solo facendo il bene dei tuoi figli. Inoltre, se il bambino avverte che non sei convinto/a delle regole e dei limiti che poni, come farà ad essere ubbidiente e a rispettarli?
Concentrati solo sulla marachella appena compiuta
Come è possibile difendersi da qualcuno che urla in continuazione? Smettendo di ascoltare. A volte le giornate possono essere davvero difficili e una gridata può involontariamente diventare un punto di non ritorno in cui esplodono emozioni profonde. Evita di trasformare una sgridata verso qualcosa che è accaduto nel passato. Concentrati sul presente. Evitare di aggiungere ai fatti del momento il nostro carico emotivo a volte è difficile ma un atteggiamento simile non aiuta al bambino: se per esempio tuo figlio ha fatto cadere un bicchiere, non serve che tu gli rinfacci che la settimana prima ha rotto un vaso. In questo modo il bambino si percepirà come incapace e di conseguenza le sue azioni saranno dettate dall’insicurezza.
Pensa positivo
È meglio mostrare approvazione per i buoni comportamenti piuttosto che mostrare disapprovazione per quelli meno buoni. L’approvazione non deve essere generica ma diretta a un’azione specifica; per esempio “grazie per aver messo i tuoi vestiti nel cassetto”, “grazie per aver fatto giocare il tuo fratellino con i tuoi giochi”.
Elogia il bambino quando obbedisce
Allo stesso modo è molto utile elogiare anche un comportamento corretto, evidenziando la propria soddisfazione quando il bambino obbedisce, è bravo e fa qualcosa bene: la lode e l’incoraggiamento lo sproneranno a ripetere il comportamento che è stato oggetto di tanti elogi. Questo porterà via via il bambino a ridurre scenate e atteggiamenti inappropriati e capricciosi, perché saprà come attirare l’attenzione in modo più costruttivo e più gratificante anche per se stesso.
Fonte : https://psicoadvisor.com/9-regole-per-farsi-ubbidire-dai-bambini-senza-urlare-2960.html