Cassazione n. 250/11 – Tutela i figli usati come scudi nella guerra dei Roses
La Cassazione scende in difesa dei figli vittime del rapporto conflittuale tra i genitori. E lo fa con due sentenze in cui condanna in un caso il padre in un altro la madre, colpevoli di coinvolgere i minori in una “guerra dei Roses” combattuta all’interno del matrimonio.
Condannata una calabrese che minacciava il figlio
Con la sentenza n. 250 del 10 gennaio gli ermellini condannano per maltrattamenti una donna calabrese di 50 anni che sottoponeva il figlio minorenne a vessazioni, umiliazioni e minacce continue che avevano avuto sulla sua crescita “effetti devastanti”. Comportamento che, secondo la difesa andava attribuito, come testimoniavano le consulenze dei consulenti ( psicologo e psichiatra) al rapporto conflittuale della madre con il padre del ragazzo. Secondo i periti sia lei che il marito erano portati «a strumentalizzare i figli, usati nella crisi coniugale per scopi vendicativi nei confronti del coniuge». La teoria dei figli usati come degli “scudi umani” viene respinta con fermezza dalla sesta sezione che, pur tenendo conto della personalità disturbata di entrambi i genitori, conferma la condanna basandosi anche sulla testimonianza dello stesso minore e dei suoi insegnanti.
Allontanato un padre per maltrattamenti in famiglia
Con la sentenza n. 552 depositata oggi, sempre i giudici della sesta sezione dispongono l’allontanamento del padre di due bambine dalla loro casa per maltrattamenti in famiglia. La misura cautelare era stata adottata dal Gip di Trapani ma cancellata dal Tribunale del riesame per la difficoltà di provare la colpevolezza dell’uomo in un clima in cui tra i due coniugi sussisteva «una variopinta rappresentazione di reciproci soprusi familiari che…non consente di distinguere tra vittima e carnefice». Una scelta per cui i giudici di piazza Cavour “bacchettano” i colleghi del Riesame per essersi limitati a verificare il pregiudizio nei confronti della consorte senza considerare il danno fatto alle figlie minori, anche loro vittime, dirette o indirette, dei maltrattamenti tra i coniugi.