Cassazione N. 32290/23 – Affidamento dei figli ai servizi sociali, compiti definiti anche prima della riforma Cartabia
La Cassazione, ordinanza n. 32290/2023, fa chiarezza sul regime di assegnazione della prole minore ai servizi sociali individuando una linea di continuità tra quanto specificamente previsto dalla Riforma Cartabia a partire dal 28 febbraio scorso e quanto invece desumibile dal regime precedente. Affermando che anche prima dell’inserimento dell’articolo 5-bis nella legge n. 184 del 1983, da parte del Dlgs n. 149 del 2022, il “mandato di vigilanza e di supporto” va distinto dalla diversa ipotesi di affidamento ai servizi a seguito di un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale. In questo secondo caso i compiti dei servizi sociali devono essere descritti specificamente, in quanto essi non possono svolgere funzioni tipiche dei genitori se non chiaramente individuate nel provvedimento limitativo.
Il chiarimento arriva nell’ambito di un procedimento per la richiesta della modifica del regime di affidamento condiviso, con collocamento presso la madre delle figlie minori, due gemelle di dieci anni, addizionato da un mandato di vigilanza e supporto e conferito ai servizi sociali, ai quali si sono contestualmente conferiti compiti di accertamento e compiti ausiliari (ex articolo 68 c.p.c.). La Corte di appello, valutati i motivi di ricorso e la allegazione di una situazione di pregiudizio per le minori, asseritamente causata dalla madre, aveva poi “correttamente”, scrive la Corte, nominato una curatrice speciale per le minori, ai sensi dei (previgenti) articoli 78 e 79 c.p.c.
Per la Prima sezione civile anche nel regime precedente la riforma, dunque, ove sia disposto l’affidamento del minore ai servizi sociali, occorre distinguere l’affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), dall’affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.
Nel primo caso, prosegue la decisione, si tratta del conferimento da parte del giudice di un mandato con la individuazione di compiti specifici per assicurare la funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e per vigliare sulla corretta attuazione dell’interesse del minore. Questa tipologia di “affidamento” ai servizi, che è più corretto definire mandato di vigilanza e supporto, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali. Si richiede tuttavia che il provvedimento del giudice sia sufficientemente dettagliato sui compiti demandati – con esclusione di poteri decisori – e che siano definiti i tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili.
Nel secondo caso, invece, il provvedimento di affidamento consegue ad un provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale. E siccome costituisce una “ingerenza nella vita privata e familiare” (similmente all’affidamento familiare, sul punto v. Cass. n. 16569 del 11/06/2021) allora “deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente alla attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità”.
L’adozione di questo provvedimento presuppone la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale. Mentre i contenuti del provvedimento devono essere conformati al principio di proporzionalità tra la misura adottata e l’obiettivo perseguito e il giudice deve esercitare una adeguata vigilanza sull’operato dei servizi.
Pertanto, si richiede, anche nel regime previgente alla entrata in vigore dell’articolo 5-bis della legge 184/1983, che i compiti dei servizi siano specificamente descritti nel provvedimento, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall’ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori. Infatti, i servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo. Deve dunque essere necessariamente nominato, nella fase processuale che precede la sua adozione, un curatore speciale del minore, i cui compiti vanno pure precisati.
La riforma Cartabia ora prevede che con il provvedimento che dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, il tribunale indica: a) il soggetto presso il quale il minore è collocato; b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell’ente locale; c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore; d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori; e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore; f) i compiti affidati al servizio sociale; g) la durata dell’affidamento, non superiore a ventiquattro mesi; h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all’autorità giudiziaria.
Riguardo, infine, la richiesta di ascolto dei minori, la Corte ricorda che la Convenzione di New York riconnette il diritto di ascolto all’acquisto della capacità di discernimento, senza fissare alcuna età minima. Mentre la Convenzione di Strasburgo la rimette al diritto interno. E il legislatore italiano ha ritenuto sussistente tale capacità ove il minore abbia compiuto i dodici anni, fissando così una presunzione che rende doveroso l’ascolto, salvo che ricorrano i casi previsti dalla legge di cui dare conto in motivazione (ascolto superfluo, pregiudizio per il minore); mentre, con riferimento ai bambini di età inferiore, l’ascolto è dovuto solo nel caso in cui il minore, in concreto, risulti capace di discernimento, inteso nel senso di cui sopra si è detto.
Non sussiste dunque, un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo.
Fonte: https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/affidamento-figli-servizi-sociali-compiti-definiti-anche-prima-riforma-cartabia-AFQYh6jB?refresh_ce=1