Attenzione a sospendere il mantenimento
E’ legittimo sospendere il mantenimento dei figli a causa del calo dell’attività lavorativa a seguito del Coronavirus?
Il lockdown determinato dall’attuale situazione di emergenza sanitaria nazionale, seppur necessario per la salute pubblica, ha comportato la limitazione o sospensione di molte attività produttive, industriali, commerciali, professionali con le conseguenti note ricadute negative sulle disponibilità economiche anche dei singoli individui.
Nell’ambito di tale situazione emergenziale si inserisce il problema di quei genitori, già onerati dal versamento mensile di un assegno di mantenimento in favore della prole, che hanno visto contrarsi la loro capacità reddituale ed economica a causa delle restrizioni in atto e si trovano, o potrebbero trovarsi presto, nell’impossibilità materiale di garantire la corresponsione puntuale ed integrale dell’importo stabilito, sia per il mantenimento ordinario che per le spese di natura straordinaria. In questo quadro, i cui termini di soluzione e di durata sono difficilmente prevedibili, il quesito che si pone all’attenzione degli operatori del diritto è se l’improvvisa contrazione dell’attività lavorativa, e dunque del reddito, imposta dalle misure emergenziali possa essere considerata un motivo legittimante il mancato o ritardato adempimento dell’obbligo contributivo nei confronti dei figli, ovvero se possa giustificare una richiesta di riduzione proporzionale dell’importo dell’assegno di mantenimento.
Al momento, in assenza di una giurisprudenza specifica di riferimento, occorre richiamare le norme attualmente vigenti e i principi già affermati dalle Corti di merito e di legittimità in materia
Natura giuridica dell’obbligo di mantenimento e conseguenze dell’inadempimento
L’obbligo di pagamento dell’assegno di mantenimento in favore dei figli non ha natura contrattuale, ma si fonda su specifiche norme di attuazione di un diritto sancito dall’art. 30 della Costituzione che stabilisce: “ E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.
Si tratta, dunque, di un obbligo nascente dal rapporto di filiazione, non limitato ai soli figli nati nell’ambito del matrimonio, volto a garantire l’assistenza ai figli minorenni o maggiorenni non ancora autonomi, quali soggetti economicamente deboli, anche in caso di disgregazione familiare. L’omissione di questo obbligo comporta una condotta penalmente rilevante ed espone l’onerato al rischio di essere perseguito ai sensi degli artt. 570 e 570 bis del codice penale per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Si tratta di un reato perseguibile di ufficio a natura permanente la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo (cfr. Cassazione Penale sentenza n. 37090/2019). Tale omissione determina conseguenze anche da un punto di vista civilistico in quanto legittima l’altro genitore, beneficiario dell’assegno quale collocatario dei figli minorenni o convivente con i figli maggiorenni non ancora autonomi economicamente, ad azioni esecutive di recupero del credito, sulla base del titolo esecutivo in cui è previsto il diritto/obbligo al mantenimento, o ad attivare altri specifici strumenti di tutela come l’ordine di pagamento rivolto al terzo o il sequestro dei beni dell’onerato.
In linea generale, il genitore è tenuto a far fronte all’obbligo di mantenimento della prole anche in caso di estrema difficoltà economica se non prova l’impossibilità oggettiva, persistente e incolpevole di provvedervi. In questo senso, con particolare riferimento ai figli minorenni, l’orientamento della giurisprudenza è univoco: lo stato di bisogno di un figlio minore è presunto, trattandosi di un soggetto non in grado di procacciarsi un reddito proprio, e non viene meno anche quando al suo mantenimento provvedano, in via sussidiaria, l’altro genitore o terze persone. Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 10422/2020 che, in linea con la più recente giurisprudenza di legittimità, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un padre, imputato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, confermando la sua condanna di primo e secondo grado a due mesi di reclusione e al pagamento di 220 euro di multa, con il beneficio della pena sospesa.
Nel caso specifico, all’imputato, un piccolo artigiano, era stato contestato di aver fatto mancare i mezzi sussistenza ai figli, in favore dei quali il Tribunale dei Minori aveva disposto un assegno mensile di 250 euro, oltre il pagamento delle spese mediche e scolastiche nella misura del 50% con la madre. Le circostanze addotte a sua difesa dall’imputato – per un periodo di circa due anni aveva percepito una retribuzione mensile di 1000 euro; aveva impiegato tali somme per estinguere dei debiti pregressi inerenti all’attività di piccolo artigiano all’epoca svolta e non per spese personali o addebitabili a un suo comportamento colpevole; peraltro nella certezza che ai bisogni dei bambini stavano provvedendo la madre e i nonni benestanti – per la Corte non sono state sufficienti ad escludere la sua responsabilità penale occorrendo la dimostrazione rigorosa di “una situazione incolpevole di assoluta indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita dei figli”. La Cassazione ha precisato che il reato deve considerarsi integrato per il solo fatto che le vittime sono dei soggetti di età minore e, in quanto tali, impossibilitati a procurarsi i mezzi necessari per mantenersi autonomamente, non avendo alcun rilievo la circostanza che ai bisogni dei bambini abbiano provveduto la madre e i nonni. La richiesta di modifica dell’assegno di mantenimento disposto in favore dei figli per motivi sopravvenuti, o di urgenza
E’ importante premettere che ove l’assegno di mantenimento in favore dei figli sia disposto da un provvedimento giudiziario (sentenza, decreto di omologa), o sia contenuto in un accordo siglato a seguito di negoziazione assistita, il genitore onerato non può limitarsi, autonomamente, a sospenderne l’erogazione o ridurrne l’entità ma, ove non sia possibile raggiungere un’intesa con l’altro genitore, deve necessariamente ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento di modifica della precedente disposizione attraverso lo strumento previsto dall’art. 710 del codice di procedura civile. La normativa in materia prevede che è sempre possibile chiedere la revisione delle disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo al mantenimento dei figli, in termini di riduzione o aumento, quando si verificano variazioni nella situazione economica dell’obbligato, o di entrambi genitori, al fine di ottenere un adeguamento alla mutata condizione. In questo senso, l’art. 337 ter, del codice civile rubricato “Provvedimenti riguardo ai figli” al quarto comma così dispone: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito”; il successivo art. 337 quinquies rubricato “Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli” prevede: “I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo”. Tuttavia, perché si possa richiedere una “revisione” devono ricorrere “giustificati motivi”. Si tratta di un concetto ampio all’interno del quale si può ragionevolmente ricondurre la profonda, improvvisa, crisi economico-sociale determinata dall’emergenza da Covid 19. Considerato che ci troviamo di fronte ad un evento dai caratteri straordinari, imprevedibili e sopravvenuti che esula dalla volontà dei soggetti coinvolti, un possibile inquadramento giuridico della fattispecie potrebbe essere individuato nell’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore previsto dagli artt. 1256 e 1258 del codice civile che, in linea generale, tutela il debitore quando la prestazione diventa impossibile, anche solo temporaneamente o parzialmente, per una causa di forza maggiore imprevedibile ed inevitabile. Applicando questi principi all’ipotesi del genitore onerato del mantenimento dei figli che, a causa del lockdown lavorativo si ritrova, senza colpa o dolo, nell’impossibilità oggettiva di effettuare la prestazione, si può giungere alla conclusione che sia da ritenersi legittima ed ammissibile una sua richiesta di modifica, quantomeno di riduzione, dell’ammontare del contributo in favore della prole.
Tuttavia, occorre tenere conto di una serie di circostanze che possono influire non poco sulla possibilità, e opportunità, di ricorrere allo strumento della revisione in quanto potrebbero fornire all’altro coniuge validi motivi di opposizione. Ad esempio, occorre valutare se, in funzione del settore in cui viene esercitata l’attività lavorativa del richiedente, la diminuzione reddituale sia stata significativa, se sia stata circoscritta ad un periodo limitato o se si protrarrà per un periodo di tempo più lungo, anche se non facilmente prevedibile. Infatti, nel formulare la richiesta non può essere sufficiente invocare le vigenti misure di contenimento poste dalla normativa emergenziale ma occorrerà fornire in modo rigoroso la prova che le misure restrittive hanno inciso in maniera irreversibile sulla propria capacità reddituale, determinando un’incolpevole impossibilità, totale o parziale, di assolvere all’obbligo posto a proprio carico, ovvero la prova rigorosa dell’impossibilità incolpevole di soddisfare le esigenze minime di vita dei figli. Sicuramente, perdurando questo stato di incertezza in assenza di una normativa nazionale che regolamenti la situazione di emergenza sanitaria ed eccezionalità nei casi di disgregazione familiare, è consigliabile cercare di ricorrere all’istituto della negoziazione assistita onde formalizzare un accordo tra le parti che preveda la modifica della misura dell’assegno per un periodo limitato e predeterminato, eventualmente da prorogarsi ove la situazione emergenziale dovesse protrarsi ulteriormente. Il ricorso a tale mezzo è consigliabile soprattutto se si considera il granitico orientamento giurisprudenziale secondo cui il provvedimento che dispone l’eventuale modifica non ha effetto retroattivo ma decorre dal momento della pronuncia definitiva del giudice. In ogni caso, la situazione emergenziale determinata dalla diffusione del virus Covid 19 non può mai costituire un alibi per sottrarsi alle obbligazioni nascenti dalla responsabilità genitoriale, a cominciare da quella di assistenza materiale.
I diritti fondamentali dei figli non possono andare in quarantena
In questo particolare momento, in assenza di un intervento normativo chiarificatore, è quanto mai importante disgiungere il conflitto di coppia dal rapporto genitoriale cercando di far prevalere l’equilibrio e il buon senso al fine di cercare di contemperare i bisogni di quel genitore in concreta e dimostrata difficoltà economica con i bisogni e le esigenze dei figli che devono essere preservati il più possibile dai conflitti e dalle ripercussioni economiche.
Riferimenti normativi:
Art. 337 ter, codice civile
Fonte: il quotidiano giuridico