Case a canone moderato, consegnati i primi alloggi
Savona – È ancora poco, «poco più di una goccia nel mare» hanno riconosciuto le stesse autorità coinvolte, ma almeno il segnale è incoraggiante ed è soprattutto questo che va sottolineato.·Ieri mattina nella Sala Rossa del Comune si è svolta la cerimonia di consegna delle chiavi delle 16 nuove case “sociali” che Comune, Regione e Opere Sociali hanno fatto nascere al Santuario per il progetto di “social housing”.
Si tratta di case a canone moderato i cui inquilini sono stati trovati attraverso un bando specifico a cui hanno risposto in tanti e che curiosamente ai primi posti ha visto posizionarsi – novità assoluta – non nuclei familiari tradizionali ma parecchi padri soli e separati seguiti da anni dall’omonima associazione savonese che soccorre i componenti delle famiglie che scoppiano.
La cerimonia si è svolta a Palazzo Sisto alla presenza del governatore Claudio Burlando, del sindaco Berruti, della presidentessa delle Opere Sociali Donatella Ramello e dell’assessore ai servizi sociali del Comune Isabella Sorgini. «Si tratta di un atto concreto per 16 famiglie che trovano una soluzione abitativa a canone di locazione moderato – ha detto Berruti – sappiamo bene che è ancora poco rispetto al bisogno di nuclei familiari alle che si trovano alle prese con l’emergenza abitativa, ma è ugualmente un primo risultato in tempi di crisi».
«Il nostro apporto ha riguardato una parte del nostro patrimonio – ha detto Donatella Ramello delle Opere Sociali – sei alloggi ora completamente privi di barriere architettoniche. Savona è una città in crisi in cui mancano alloggi di piccole dimensioni e con affitti troppo alti, questa iniziativa non risolve tout court il problema ma almeno individua una nuova formula che può essere ripetuta».
Il social housing prevede che gli alloggi siano assegnati tramite bando pubblico a canoni moderati. Il Comune ha messo a disposizione dieci alloggi in via Garroni, Opere Sociali altri sei al Santuario (via dei Governanti).
Ieri tra il pubblico c’erano già le famiglie assegnatarie che non senza emozione hanno ricevuto le chiavi e iniziato questa nuova “avventura”.
Ma c’era – e in parte con la sua intromissione ha guastato la “festa” delle autorità – anche la donna egiziana che da mesi è senza casa con i suoi due figli piccoli dopo lo sfratto da una casa dell’Arte e che continua a chiedere aiuto a tutti senza averlo ancora trovato. A fine cerimonia è riuscita ad avvicinarsi al tavolo delle istituzioni raccontando il suo calvario. «Ho due bimbi piccoli e chiedo solo un tetto dove vivere – ha ripetuto la giovane mamma – non è vero che non ci sono case, Arte ne ha tante che tiene sfitte per motivi inspiegabili, una è quella in cui vivevo io, non chiedo altro che un tetto per i miei bimbi».