Cassazione N.22052/10 – Mantenimento figlio naturale in affido condiviso spetta in maniera
Il mantenimento del figlio naturale affidato congiuntamente ad entrambi i genitori spetta comunque in maniera “indiretta” al genitore che non risiede con i figli, anche se il giudice ha deciso l’affido condiviso.
Corte di Cassazione Civile sez. I 4/11/2010 n. 22502
Svolgimento del processo
1. La sig.ra M.F., con ricorso ex art. 148 cod. civ. in data 19 settembre 2001 al Presidente del tribunale di Genova chiedeva la determinazione di un assegno di mantenimento per la figlia naturale A., nata il (omissis), da porsi a carico del padre naturale dott. G.R., domandandone la quantificazione in L. 5.000.000 mensili, oltre le spese straordinarie, stante la facoltosa situazione economica del dott. G..
Il dott. G.R. si costituiva contestando le deduzioni della sig.ra M. circa la sua situazione economica e deducendo che anch’essa doveva concorrere al mantenimento della figlia, essendo titolare di mezzi adeguati. Il Presidente, con decreto in data 15 dicembre 2001 poneva a carico del G. un assegno mensile di mantenimento per la figlia di L. 2.000.000, oltre a metà delle spese mediche e di asilo. La sig.ra M. proponeva opposizione avverso tale decreto, mentre il dott. G. chiedeva di provvedere direttamente al mantenimento della figlia. In via riconvenzionale chiedeva la condanna della sig.ra M. alla restituzione di arredi e beni personali nonchè della somma di L. 52.825.000.
Depositava copia di una scrittura privata in data 26 maggio 2003 che avrebbe dovuto risolvere il contenzioso fra le parti, con l’abbandono, non avvenuto, dell’azione giudiziaria da parte della sig.ra M.. Il tribunale di Genova determinava in Euro 1.800.000 il contributo, oltre alle spese mediche straordinarie e universitaria future, e accoglieva le istanze restitutorie proposte in via riconvenzionale. La sentenza veniva appellata dalla sig.ra M., che disconosceva la validità ed efficacia della su detta scrittura, lamentava il mancato accoglimento delle istanze istruttorie proposte e chiedeva la riforma del provvedimento adottato anche quanto alle restituzioni disposte, con quantificazione dell’assegno in Euro 5.200,00. Il dott. G. domandava il rigetto del gravame e proponeva appello incidentale chiedendo di provvedere direttamente al mantenimento della minore e censurando la solo parziale compensazione delle spese di lite. La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 20 novembre 2008, notificata il giorno 8 gennaio 2009, confermava la misura dell’assegno, ponendo inoltre a carico del dott. G. le intere spese scolastiche, sportive, mediche e ludiche. Dichiarava inammissibili le domande di restituzione da quest’ultimo proposte. Il dott. G., con ricorso a questa Corte notificato il 5 marzo 2009 alla sig.ra M. e ai Procuratore generale presso la Corte d’appello di Genova, ha proposto ricorso formulando quattro motivi. La sig.ra M. resiste con controricorso notificato il 9 aprile 2009. Il ricorrente ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, per avere la sentenza impugnata determinato l’assegno per la figlia naturale a carico del ricorrente sulla base di quanto statuito nella scrittura privata del 26 maggio 2003, ritenuta non vincolante fra le parti, ma idonea ad essere utilizzata come fonte di prova delle possibilità economiche del ricorrente. La sentenza impugnata, infatti, non avrebbe considerato che detta scrittura – con la quale il ricorrente si era accollato un assegno di Euro 1.160,00 mensili, oltre l’onere delle spese straordinarie ed era, condizionata all’abbandono, non avvenuto, del presente procedimento giudiziario da parte della madre della minore fu sottoscritta dal ricorrente dopo che gli era stata diagnosticata una neoplasia che ne metteva in dubbio la possibilità di sopravvivenza e le relative statuizioni e valutazioni erano compiute in tale ottica. Essa prevedeva l’affidamento della figlia alla madre e la sua permanenza per uguali periodi di tempo con ciascuno dei genitori ed era stata sottoscritta dal ricorrente proprio al fine di far cessare il contrasto con la madre ed ottenere tale possibilità.
La sentenza non avrebbe tenuto in considerazione, inoltre, le risultanze della documentazione e della CTU in atti, secondo le quali: a) nel modello unico del 2007 il ricorrente, di professione notaio, aveva dichiarato per l’anno precedente un reddito lordo di Euro 132.918,00, che al netto delle imposte si rivelava molto inferiore ai precedenti; b) che nel 2007 il repertorio netto del ricorrente era sceso ad Euro 24.304,62; c) che la Guardia di finanza aveva accertato al ricorrente, per il 2005, un reddito imponibile di Euro 87.283,00 e che il suo reddito imponibile, che nel 2003 aveva raggiunto Euro 162.482,00, si era andato sempre più riducendo negli anni successivi. Infine la Corte d’appello, basandosi sulla su detta scrittura, che aveva quantificato forfetariamente in Euro 550,00 le spese straordinarie mensili, da aggiungersi a un assegno mensile di Euro 1.160,00, aveva stabilito un assegno di Euro 1800,00 oltre alle spese straordinarie, con un’evidente duplicazione.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. a norma del quale, secondo l’interpretazione datane da questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica – mancante nel caso di specie – che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, la quale consenta alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass. Sez Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, n. 27680; 7 aprile 2008, n. 8897; 20 febbraio 2008, n. 4309).
2. Con il secondo motivo si denunciano la violazione degli artt. 147, 148 e 155 cod. civ., L. n. 54 del 2006, art. 4 e la nullità della sentenza per omessa pronuncia su una domanda. Si deduce al riguardo che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di mantenimento diretto della minore da parte del ricorrente, con la previsione a suo carico di un eventuale assegno perequativo in favore della madre, formulata in relazione all’affidamento congiunto della minore (con collocazione prevalente presso la madre) avvenuto con decreto in data 22 dicembre 2007, così violandosi l’art. 155 cod. civ., nel testo introdotto dalla L. n. 54 del 2006, che trova applicabilità alla fattispecie in forza dell’art. 4 di detta legge.
Si deduce in proposito che, in base a tale legge, il mantenimento diretto, richiesto già prima della sua entrata in vigore dal ricorrente in primo grado, è la forma normale di mantenimento ora prevista, cosicchè la Corte d’appello avrebbe errato nel disporre il mantenimento indiretto a carico del padre, senza tenere conto del mutato quadro normativo.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di statuire che, nella determinazione del contributo previsto dall’art. 277 cod. civ., in tema di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la regola dell’affidamento condiviso a entrambi i genitori ai sensi dell’art. 155 cod. civ. – applicabile anche ad essi in forza del rinvio operato dalla L. n. 54 del 2006, art. 4 – non implica deroga al principio secondo il quale ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni dei figli in misura proporzionale al suo reddito. In applicazione di essa, pertanto, il giudice deve disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico che, in caso di collocamento prevalente presso un genitore, va posto a carico del genitore non collocatario, prevedendone lo stesso art. 155 la determinazione in relazione ai tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore (Cass. 4 novembre 2009, n. 23411; 6 novembre 2009, n. 23630). Essendo riconosciuto dallo stesso ricorrente che nel caso in esame l’affidamento congiunto avvenne con il collocamento della bambina presso la madre e la sua prevalente permanenza presso di essa – senza che nulla sia allegato in ordine a consistenti periodi di permanenza continuativa della minore presso di sè che potessero influire sulla misura dell’assegno – deve ritenersi che la Corte, in applicazione del principio sopra indicato, implicitamente disattendendo la richiesta avanzata dall’odierno ricorrente, ha fissato l’assegno in questione in aderenza con quanto stabilito dall’art. 155 cod. civ..
3. Con il terzo motivo si denunciano la violazione degli artt. 147 e 148 cod. civ., nonchè vizi motivazionali. Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata, oltre ad avere posto a carico del ricorrente, sulla sola base della su detta scrittura, un assegno del tutto sperequato ai propri redditi ad essa successivi, non avrebbe tenuto conto, con adeguata motivazione, dei redditi della madre della minore, anch’essa obbligata a contribuire al suo mantenimento. Nè avrebbe tenuto conto dell’omissione, da parte sua, del delegato, delle denunce dei redditi, al fine di non evidenziare la propria posizione immobiliare. Infine avrebbe liquidato un assegno spropositato rispetto alle normali esigenze di una bambina poco più che dodicenne.
Il motivo si conclude con il seguente quesito: “Nella determinazione del contributo al mantenimento indiretto della prole minorenne (nella specie naturale) da parte del genitore non collocatario, in applicazione degli artt. 147 e 148 cod. civ. il giudice può prescindere dal prendere in considerazione quanto occorrente per la vita e la crescita della prole, in ragione dell’età e delle condizioni della stessa, basandosi unicamente sulla presunta situazione economico-reddituale del genitore tenuto al pagamento?”.
Il motivo va dichiarato inammissibile in relazione all’inadeguatezza del quesito formulato in relazione al motivo, con il quale si denunciano cumulativamente violazioni di legge e vizi motivazionali (Cass. Sez. Un. 31 marzo 2009, n. 7770), tenuto anche conto che la Corte d’appello si è limitata a confermare l’assegno stabilito in primo grado, senza che su tale misura fossero state formulate con l’appello incidentale specifiche censure – non proponibili per la prima volta in questa sede – con la sola aggiunta delle spese scolastiche, comprensive di soggiorni all’estero e spese integrative, sportive mediche e ludiche, in relazione alla quale nel quesito non sono rinvenibili specifici profili di censura.
A. Con il quarto motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo, nonchè la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alla compensazione, in primo grado, per metà delle spese di lite, impugnata dinanzi alla Corte d’appello, che nel rigettare il relativo motivo non avrebbe adeguatamente motivato.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., non essendo assistito nè dal quesito nè dalla sintesi prescritti.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di Euro duemilatrecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e della figlia