COMUNICATO STAMPA L’affidamento condiviso e la sua applicazione: Diritti dei minori e interessi degli adulti
COMUNICATO STAMPA Associazione Nazionale “Crescere Insieme”
L’affidamento condiviso e la sua applicazione: Diritti dei minori e interessi degli adulti
L’Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori (Aiaf) ha espresso con vigore la propria indignazione di fronte alle linee guida emanate dal Presidente della sezione civile del Tribunale di Brindisi.
Anzitutto, l’obiezione è di metodo: si contesta il diritto di un magistrato di interpretare la normativa secondo una propria visione: no, tutti devono pensare come l’Aiaf. E in questo non c’è nulla di “totalitario”, per usare gli aggettivi dell’Aiaf.
Quindi si afferma che viene violata la specificità dei casi; evidentemente ignorando che le linee guida così si chiamano proprio perché rappresentano un orientamento, che prescinde dalla casistica particolare. In altre parole: si enunciano principi e criteri generali da rispettare, lasciando flessibilità per le situazioni particolari… come è chiaramente scritto e perfino esemplificato nelle linee stesse.
D’altra parte la normativa in vigore prevede il diritto indisponibile del figlio minore di avere un rapporto “equilibrato e continuativo” con entrambi i genitori e di ricevere cura educazione e istruzione da ciascuno di essi. Ma all’Aiaf non sta bene che ci sia equilibrio, e quindi più facilmente collaborazione e interscambio all’interno della coppia genitoriale. A suo parere vanno bene le linee guida di altri tribunali, che prevedono che un solo genitore provveda ai bisogni dei figli e l’altro si limiti a passargli del denaro, senza compiti di cura. Ha mai protestato l’Aiaf contro questa prevalente lettura? Nel gennaio 2016 a Firenze (non è che un esempio) ha organizzato un seminario per studiare “La tutela del diritto di visita del genitore non collocatario”. Questo è l’affidamento condiviso secondo l’Aiaf. Però una cosa bisogna ammetterla: se affidamento condiviso significa senza discussioni pari diritti e doveri dei genitori nell’allevare la prole (art. 18 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, 1989); se, quindi, essendo simili i tempi della frequentazione la casa familiare verrà assegnata secondo i prevedibili criteri ordinari e non si può litigare per averla; se verso i figli (non verso il coniuge: il suo eventuale mantenimento non è toccato) ciascuno farà la sua parte direttamente e non c’è più da strapparsi soldi… c’è il rischio che il povero bambino rimanga privo delle sane liti familiari… E non è un ragionevole motivo di “sgomento”?
Ma, dice l’Aiaf, se i genitori hanno redditi molto diversi il bambino vivrà in due contesti economici molto diversi e questo non va bene… Ragioniamoci un attimo e distinguiamo l’interesse degli adulti da quello del bambino. Certo, se un’infermiera sposa il suo primario e poco dopo si separa, cosa le succede? In Germania dicono tranquillamente “torna a fare l’infermiera”. Ma non hanno il cuore tenero come il nostro. Se si è sposata riceverà un assegno di mantenimento che le permetta di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; quindi il problema non esiste. Se ha solo convissuto, comunque adesso la legge 76/2016 ha pensato anche a lei. Sì, ma il figlio? Veramente è proprio per lui che esistono le massime tutele. Prendiamo il caso limite: famiglia monoreddito di fonte paterna. Mantenimento diretto significa, ad es., che se, affinché il figlio possa continuare a vivere esattamente come prima svolgendo le medesime attività, servono 1000 € al mese il padre corrisponderà 500 € mensili alla madre che coprirà solo capitoli di spesa per i quali tale cifra è sufficiente mentre il padre pagherà tutto il resto con altri 500. Lo prescrive la legge, e le linee guida di Brindisi si limitano a ribadirlo. Quanto agli spicchi d’arancia non si può che rimandare agli studi scientifici nazionali e internazionali che attestano che i danni da mancanza di stabilità affettiva sono ben più gravi degli inconvenienti logistici. Ma forse non importa nemmeno. Basta notare che il modello w-e alternati più “visite” infrasettimanali comporta più trasferimenti dei modelli suggeriti a Brindisi. Ma allora come la mettiamo con gli “sballottamenti” e i “ping pong”?
E vogliamo anche rammentare a questi strenui difensori della corretta applicazione della legge che la constatazione di una sua silenziosa abrogazione realizzata proprio con l’interpretazione sostenuta dall’Aiaf non è partita né dal Tribunale di Brindisi né dall’ass. Crescere Insieme, ma, tra i vari, dal MIUR (circolare 5336/2015) e dall’Istat che così commenta le cifre della giurisprudenza 2005-2015 (Report novembre 2016, p.13): “In altri termini, al di là dell’assegnazione formale dell’affido condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalità ai giudici la legge non ha trovato effettiva applicazione.”
Concludo con una inevitabile domanda: l’Aiaf considera legittime e opportune, proprio nell’interesse del minore, le manipolazioni subite dalle norme sull’affidamento condiviso ad opera del D.lgs 154/2013, verso le quali non ha sollevato obiezioni? Se sì, prenda visione della monografia “L’illegittimità formale, l’illegittimità sostanziale e l’inadeguatezza strutturale del decreto legislativo n. 154 del 2013” di Roberto Russo, in Giustizia Civile, 2016.
Marino Maglietta
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