CONFLITTUALITA’ GENITORIALE: le risposte psicologiche e giuridiche possibili
Quali interventi possono essere attuati al fine di far fronte alla conflittualità genitoriale e garantire, sempre e a tutti i bambini, il diritto alla bigenitorialità? La separazione dei genitori rappresenta il culmine della crisi familiare. Spesso, in seguito a un buon matrimonio o a una buona convivenza segue anche una buona separazione e dei buoni accordi tutelanti per i figli.Altre volte non risulta possibile trovare un “pensiero comune” nel superiore interesse del bambino e la crisi non viene superata coinvolgendo, nella maggior parte dei casi, anche i figli, con gravi conseguenze per loro.
Nei casi in cui la conflittualità non riesce ad essere superata risulta importante e necessario che i genitori si attivino al più presto rivolgendosi a professionisti esperti, mediatori familiari o psicoterapeuti specializzati in queste tematiche, al fine di evitare che il conflitto si inasprisca e si incisti, con il rischio che si protragga anche per anni.
Il mediatore familiare[1] può aiutare la coppia genitoriale a trovare e strutturare gli accordi necessari a rispondere alle esigenze di tutti i componenti del nucleo familiare affrontando:
– aspetti materiali (attribuzione dell’abitazione, beni, assegno di mantenimento etc.)
– aspetti affettivi (visite al genitore non collocatario/affidatario, rapporti con la famiglia allargata etc.),
attraverso l’aiuto di un terzo neutrale che aiuti a raffreddare il conflitto e a trovare soluzioni realistiche per il mantenimento di una relazione positiva con i figli nel rispetto dei diritti/doveri dei genitori.
Luca e Maria dopo alcuni mesi di discussioni e litigi, decisi a superare il loro rancore e le loro convinzioni, si convinsero a rivolgersi ad un mediatore familiare. Dopo qualche colloquio, seppur a fatica, riuscirono a trovare un “giusto compromesso” che potesse preservare i loro due figli e al contempo tutelare il loro diritto di visita e gli interessi economici di entrambi; al termine della consulenza sottoscrissero un accordo temporaneo che presentarono al loro avvocato e infine depositarono in Tribunale (fu sufficiente un ricorso congiunto per una separazione consensuale con un notevole risparmio in termini di costi psicologici ed economici). Il Giudice, ritenuto che l’accordo fosse conforme all’interesse dei bambini, lo recepì e lo rese definitivo ed efficace. Entrambi confessarono che sebbene furono costretti ad effettuare qualche rinuncia si sentirono sollevati dal raggiungimento di un accordo “pacifico” e riferirono che anche i figli, dopo un primo periodo di disorientamento, ripresero la normale routine e la loro serenità.
Lo psicoterapeuta, nei casi in cui emergono difficoltà particolari:
– può sostenere e aiutare i genitori a comunicare al bambino la decisione della separazione,
– dare indicazioni sulle migliori modalità di gestione dei rapporti con il genitore non collocatario/affidatario, tenendo conto dell’età e delle caratteristiche del bambino,
– suggerire ai genitori come affrontare eventuali problematiche del bambino sviluppate dopo la separazione,
– effettuare un percorso di sostegno e potenziamento delle capacità genitoriali,
– nei casi più difficili può effettuare una presa in carico dei genitori o del bambino ed affrontare con un intervento più profondo e mirato il disagio, a seconda dalla problematica presentata.
Per Giuseppe e Giulia, genitori di Francesca, una ragazzina ormai adolescente, l’esperienza della separazione fu più difficile. La figlia ebbe infatti una forte crisi di rabbia quando, origliando alla porta, sentì discutere i genitori della loro intenzione di separarsi. Alla crisi di rabbia, gestita grossolanamente dai genitori, imbarazzati e impreparati, seguì un periodo in cui Francesca mostrò un calo del rendimento scolastico, un distacco dai genitori e dagli amici (trascorreva ore al computer), difficoltà ad addormentarsi, un forte atteggiamento oppositivo in casa e a scuola. Dopo l’effettiva separazione la situazione peggiorò: i genitori affrontavano quasi quotidianamente forti e violenti litigi e quasi mai raggiungevano un accordo efficace per loro e per la figlia, Francesca aveva libertà di trascorre con padre e madre il tempo che voleva e spesso ne approfittava mentendo e manipolando entrambi. Le bugie ma anche la sofferenza della ragazzina aumentarono e i genitori si decisero finalmente a rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Dopo numerosi colloqui e una presa in carico di Francesca la situazione si ristabilì. Giuseppe e Giulia ricevettero dei consigli per meglio sintonizzarsi sui bisogni della figlia, ascoltandola ma anche dando delle regole chiare e comprensibili, dimostrandosi flessibili ma mantenendo una condotta educativa coerente e condivisa.
Esistono però delle situazioni in cui non è possibile raggiungere una risoluzione condivisa del conflitto e il ricorso al Tribunale diviene un passaggio obbligato.
In questi casi è possibile che un genitore o entrambi presentino, con l’aiuto di un avvocato, un ricorso al Tribunale (presso il Tribunale Ordinario per le coppie coniugate e presso il Tribunale per i Minorenni per le coppie non coniugate) affinchè sia un organismo esterno a disporre le modalità dell’affido dei figli e decidere in merito alle questioni economiche-patrimoniali.
Il provvedimento del Giudice, sentite le parti e il minore[2], avrà luogo tenuto conto:
‒ dell’età del bambino e delle sue caratteristiche,
‒ delle capacità genitoriali di padre e madre (valutando attentamente anche la capacità di ciascun genitore di garantire al figlio l’“accesso” all’altro genitore) e della loro relazione con il figlio,
‒ dell’ambiente fisico e sociale in cui il bambino si troverà a vivere.
In situazioni particolarmente difficili il Giudice potrà avvalersi anche della collaborazione di professionisti esterni (CTU-Consulenti Tecnici d’Ufficio/Servizi Sociali) i quali, attraverso un accurato lavoro di approfondita valutazione delle capacità genitoriali e dei bisogni psicologici e di sviluppo del minore, verranno chiamati ad esprimere un parere obiettivo e imparziale in merito alla migliore soluzione di affidamento e di disciplina delle visite raccogliendo dati in merito a:
‒ elementi ambientali: contesto di vita in cui il bambino vive o nel quale verrà inserito;
‒ elementi fisici: capacità di ciascun genitore di garantire al figlio il soddisfacimento dei bisogni quotidiani (igiene personale, salute, alimentazione, abbigliamento adatto all’età e alla stagione etc.) e capacità di organizzare intorno al bambino un ambiente sicuro, stabile, culturalmente stimolante;
‒ elementi affettivi: capacità di ciascun genitore di prendersi cura psicologicamente del figlio (riconoscendone i bisogni affettivi, sintonizzandosi sul suo stato d’animo, rispettando le sue tendenze e attitudini etc.), capacità di tutelare l’immagine dell’altro genitore agli occhi del figlio, capacità di stimolare e favorire la socializzazione, l’intelligenza, lo studio, lo sport etc.;
Al termine di queste valutazioni il Giudice si esprimerà in merito all’affido del bambino (condiviso o in casi estremi esclusivo), alla sua collocazione prevalente (presso il padre o la madre), alla migliore disciplina delle modalità di visita al genitore non affidatario/collocatario, alla determinazione dell’assegno a titolo di mantenimento del figlio e alle eventuali questioni economiche-patrimoniali.
Nei casi più gravi (dipendenza da alcol o sostanze, disagio psichico, maltrattamento/abuso, Sindrome da Alienazione Parentale) potrà inoltre incaricare i servizi sociali e specialistici (CPS[3], NOA[4], Ser.T[5]) di seguire la situazione nel lungo periodo e dare prescrizioni ad hoc ai genitori e nelle situazioni estreme affidare il bambino a terzi o pronunciare la decadenza della potestà in capo ad uno o a entrambi i genitori.
Carla, madre di Marco, un bambino di 6 anni, soffriva da tempo di una lieve forma di depressione e Giovanni, il padre, ex tossicodipendente, lavorava solo saltuariamente senza uno stipendio fisso. Dopo qualche anno di matrimonio trascorso discretamente Carla scoprì che Giovanni la tradiva e decise quindi, dopo un lungo periodo di liti violente accompagnate in alcune occasioni da percosse, di separarsi. Giovanni, senza una casa e un lavoro fisso, ritornò nella sua famiglia d’origine. Ogni giorno chiamava Carla e i litigi proseguivano. Quando passava a prendere Marco non perdeva occasione per insultare la moglie e inveire contro di lei, anche davanti al bambino. Carla, sempre più sola e spaventata, cadde in una depressione profonda: dormiva fino a tarda mattinata, a volte non accompagnava Marco a scuola, piangeva spesso e curava poco la casa. Marco cominciò a manifestare un forte malessere: a scuola tendeva ad isolarsi, a perdere l’attenzione e si presentava senza i compiti eseguiti, la notte ricominciò a bagnare il letto e di giorno trascorreva quasi tutto il suo tempo davanti alla tv, in un’occasione si collegò ad un sito internet per adulti e cominciò a fare disegni a sfondo sessuale. Entrambi furono convocati per l’udienza di separazione in Tribunale: Giovanni accusò la moglie di non essere una madre adeguata, in quanto affetta da una patologia psichiatrica e utilizzatrice di psicofarmaci; Carla accusò Giovanni di violenza domestica e di aver ripreso ad utilizzare sostanze stupefacenti come in passato (causa a suo dire degli accessi di rabbia e aggressività).
Sentiti entrambi, il Giudice dispose una Consulenza Tecnica incaricando uno psicologo esperto di effettuare una valutazione di Marco e una valutazione delle capacità genitoriali di madre e padre.
Al termine della consulenza il Giudice emise un decreto provvisorio in merito al collocamento di Marco in affido etero-familiare, con possibilità di incontrare i genitori una volta alla settimana. Dispose inoltre una presa in carico al CPS per la madre (al fine di effettuare una diagnosi e stabilire l’eventuale trattamento più idoneo), una valutazione al Ser.T. per il padre (al fine di verificare l’effettiva assunzione di sostanze stupefacenti) e incaricò i servizi sociali territoriali di attuare un percorso di sostegno e potenziamento delle capacità genitoriali di Carla e Giovanni verificando nel tempo il loro recupero.
Marco mostrò sin da subito un miglioramento evidente delle sue condizioni psicologiche ed ebbe la possibilità di sperimentare un clima familiare di tranquillità e serenità, necessario alla sua crescita sana ed equilibrata. Sostenuto da una psicologa ebbe inoltre la possibilità di esprimere pienamente il suo disagio e di elaborare i traumi vissuti.
La situazione del nucleo familiare venne rivalutata dopo 6 mesi ed infine dopo altri 6 mesi. Carla e Giovanni dimostrarono di essere fortemente motivati a recuperare le loro capacità genitoriali ed entrambi si curarono e collaborarono attivamente con gli operatori dei servizi sociali, dimostrando al Tribunale e soprattutto al loro figlio di essere nuovamente, e ora ancora di più, genitori “sufficientemente” adeguati. Il Giudice emise quindi un decreto definitivo con rientro di Marco presso l’abitazione della madre, con l’aiuto di un educatore domiciliare, e ampio diritto di visita per il padre. Per un altro anno il nucleo familiare fu monitorato dai servizi sociali e la situazione si risolse definitivamente.
Dott.ssa Giovanna Antonini (Psicologa Clinica e Giuridica – Psicoterapeuta dell’Età Evolutiva)
Fonte:http://www.gettalarete.it/