I MINORI EUROPEI DI FRONTE AL DIVORZIO DEI GENITORI
Ricerca sulle abitudini di 15 differenti paesi europei in tema di tutela del diritto dei bambini alla bigenitorialità
La seguente ricerca vuole essere una panoramica sulle differenti abitudini dei vari Paesi europei in tema di tutela dell’interesse del minore. Emergono sia una concezione molto differente da Paese a Paese dell’interesse del minore (a differenza di quanto avviene in ambito medico in cui esistono linee guida condivise) sia una sostanziale inadeguatezza globale della tutela del diritto del minore alla bigenitorialità: nella maggior parte dei casi la marginalizzazione di un genitore inizia proprio per disposizione dell’autorità giudiziaria. Si afferma la necessità di un intervento delle istituzioni europee a tutela del minore per rafforzare l’omogeneità delle prassi e l’uniformità ai modelli migliori e più aggiornati, in modo analogo a come, in Medicina, si procede con l’audit clinico. Emerge anche la necessità –per evitare anacronistici localismi e tutelare al meglio i minori evitando discriminazioni sulla base della nazionalità- di passare da un linguaggio giuridico-formale a uno di natura scientifica facilmente comprensibile e applicabile da tutti gli Stati membri e relativi ordinamenti giudiziari.
Appare anche su “Pediatria Preventiva & Sociale” , l’organo ufficiale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale
Link to: Articolo di Pediatria Preventiva & Sociale
ABSTRACT
This research aims at providing a general overview on the different practices of several European countries on the subject of the protection of children’s interests. This survey shows that there are still very different conceptions of children’s protection, varying from country to country (contrary to the medical world where shared and common guidelines usually exist) and there is also a global inadequate perception of the importance of co-parenting principle: in most cases, one of the parents is originally marginalised as a consequence of judicial disposition. An intervention of the EU institutions aimed at guaranteeing the protection of children’s rights and harmonising existing good practices (as would happen in medical science) seems therefore urgently needed. There is also a clear need for switching from a formal-legal language to a scientific language, which could be understood and applied by all Member States as well as introduced into the relevant legal systems (in order to avoid discrimination based on children’s nationality).
INTRODUZIONE
Risulta ormai provato che il ruolo della figura genitoriale ha pesanti influenze sullo stato di salute non solo psicologico ma anche fisico dei figli. In particolare sono note influenze sulla soddisfazione di vita, sugli equilibri ormonali (ossitocina, cortisolo, vasopressina, GH, ecc.), sulla probabilità di avere da adulti attacchi di panico in soggetti predisposti, sull’integrità cromosomica con possibili ripercussioni sulla discendenza, sui livelli di PCR e altri parametri bioumorali. (1,2,3,4,5,6,7)
Dal punto di vista sociale sono documentati da tempo effetti sulla piccola criminalità, sulla dispersione scolastica, sul tabagismo, sulle gravidanze indesiderate e sullo status economico. (8,9,10)
La cosa non deve stupire in quanto anche in modelli animali sono ampiamente dimostrati danni organici legati alla carenza genitoriale in specie normalmente a cura bigenitoriale della prole (scimmie Titi, varie specie di roditori ecc.). (11,12).Risulta quindi inappropriato relegare la tematica al solo Diritto di famiglia dovendosi includere anche aspetti di altra natura, in primis di natura biomedica e psicologica.
Purtroppo non raramente nella vita dei figli una figura genitoriale viene smarrita e, nei Paesi industrializzati, principalmente per motivi legati al divorzio, alla nascita avvenuta al di fuori del matrimonio, a mutamenti avvenuti nella convivenza dei genitori. (13)
Per quanto riguarda la fattispecie del divorzio, evento sempre più comune in Europa
Tabella I
> tassi di divorzio per mille abitanti in Europa (Fonte Eurostat)
A questo proposito il caso esemplificativo dell’Italia è clamoroso (ma tutt’altro che isolato): a fronte di una legge quasi idilliaca che postula il diritto del minore ad avere rapporti significativi e continuativi con ambedue i genitori dopo la separazione dei medesimi (affido condiviso, applicato formalmente in oltre l’89% dei casi), l’affido paritetico riguarda il 2% dei figli e la ripartizione teorica dei tempi di coabitazione per tutti gli altri è invece circa dell’83% col genitore prevalente (o collocatario) e del 17% presso il genitore secondario, mentre la ripartizione pratica è ancora inferiore al punto che il Paese è stato più volte condannato dalla Corte Europea di Strasburgo per non avere assolutamente tutelato i rapporti tra prole e genitore separato e quasi un minore su tre perde i rapporti continuativi con uno dei genitori dopo la separazione materiale della coppia genitoriale. (14) La Svezia, invece, che vanta l’analoga percentuale di affido legalmente condiviso del 92%, vede il 30% dei minori figli di coppie separate trascorrere tempie equivalenti tra i due genitori.
All’interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000713/2013 dell’on. Roberta Angelilli,
la Commissione Europea ha ammesso di non essere a conoscenza di studi, migliori prassi o dati riguardanti la custodia condivisa dei figli o la bi-genitorialità e ha affermato che la definizione di affidamento condiviso appartiene al Diritto sostanziale di famiglia e, in quanto tale, non rientra nell’ambito di competenza dell’UE ma esclusivamente in quello degli Stati membri.
Ciò spiega, per la Commissione, le eventuali disparità tra i sistemi nazionali per quanto riguarda la definizione di affidamento condiviso e la sua effettiva attuazione. (15)
A questa interrogazione ne è poi seguita per mano dell’On. Sonia Alfano un’altra (rivoluzionaria in quanto tendente a sottrarre in parte il tema al mondo forense per rimettere al centro dell’agone il benessere dei minori valutato secondo criteri medico-scientifici) che testualmente dice:Risulta chiaro che tale tematica, ben lungi dall’essere considerata un localistico problema di diritto di famiglia come potrebbero esserlo invece il mantenimento o l’assegnazione della casa, debba essere invece affrontata con un più universale linguaggio scientifico che ogni sistema giudiziario potrà poi recepire in piena autonomia secondo le proprie modalità. Poiché, evidentemente, non può dirsi davvero unita e solidale un’Europa che non assicura le stesse cure a tutti i «suoi» figli, ed essendo ormai disponibile in letteratura scientifica un’ampia mole di materiale; può la Commissione precisare se intenda, in un’ottica di eguale diritto alla salute, eseguire o valutare ricerche volte a definire delle best practices che possano essere di guida agli Stati membri nell’ottica di una maggiore armonizzazione delle procedure? (16)LA SITUAZIONE EUROPEA
Per amor di sintesi condensiamo l’analisi in tre tabelle che dimostrano le enormi differenze dei vari Paesi europei in tema di ripartizione media dei rapporti di coabitazione e cura tra i due genitori, affido paritetico, affido materialmente condiviso o physical joint custody. Nel nostro studio intendiamo physical joint custody la forma di affido in cui il minore resta dal 30 fino al 50% del totale (tipico dell’affido alternato) col genitore B.
L’Italia è agli ultimi posti per quanto concerne i primi due parametri e in posizione intermedia, comunque lontana dai modelli positivi europei, per l’ultimo. Al fine di avvicinare il nostro Paese ai modelli europei l’Autore ha collaborato alla stesura dei ddl 1163 e del pdl 2507 depositati presso il Senato e presso la camera dei Deputati. Per approfondire il tema si rimanda alla ricerca integrale pubblicata a questo link
Tabella II
> Stima del tempo teoricamente previsto in media per il secondo genitore
Tabella III
> tutela del diritto dei minori alla bigenitorialità (co-parenting) di fronte al divorzio dei genitori nei differenti Paesi Europei secondo la stima della custodia paritetica
Tabella IV
>
DISCUSSIONE
I diritti dei bambini greci e italiani, per esempio, sono tutelati assai diversamente da quelli dei bambini francesi o svedesi, e questi ultimi assai diversamente da quelli dei romeni o degli slovacchi e questo sicuramente ha ripercussioni importanti e variegate sul loro stato di salute. Il contatto con almeno uno dei genitori a qualche anno dalla loro separazione, per fare un’ulteriore esempio, viene perso dal 14% dei minori svedesi e dal 30% di quelli italiani.
Giova ricordare che Robert Bauserman, nella sua celebre metanalisi del 2002 tendente a confrontare joint custody versus sole custody, pose pragmaticamente il cut off al 25% del tempo col genitore B, soglia sotto la quale egli ritenne si dovesse parlare solo di affido esclusivo indipendentemente dalla cornice giuridica formale. (17)
Importante far notare che anche solo il cut off al 25% porrebbe la quasi totalità dei paesi europei in un contesto di affido esclusivo malgrado la tanto sbandierata e reclamizzata istituzione dell’affido condiviso.
In realtà oggi si tende ad essere più selettivi ancora e la physical joint custody, l’affido materialmente condiviso detto anche shared custody, viene poi fatto partire, a seconda dei Paesi, dal livello del 30, del 33,3 o del 35% (fino al 50% del totale).
In generale dobbiamo comunque dire che il panorama generale è indiscutibilmente triste: sono centinaia di migliaia i minori europei che perdono rapporti continuativi con uno dei genitori dopo la separazione (molto più frequentemente il padre) e i sistemi giudiziari paiono incapaci di porre freno alla situazione. Questo comporterà gravi conseguenze nei prossimi anni sia biomediche che sociali.
Una ragione di ciò è che la tematica ovunque è sempre stata affrontata da un punto di vista esclusivamente giuridico e l’Unione europea riconosce una totale autonomia dei singoli membri nella gestione del Diritto di famiglia. Questo ha favorito dei localismi, talora avulsi dalle best practices dei Sistemi più evoluti.
Non è un caso che nella maggior parte degli Stati dell’argomento si occupino quasi esclusivamente i Ministeri della Giustizia e non quelli dell’Infanzia o della Salute.
Ad avviso dell’Autore le risultanze della ricerca dimostrano la necessità di cambiare finalmente il tipo di linguaggio e di iniziare ad affrontare la tematica da un punto di vista scientifico, cosa che consentirebbe un linguaggio unico e una riduzione delle discriminazioni e dei danni ai minori, ferma restando l’autonomia giuridica dei singoli Stati.
L’auspicio è che, magari a partire da una raccomandazione centrale, vi sia la spinta verso un’armonizzazione dei comportamenti rifacendosi a quelli dei Paesi più progrediti in questo settore.
Un’altra doverosa osservazione è che i costumi giudiziari europei, inoltre, tranne alcune eccezioni non appaiono congrui con le più moderne ricerche scientifiche (a fronte di un Sapere medico-biologico che si rinnova del 50-70% ogni 15 anni troviamo una Giurisprudenza immobile) che riconoscono come benefiche per i minori le relazioni quanto più possibile paritetiche con ambedue i genitori.
Nella sua importante revisione Linda Nielsen conclude con quattro affermazioni:
Innanzitutto che i bambini in affido materialmente condiviso (per lei dal 35 al 50% del tempo col ge-nitore B) stanno come e meglio di quelli collocati esclusivamente presso il domicilio materno.
Secondariamente che i genitori, sfatando un mito delle aule giudiziarie, non devono essere straordi-nariamente cooperativi, privi di conflittualità, o entusiasti della shared custody.
Terzo che, a distanza di tempo, i giovani adulti figli di queste famiglie in shared custody esprimevano la loro assoluta soddisfazione.
Quarto e ultimo punto la sottolineatura che la maggior parte dei Paesi industrializzati sta provvedendo a un mutamento delle leggi e assiste a un cambio dell’opinione pubblica nei confronti della shared custody. (18) Indiscutibili sono ormai risultati i benefici di un affido materialmente e non solo legalmente condiviso: volendo citare gli studi più autorevoli grossi vantaggi sono stati obiettivati dalla grande ricerca statale correlata al sondaggio nazionale svedese condotto nell’autunno 2009 da Sweden statistics per conto del Ministero degli affari sociali: il doppio domicilio
risultò, nell’indagine ministeriale di un Paese noto per la sua serietà e il suo welfare, la miglior sistemazione tra tutte quelle dei figli di coppie separate con particolare influenza sulla soddisfazione della propria vita da parte dei minori (19).
Un altro grande studio su 164,580 ragazzi svedesi di 12 e 15 anni ha evidenziato che i parametri migliori relativamente a disturbi psicosomatici, benessere fisico, psicologico e sociale, malattie mentali, insoddisfazione circa le relazioni coi propri genitori sono quelli di coloro che vivono in famiglie intatte ma i minori che spendono tempi sostanzialmente eguali presso i due genitori si confermano la miglior struttura familiare tra tutte quelle delle famiglie separate (20).L’articolo scientifico attualmente più importante al mondo proprio sui piani genitoriali nei bambini sotto i 4 anni consiste in una revisione metanalitica dei più autorevoli studi mondiali sul tema ed ha ricevuto l’endorsement di 110 scienziati internazionali. Esso, oltre a giustiziare implacabilmente sul piano metodologico ricerche precedenti di tenore contrario svolte dall’australiana Jenny Mac Intosh e dallo statunitense Tornello, conclude testualmente: “In generale i risultati degli studi rivisitati in questo documento sono favorevoli ai piani genitoriali che bilanciano il tempo dei piccoli bambini tra le due case nel modo più egualitario possibile. La ricerca sui pernottamenti presso i padri favorisce l’idea di permettere che i minori sotto i 4 anni siano curati alla notte da ognuno dei genitori piuttosto che spendere ogni notte nella stessa casa. (21)
Uno studio di grande spessore è inoltre stato pubblicato su Children & Society.
Esso è stato condotto da ricercatori indipendenti delle Università di Bethesda, della Groenlandia, di Stoccolma, di Yvaskula (Finlandia), di Copenaghen, di Akureyri (Islanda), di Goteborg. (22) Esso ha analizzato 184.496 minori (divisi in tre gruppi: undicenni, tredicenni, quindicenni) in 36 società occidentali (Italia inclusa) con non meno di 1536 studenti in ogni Paese per gruppo di età .
Senza dilungarci troppo i risultati furono:
1. I bambini che vivono con entrambi i genitori biologici riportano i più alti livelli di soddisfazione di vita rispetto ai bambini che vivono con un genitore single o con un genitore biologico ed uno acquisito.
2. I bambini che vivono in sistemazione di collocamento materialmente congiunto (in questo caso per gli Autori si tratta di suddivisione paritaria dei tempi) riportano comunque un più alto livello di soddisfazione di vita rispetto ad ogni altra sistemazione di famiglia separata, solo un quarto di rango (-0,26) più basso dei bambini nelle famiglie integre. Anche la comunicazione coi genitori, indagata in profondità in uno studio appendice, è risultata migliore per minori in affidamento materialmente condiviso e/o paritetico nel medesimo vastissimo campione. (23)
L’affido materialmente condiviso, poi, sembra essere un ottimo rimedio per ostacolare la perdita dei contatti tra prole e padre (solo l’1% dei minori in “alternating residence” contro il 21% dei figli che vivevano prevalentemente con la madre secondo una autorevole casistica francese). (24)
La distanza alla quale si trovano a vivere il genitore “less involved” e la prole appare inoltre condizionare nettamente non solo la riuscita dell’affido materialmente condiviso ma anche la perdita della figura genitoriale (con un punto quasi di non ritorno dell’81% per distanze tali per cui il genitore non sa quantificare il tempo necessario per compiere il viaggio mentre la perdita del genitore avviene nel 33% dei casi in cui vi siano oltre 4 ore di distanza tra i due domicili). Ricordiamo poi che è di recente pubblicazione un testo in cui la professoressa tedesca Hildegunde Suenderhauf ha selezionato gli unici 50 studi sulle modalità di affido nei minori pubblicati su riviste internazionali con meccanismo di revisione “peer in review” tra il 1977 e il 2014 e ne ha analizzato le conclusioni e che esse sono risultate inequivocabili. Solo due studi (4%) avevano infatti dato risultati negativi per l’affido materialmente condiviso, undici o non avevano mostrato influenze oppure avevano mostrato alcuni effetti negativi neutralizzati da altri positivi (gruppo di studi detto neutrale o misto). Trentasette (74%), però, avevano prodotto inequivocabili risultati positivi per l’affido materialmente condiviso.
E’ infine interessante notare la differenza tra i dati ufficiali forniti dai governi o dagli istituti nazionali di statistica e la realtà concreta che i cittadini europei si trovano ad affrontare. Ad esempio, confrontando il dato ufficiale svedese (92,1% di affido condiviso) con quello italiano (89,8% di affido condiviso-joint custody), parrebbe ad uno sguardo superficiale che le due nazioni si trovino situate al medesimo livello nell’ambito di difesa del diritto alla bigenitorialità. Invece in Svezia i tempi di frequentazione paritetica dei genitori riguardano il 30% dei minori mentre in Italia sono numericamente irrilevanti e, anzi, il genitore che tramite un formale atto legale li richiede pur abitando nel medesimo condominio può persino perdere il diritto all’affidamento condiviso perchè irrispettoso del diritto del minore alla stabilità materiale!! (Tribunale dei Minori di Trieste, estensori P. Sceusa et al., 20-2-2013).
L’opinione dell’Autore, inoltre, è che fattori sociologici e culturali abbiano poca influenza sull’applicazione della physical-equal joint custody e, tra i tanti possibili, il caso della Svizzera è illuminante: nel Paese elvetico esistono tre comunità linguistiche e culturali dominanti ma i figli della comunità francofona in caso di divorzio dei genitori sono trattati assai diversamente dai bambini francesi che vivono appena aldilà del confine e la stessa cosa si può dire per i minori della comunità germanofona rispetto ai bambini tedeschi e per i minori di lingua italiana rispetto a quelli che vivono appena aldilà del confine italiano.
La tendenza europea, comunque, è verso una lentissima evoluzione in senso positivo: vent’anni fa i Paesi con la possibilità dell’affido condiviso erano assai meno degli attuali, nessuno Stato dopo averlo introdotto lo ha poi eliminato, gli affidi a tempi paritetici o materialmente condivisi in Europa sono lentissimamente aumentati nella maggior parte delle Nazioni (più velocemente in quelle che hanno iniziato a incentivarlo diffusamente come il Belgio) ma molto più a seguito di accordi tra i genitori che per imposizione delle magistrature che paiono fare argine contro le nuove evidenze scientifiche, dimostrando spesso l’esistenza (cfr. nel nome dei Figli, booksprint edizioni, www.booksprintedizioni.it) di uno spesso muro (di cartesiana memoria) tra il mondo dei Saperi dell’Uomo (e quindi anche il Diritto) e quello dei Saperi della Natura (la Medicina, la Biologia, la Psicologia). (25)
BIBLIOGRAFIA
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25) Vittorio Vezzetti, Nel nome dei figli www.nelnomedeifigli.it, Booksprint edizioni, 2010
26) Suenderhauf Hildegunde: Wechselmodell: Psychologie- Recht- Praxis. Springer VS, 2013 Wiesbaden
Autore: Vittorio Vezzetti, medico pediatra ASL Varese, Resp. Scientifico piattaforma europea Colibrì, e Membro Comitato Scientifico dell’International Council on Shared Parenting