Il bimbo conteso di Cittadella tolto al papà
Roma annulla il decreto della Corte d’appello di Venezia e rinvia il caso a Brescia. Il ragazzino era a cena dal padre: è stato preso com’era e portato a Cittadella La sentenza La Cassazione rigetta le motivazioni Foto La madre va a riprendersi il bimbo PADOVA. Si riapre il caso del piccolo Leonardo, il bimbo di Cittadella conteso tra i genitori separati che nei mesi scorsi venne prelevato, in esecuzione di un provvedimento giudiziario, dalle forze dell’ordine a scuola per essere affidato a una casa famiglia.La prima sezione civile della Cassazione ha infatti accolto il ricorso presentato dalla mamma e annullato il decreto emesso dalla Corte d’appello di Venezia nell’agosto scorso. Ad occuparsi della vicenda del bambino di 10 anni sarà ora la Corte d’appello di Brescia. La Cassazione ha ritenuto fondate le critiche sulla validità scientifica della Pas, sindrome di alienazione parentale. Lo ha annunciato ieri l’avvocato Girolamo Coffari, legale della madre del bimbo. Nel suo ricorso, la mamma di Leonardo aveva richiamato le «perplessità» del mondo accademico internazionale sulla sindrome da “alienazione parentale”, che, invece, i giudici del merito, sulla base di una consulenza tecnica effettuata nel processo, avevano ritenuto centrale nel caso del piccolo, caratterizzato da un “forte conflitto di fedeltà nei confronti della madre” e un “ingiustificato rifiuto di rapporti con il padre”». Su questa base la Corte d’appello di Venezia aveva dunque disposto con un decreto che il bambino venisse affidato al padre e inserito in una casa famiglia a Padova, con la programmazione di incontri con entrambi i genitori sulla base di un programma psicoterapeutico. La Cassazione, con una sentenza depositata ieri (l’udienza però si era svolta il 6 marzo) ha annullato con rinvio (alla Corte d’appello di Brescia) il decreto dei giudici di secondo grado di Venezia. In base a quel provvedimento il 10 ottobre Leonardo era stato prelevato a forza da scuola dalle forze dell’ordine. Il piccolo si era ribellato con tutte le sue forze, il padre l’aveva portato di peso a bordo della vettura della questura con la collaborazione dei poliziotti e del personale dei servizi sociali, fra le urla e i pianti dei parenti della mamma. La stessa sera il video choc girato dalla zia materna era andato in onda su “Chi l’ha visto?”. Immagine dure, che avevano scatenato le polemiche indignando l’Italia. Poi la discussione era continuata ad oltranza in talk show televisivi e nelle aule di tribunale. Appena saputo della decisione, e in attesa del giudizio della Corte d’appello di Brescia che richiederà molto tempo, la madre e il suo legale si sono diretti a Padova per riprendersi il piccolo. E la vita del bambino è cambiata ancora una volta in poco più di un’ora. Alle 20.45 la madre del piccolo arriva da Cittadella e si dirige nella struttura che ospita suo figlio da cinque mesi. È accompagnata da altri parenti del bambino. Suonano al cancello della casa, il portocino si apre. La donna entra ma esce dopo pochi minuti, il bambino non c’è. «Andiamo a prenderlo a casa del padre» urla, «ma noi abbiamo vinto». Il clima è teso, volano gli insulti praticamente verso tutte le persone e le istituzioni coinvolte nella vicenda. Compresa la suora che gestisce la struttura, che attacca verbalmente mentre cerca di chiudere la porta. Nella confusione del momento l’anziana rischia anche di scivolare, poi riesce a chiudere il portoncino. La madre a quel punto cerca di aprire il cancello esterno della struttura, che nel frattempo si è richiuso. Passano altri minuti, per lei interminabili, tanto che pensa di scavalcare la rete del condominio a fianco pur di uscire. «Mio figlio è libero, abbiamo vinto» commenta, «questa notte dormirà nel suo letto. Si devono vergognare ma giustizia è stata fatta. Il tribunale di Roma ha dato una lezione a quello di Venezia. Se penso a quante sofferenze abbiamo passato spero che sia fatta giustizia, la Pas non esiste». Appena il cancello si riapre la madre e i familiari salgono in auto e si dirigono verso la casa del padre del bambino. Anche qui tutto si svolge in pochi minuti. A raccontare la scena è proprio lui, il padre del piccolo conteso. La voce è calma, ma il dolore è grande. Stava cenando con il figlio e i genitori di lui quando la moglie è arrivata a casa sua. «Ha suonato tutti i campanelli, è entrata e ha preso mio figlio. Io ho chiamato la polizia». Della sentenza non sa nulla. «Non l’ho vista, non so cosa ci sia scritto. Ma una cosa voglio dirla. Ho un bambino bellissimo e migliaia di padri sono nella mia situazione. Prima mio figlio era arrivato a non parlarmi, ora mi chiama papà. Tutto è cambiato negli ultimi cinque mesi, non appena è stato protetto dal plagio». Intorno alle 22 a casa del padre del piccolo arriva una volante della polizia. Per terra c’è ancora la cartella del bambino, sulla porta un biglietto d’auguri. La festa del papà è passata da poche ore, ma sembra già così lontana. di Matteo Marian e Valentina Voi Fonte:http://mattinopadova.gelocal.it/