Il decreto sulla filiazione smantella il condiviso
Il decreto legislativo sulla filiazione smantella l’affidamento condiviso, al di fuori delle deleghe ricevute. Di Marino Maglietta
Firenze, 20 dicembre 2013 – Il decreto legislativo sulla filiazione approvato dal CdM in data 13 dicembre 2013 è certamente apprezzabile per avere positivamente realizzato l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima, in accordo con il mandato ricevuto con la legge 219/2012.
Purtroppo, però, gli estensori del testo (commissione Bianca) sono andati ben oltre i margini di intervento ad essi delegati, riscrivendo anche, nel bene e nel male, norme che avrebbero dovuto solamente ricollocare e rinumerare all’interno del codice civile.
In particolare ciò è avvenuto, in modo pessimo, per l’affidamento condiviso dei figli di genitori separati. Sono da segnalare principalmente le seguenti manomissioni:
ASCOLTO DEL MINORE – Per questo, in effetti, la delega c’è, ma si limita a dare mandato per la “disciplina delle modalita’ di esercizio del diritto all’ascolto del minore che abbia adeguata capacita’ di discernimento, precisando che, ove l’ascolto sia previsto nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato”. Oltre a ciò, invece, si legge:” Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo.” Poiché la valutazione che l’ascolto sia “manifestamente superfluo” è del tutto soggettiva anche quando i genitori sono d’accordo, c’è da chiedersi come potrà fare il giudice a stabilire che il minore non ha nulla di rilevante da dire se prima non lo sente. Dunque regola contraddittoria e negazione di un diritto del minore
DIRITTI DEL MINORE – E’ stata soppressa l’affermazione iniziale della formulazione attuale “[Anche dopo la separazione dei genitori], il figlio minore ha il diritto di … “. Un inizio che caratterizzava la natura permanente dei diritti del figlio e al contempo i permanenti doveri dei genitori nei suoi confronti.
Infine, è stato introdotto l’obbligo di specificare dove, ovvero con chi, il figlio dovrà trascorrere prevalentemente il suo tempo: (comma 3 dell’art. 337 ter): “Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo … In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.” Con questa aggiunta, evidentemente fuori delega, si è violata sostanzialmente la riforma del 2006, contraddicendone il messaggio e scardinando, oltre alle regole della frequentazione, anche quelle del mantenimento, legate alla bilanciata presenza fisica dei genitori, entrambi affidatari. Si è inoltre vanificato lo sforzo per assicurare alla donna pariteticità nelle responsabilità genitoriali, e quindi pari opportunità, a favore della reintroduzione di discriminazioni tra i genitori ideali per accrescere la conflittualità (meccanismo vinci-perdi) e penalizzare la mediazione familiare, il cui successo si fonda sull’equilibrio tra le parti.
L’associazione Crescere Insieme protesta vigorosamente per questo intervento legislativo in materia delicatissima, attuato fuori dalle regole istituzionali, che spoglia delle sue prerogative il Parlamento, rappresentante diretto della volontà popolare, aumenta il potere discrezionale della magistratura, incrementa la conflittualità e riduce i diritti dei minori. Annuncia, pertanto, che si attiverà in ogni modo e ad ogni livello per ottenere il ripristino della situazione attuale.