Il Tribunale di Milano fissa i criteri di autorizzazione al trasferimento del minore
Finalmente è stata pubblicata una decisione che ha enucleato criteri di riferimento per la valutazione delle richieste di importanti trasferimenti in aree geografiche distanti ovvero in altre nazioni, spesso, se non sempre, avanzate dal genitore collocatario in via prevalente ed in costanza di un assetto di condivisa responsabilità genitoriale.Criteri naturalmente applicabili sia ai genitori coniugati che a quelli non coniugati, rispetto ai quali vige sempre, per il Giudicante, l’obbligo di adottare provvedimenti nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, di garantire il suo diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Questi i criteri protocollati: – analisi delle motivazioni del trasferimento del genitore prevalentemente collocatario che deve avere ‘sostanziali’ ragioni per trasferirsi altrove non determinate ( solamente) da più remunerative chance lavorative ovvero da un mero ‘cambio di ambiente sociale’ che offra ( all’adulto e solo all’adulto) una più generale sicurezza rispetto a quella offerta dall’ambiente in cui ha convissuto con la prole fino al momento della richiesta; – i tempi e le modalità di ( visita e) frequentazione tra il figlio ed genitore non collocatario che il genitore che intende trasferirsi ritiene di poter garantire e che devono presentare profili di realistica fattibilità, che non costringano il genitore a stravolgere le proprie abitudini di vita ovvero ad affrontare sforzi economici insostenibili ovvero del tutto sproporzionati ai propri redditi; – manifestata disponibilità del genitore non collocatario di trasferirsi per consentire di mantenere la propria funzione genitoriale; benché – di certo – il genitore non collocatario non possa essere costretto – a sua volta – a dislocarsi, una sua progettualità che tenga in vista tale opzione consente di ‘saggiare’ la sua capacità ( e volontà) di cambiare – ove razionale e possibile – i propri riferimenti lavorativi e sociali per mantenere saldo il rapporto con la prole; – accertare che la decisone del genitore collocatario di allontanarsi sensibilmente dal luogo di residenza non sia adottata al solo fine di rendere difficoltoso ( quando non di danneggiare) la relazione con l’altro genitore; – verificare come e con quali modalità sono salvaguardate e garantite le relazioni del minore con le altre figure chiave della propria esistenza, che, in rapporto di parentela con il genitore non collocatario, ne definiscano la sua identità familiare\parentale e ne preservino la riconoscibilità (e la necessaria memoria) delle proprie origini geografiche, sociali e culturali (cfr art. 337 ter I comma); – gli effetti del trasferimento sul minore (ricorrendo, ovviamente fin dove sia possibile, alle più aggiornate conoscenze psicologiche) comparati con il suo indispensabilebisogno di stabilità ambientale, emotiva, psicologica, di relazione, in particolare dovendo valutare se la richiesta di una importante dislocazione possa o meno essere definitiva ovvero costantemente soggetta (e quindi continuamente decisa) dalle esigenze del genitore collocatario. Tale criterio va letto, di necessità, con il primo criterio di analisi relativo alle motivazioni sottese dalla richiesta di autorizzazione al trasferimento; – analisi delle caratteristiche dell’ambiente sociale e familiare in cui il genitore collocatario intende trasferirsi rispetto a quelle attuali: dalla distanza alla diversità della lingua, dal sistema culturale all’organizzazione sociale, dal nuovo contesto familiare ( con particolare riguardo alla sua struttura e stabilità) in cui il minore verrà inserito, ai sistemi di più ampia relazione parentale che lo sottende, tenendo ben presente che le differenze di quotidianità, il nuovo modo ( ed i nuovi modelli sociali e culturali ) di vita possono ‘trasformare padre e figlio in stranieri che percepiscano l’altro come appartenente ad un altro mondo ’; – l’età dei figli. Minore è l’età e minore è la facilità (e più compromessa la probabilità) di mantenere un significativo legame con il genitore non collocatario soprattutto quando – come nel caso di specie – l’ età del bambino non (gli) abbia ancora consentito di sviluppare un legame significante con uno o con entrambi i genitori sì che l’analisi andrà focalizzata non solo sulle qualità della relazione già esistente, ma anche sulle potenzialità che – e sulla direzione verso la quale – tale relazione ha di svilupparsi; – la volontà del minore di volersi trasferire (ove l’età lo consenta e sul punto cfr. art. 337 octies c.c.): maggiore sarà l’età e con essa maggiore il grado di maturazione e di sviluppo psicofisico del minore, maggiore rilevanza avranno, nella decisione giudiziale, il suo parere ed i suoi desideri. Fonte:http://www.personaedanno.it/ |