La festa del papà, cancellata
E un giorno arrivò il professor Antonio Fini, un giorno diverso dagli altri, non uno dei tanti perché era il giorno della Festa del Papà e, con un colpo deciso di mannaia, il professore ha deciso in modo autonomo ed arbitrario che tale festa era da “cambiare” in “festa della famiglia”, il tutto, ovviamente, a “Tutela nei confronti di quei bimbi che non hanno più il papà e di altri che vivono in una famiglia dove i genitori sono separati o che affrontano situazioni familiari difficili”.
Questo avveniva il 19 marzo presso la scuola materna “Lalli” di Sarzana.
Ma attenzione! Una simile decisione non è stata autonoma, ma l’avallo di un’iniziativa proposta dalle sue insegnanti ( https://www.lanazione.it )
Nell’articolo, tuttavia, non viene menzionata alcuna direttiva ministeriale che supporti e in qualche modo giustifichi questa odiosa forma di censura.
E già, questa è censura, un modus operandi da periodo del ventennio, quando, analogamente, arbitrariamente, senza cioè nessun nesso con il contesto sociale e culturale circostante, le parole straniere furono bandite dal vocabolario della lingua italiana.
Ora, di fatto, appunto arbitrariamente, il professor Fini vuole eliminare una ricorrenza che si festeggia nei paesi cattolici fin dai tempi del medioevo, in cui i padri venivano celebrati il 19 di marzo, giorno di San Giuseppe, padre putativo di Gesù.
San Giuseppe in seguito, fu eletto a protettore dei padri di famiglia e patrono della Chiesa universale. Mica pizza e fichi.
Ma una domanda sorge spontanea.
Dal Medioevo fino ad ora, come mai non è venuto in mente a nessuna autorità, politica od ecclesiastica che sia, di eliminare la festa del papà? Che i figli che vivono situazioni difficili ci siano solo ora, nel 2021, mentre nel passato i figli non hanno mai avuto problemi, giocando spensieratamente e quotidianamente con padri sempre presenti?
Beh, prof. Fini, lei, oltre che interrompere una tradizione secolare, ha sparato sulla Croce Rossa, infatti lei ha arbitrariamente colpito una categoria “debole”. Forse la più debole.
Pensa che stia parlando dei padri separati?
No, assolutamente. Quelli hanno le spalle larghe, è da decenni che vengono sistematicamente vessati con una pressoché totale mancanza di tutela.
Sto parlando dei figli.
Un sistema collaudato che fa di tutto per “oscurare” la figura paterna ai figli di genitori separati, quasi sempre esclusi dall’educazione e relegati alla figura di babbomat biologici ambulanti, soggetti passivi di una PAS (che molti/troppi fanno ancora finta di non sapere cosa significhi) che li trasforma in bersagli anch’essi… non è già abbastanza?
Figli talvolta manipolati, spesso per ripicche, talaltra vittime di una legge per l’affidamento condiviso in realtà mai applicata se non, quasi sempre, verso la parte materna, orfani di un padre “fantasma” suo malgrado, costretto a rimanere relegato in un limbo, lontano da piccoli uomini e donne che stanno sbocciando e che tanto avrebbero bisogno del proprio padre.
Facciamo veramente fatica solo a capire come una che vanta anche un percorso professionale nel Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze e già Dirigente di un Istituto comprensivo, possa aver potuto anche solo concepire un’azione del genere.
Probabilmente non siamo ancora pronti alla sua “lungimirante” forma di protezione (che magari farà proseliti negli ambienti scolastico /accademici), che sarà sicuramente “l’uovo di Colombo” del futuro della psicologia infantile, ma ahimè, noi siamo dei “tradizionalisti”, poco inclini a cambiamenti epocali come quello attuato nell’istituto da lei diretto.
Noi padri separati siamo poco aperti a questa visione delle cose.
Siamo troppo impegnati a guardare i figli da lontano, a vederli ad orari e giorni prestabiliti da chi ci individua solo come il numero di registro di una pratica giudiziale, spesso siamo troppo occupati (se va bene) a far coincidere il pranzo con la cena perché svuotati di ogni risorsa.
Molti di noi aspettano il tradizionale disegno della festa del papà come l’ossigeno.
Quel disegno serve per rendere meno amara l’insonnia dovuta alla malinconia di un padre a cui, molte volte, viene negata legalmente la possibilità di stare col proprio figlio.
Quel disegno, spesso, viene bagnato dalle lacrime per la commozione nel pensare che, almeno il 19 marzo, un figlio pensi al proprio padre e sia felice di potergli regalare almeno quello.
Infine, professor Fini, nell’articolo si cita che lei avrebbe assicurato che la festa della mamma subirà la stessa sorte.
La seconda domenica di maggio è vicina.
Siamo tutti curiosi di vedere come andrà a finire.